Gli istituti superiori cattolici, “apostolato della speranza”

Intervento dell’Arcivescovo Marchetto a Washington

Share this Entry

di Roberta Sciamplicotti

WASHINGTON, D.C., martedì, 3 febbraio 2009 (ZENIT.org).- In una società caratterizzata da una profonda “crisi di speranza”, le università e gli istituti superiori cattolici possono dare un importante contributo illuminando di speranza il compito educativo.

Lo ha affermato l’Arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo sabato all’Incontro Nazionale dell’Associazione degli Istituti Superiori e delle Università Cattoliche (ACCU) degli Stati Uniti, svoltosi a Washington fino a questo lunedì.

Il presule ha affrontato il tema “Catholic Higher Education: Hopeful Leadership and Unimagined Challenges” sottolineando che la speranza “è più di un semplice dono di Dio, è l’incontro con il Dio vivente nella persona di Gesù Cristo”.

“Il suo oggetto non è un’illusione, ma una realtà che Dio ha destinato per noi, la comunione con Se stesso”.

Secondo monsignor Marchetto, la società attuale sta attraversando una “crisi di speranza” che ha la sua fonte in una “versione secolare della speranza” stessa.

“Si potrebbe dire che è caratterizzata da una forma di individualismo post-moderno, rafforzato da una rivoluzione globale e assai rapida della mobilità e della comunicazione”, ha osservato.

Alla base di questo fenomeno c’è “l’esaltazione della ragione contro la fede”, che porta a far sì che “il divino sia sostituito dal sé”.

“Questo credo nel ‘progresso’, diciamo così, è un sostituto illuministico secolarizzato della credenza cristiana nella venuta del Regno di Dio, presentandoci un tipo di ‘escatologia darwiniana’”, ha constatato.

Nonostante tutto, il presule ritiene che si stia arrivando “in modo lento ma sicuro a riconoscere che non tutto è ‘progresso’”.

“Questa concezione di ‘progresso’ è presente nel nostro sistema educativo? – ha chiesto monsignor Marchetto –. Crediamo nella speranza, con segnali di speranza? I nostri giovani sono incoraggiati a sperare, a sperimentare la vera speranza?”.

“Il pericolo fondamentale – ha confessato – è che se non possiamo instillare autentica speranza la situazione può portare all’opposto, cioè alla disperazione”.

Di fronte a questo, “anziché appoggiarsi all’ottimismo secolare e scambiarlo per la realtà, dobbiamo riscoprire il vero significato e il vero valore della speranza religiosa”.

La difficile situazione attuale, del resto, “si basa anche su una crisi della fede e dell’accettazione della verità, senza cui non può esserci vera speranza”.

Secondo monsignor Marchetto, “è chiaro che Papa Benedetto considera l’università all’avanguardia nella restaurazione di un senso di speranza, non solo nei giovani, ma nel mondo in generale”.

Per quanti sono impegnati nell’istruzione e nella formazione dei giovani, ha affermato, “è un’autentica chiamata a promuovere un rapporto vero e intimo con Colui che è non solo la fonte di ogni speranza, ma la Speranza stessa, e visto che è amore è anche verità”.

Riferendosi soprattutto alla pastorale per gli studenti stranieri, il presule ha sottolineato come nel mondo contemporaneo si confonda spesso la nozione di assistenza e di ospitalità con quella di accoglienza. Quest’ultima, ha osservato, non si limita a fornire “qualcosa che è meramente funzionale”, ma “mostra una mente aperta e una prontezza pratica” ed è “un dono, una carisma che viene dallo Spirito Santo”.

Un aspetto importante dell’accoglienza, ha sottolineato monsignor Marchetto, è il dialogo.

“L’internazionalizzazione delle nostre università, favorita da una nuova globalizzazione, fornisce chiaramente alla Chiesa le nuove ‘opportunità’ di ascoltare e condividere le esperienze spirituali dei credenti di altre religioni”.

L’accoglienza che porta al dialogo con chi professa altri credo, “soprattutto quello islamico”, può essere “uno dei grandi segni e delle grandi opere della speranza”, sostiene.

Ciò che serve, ha osservato, è “una convinta volontà di un vero dialogo interreligioso”, che si manifesta in tre modi: “apprendimento reciproco, condivisione degli elementi distintivi della religione, crescita nel credo personale”.

Allo stesso modo, tre sono anche le sfide proposte dal presule al termine del suo discorso: “come preparare gli studenti che si recano all’estero a comprendere le diverse culture dell’accoglienza e dell’assistenza e a rispondere in modo adeguato”, “come introdurre, se non esiste già, nelle istituzioni la questione ‘immigrazione’ soprattutto riflettendo la dottrina sociale cattolica” e “come poter collegare i carismi dei fondatori e delle fondatrici alla missione e all’identità cattolica nel campo della migrazione, soprattutto nel caso degli studenti stranieri”.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione