Il Cardinale Stepinac, testimone del martirio della Chiesa dell’Est Europa

Si batté coraggiosamente prima contro il nazismo e poi contro il comunismo

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di Antonio Gaspari

ZAGABRIA, mercoledì, 11 febbraio 2009 (ZENIT.org).- A Zagabria, martedì 10 febbraio, nella Sessione di apertura dell’incontro dei Cardinali e Presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Europa centro-orientale, il Cardinale Josip Bozanic ha ricordato la figura del Cardinale Alojzije Stepinac, martirizzato sotto il regime di Tito.

Nell’illustrare il tema dell’incontro “la Missione della Chiesa nell’Europa Centro-Orientale a vent’anni dal crollo del sistema comunista (1989-2009)”, l’Arcivescovo di Zagabria ha spiegato di aver scelto come data il giorno della Festa del Beato Stepinac, per “ricordare insieme a lui tutte le vittime del regime comunista che ha seminato distruzione e morte nei nostri Paesi”.

Il porporato ha illustrato che la figura del Beato Alojzije Stepinac è unita in modo particolare a quella di tanti Pastori dei Paesi dell’Europa centro-orientale quali Jòzsef Mindszenty e Stefan Wyszynski, che sono stati perseguitati e hanno conosciuto il martirio.

A questo proposito il Papa Pio XII nella lettera apostolica ‘Dum maerenti animo’ (29 giugno 1956), rivolgendosi alla Chiesa perseguitata nell’Europa dell’Est, scrisse: “Ci rivolgiamo anzitutto a voi, diletti figli Nostri, cardinali di santa romana Chiesa, Giuseppe Mindszenty, Luigi Stepinac e Stefano Wyszynski, che noi stessi abbiamo rivestiti della dignità della romana porpora per gli insigni meriti da voi acquistati nel disimpegno dei doveri pastorali e nella difesa della libertà della Chiesa”.

“All’animo nostro addolorato – affermò il Pontefice Pio XII – è sempre presente quanto voi, ingiustamente allontanati dalle vostre sedi e dal vostro sacro ministero, avete sofferto e continuate a soffrire con fortezza per Gesù Cristo”.

La figura e la storia del beato Alojzije Stepinac sono leggendarie. Egli si batté coraggiosamente prima contro il nazismo e poi contro il comunismo. La sua opera di sacerdote e di Vescovo di Zagabria sono esemplari.

Fu nominato Vescovo coadiutore con diritto di successione alla sede arcivescovile di Zagabria il 30 maggio del 1934. Tutti i giornali europei lo indicarono come il più giovane presule al mondo.

Pur vivendo tempi difficilissimi, prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale Stepinac si batté cristianamente per difendere i diritti fondamentali di ogni uomo e di ogni popolo, e si prodigò per difendere e proteggere tutti i perseguitati.

Fu calunniato, minacciato e rischiò più volte la vita, ma né la barbarie nazista né la dittatura comunista riuscirono a piegarlo. Salvò ebrei, serbi ortodossi, oppositori del regime. La sua opera di carità era riconosciuta da tutti.

Nonostante le calunnie che lo indicavano come vicino al movimento nazionalista degli Ustascia, già nella metà degli anni Trenta il giovane Arcivescovo di Zagabria denunciò la dottrina razzista di Hitler e organizzò l’aiuto agli ebrei profughi provenienti dall’Austria, dalla Germania, dalla Cecoslovacchia e dalla Polonia.

Hitler in persona si infuriò così tanto che chiese la testa di Stepinac, ma la sua popolarità era tale che il capo degli Ustascia, Ante Pavelić, non osò toccarlo.

Innumerevoli furono gli attestati e i messaggi di ringraziamento da parte di associazioni ebraiche nei confronti del Cardinale Stepinac, per quanto ha fatto in loro difesa durante la persecuzione.

Inoltre, sono stati pubblicati diversi libri in cui si documenta in modo dettagliato l’opera di sostegno agli ebrei dell’Arcivescovo di Zagabria. Alcuni degli ebrei salvati hanno inviato la pratica allo Yad Vashem per conferire al Cardinale Stepinac, l’onore di Giusto tra le nazioni.

Nell’immediato dopoguerra i comunisti di Josip Broz Tito presero il potere anche in Croazia, e non riuscendo a piegare Stepinac al disegno di separare la Chiesa locale dalla Sede di Roma, lo arrestarono. Era il 18 settembre del 1946.

Contro Stepinac fu messo in piedi un processo farsa. Dei 35 testimoni proposti dalla difesa che volevano testimoniare in favore di Stepinac, il tribunale ne rifiutò 27, tra loro alcuni serbi, ebrei e antifascisti.

Il regime di Tito ed i suoi simpatizzanti non potevano perdonare a Stepinac e alla Chiesa cattolica di aver avuto il coraggio e l’onestà di denunciare pubblicamente l’oppressione della libertà e la virulenta persecuzione contro la religione. Già nel 1946 erano stati uccisi più di 600 sacerdoti e religiosi, mentre migliaia erano i perseguitati.

Tito aveva proposto a Stepinac di separare da Roma la Chiesa cattolica, ricevendone un secco rifiuto.

Il noto scultore croato Ivan Mestrovic ha registrato nelle sue memorie un colloquio avuto con Milovan Djilas, in cui l’ex numero due del partito comunista di Tito riconosce l’innocenza di Stepinac e giustifica il processo intentato contro di lui perché “occorreva dare una soddisfazione ai serbi che erano stati perseguitati dal regime degli ustascia e ai partigiani croati combattuti dello stesso regime. Non avendo potuto mettere le mani su Pavelic, si decise di prendere come capro espiatorio Stepinac, quale più grande autorità morale del popolo croato“.

Nello stesso tempo si voleva decapitare la Chiesa cattolica incarcerando la sua più autorevole guida.

Lo stesso procuratore Generale Jakov Blazevic, che condusse l’accusa contro Stepinac, nel corso di diverse interviste ha raccontato che il processo era stato confezionato a Belgrado nei minimi particolari, e che egli riferiva ogni sera direttamente a Tito.

Il processo si concluse l’11 ottobre 1946: l’Arcivescovo Stepinac fu condannato alla detenzione e ai lavori forzati per 16 anni. Fu imprigionato a Lepoglava fino al 6 dicembre 1951, poi venne trasferito e tenuto nel domicilio coatto nel suo paese nativo di Krasic.

La condanna di Stepinac suscitò proteste da tutto il mondo libero. Protestarono i Capi di stato, i dignitari ecclesiastici, gli scrittori ed altri personaggi di rilevo.

La protesta fu tanto forte che lo stesso Presidente del governo della Repubblica di Croazia, Vladimir Bakaric, nel marzo del 1947 fece una visita ufficiale a Stepinac a Lepoglava affinché chiedesse la grazia.

Stepinac, non solo rifiutò la richiesta di grazia ma chiese la revisione del processo davanti a un tribunale indipendente.

Quando il 29 novembre 1952, il Pontefice Pio XII comunicò al mondo che lo aveva nominato Cardinale, il regime comunista di Tito si infuriò e il 17 dicembre 1952 ruppe i rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Dopo questi avvenimenti la salute del Cardinale Stepinac cominciò inaspettatamente a indebolirsi. Nello stesso periodo due Vescovi croati vennero uccisi, e molti sollevarono il dubbio che si stesse avvelenando Stepinac.

L’Arcivescovo di Zagabria morì il 10 febbraio 1960 e nonostante l’evidente persecuzione, perdonò tutti coloro che gli avevano fatto del male e pregò per i suoi persecutori. Il 3 ottobre 1998 è stato beatificato da Giovanni Paolo II.

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ZENIT Staff

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