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Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Sono lieto di ricevervi questa mattina, mentre realizzate il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, segno eloquente della vostra comunione con il Successore di Pietro. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza episcopale, monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico d’Anatolia, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Attraverso la vostra presenza, sono anche le comunità dai molteplici volti a incontrare la Chiesa di Roma, mostrando così la loro unità profonda. Una volta tornati nel vostro paese, salutate affettuosamente a nome mio i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli delle vostre diocesi. Dite loro che il Papa, nel ricordo sempre presente nel suo cuore del suo pellegrinaggio in Turchia, resta vicino a ognuno di essi, alle loro preoccupazioni e alle loro speranze.
La vostra visita, che si svolge provvidenzialmente in questo anno dedicato a san Paolo, assume un’importanza particolare per voi che siete i Pastori della Chiesa cattolica in Turchia, terra in cui è nato l’Apostolo delle Genti e in cui ha fondato numerose comunità. Come ho dichiarato nella Basilica che accoglie la sua tomba, ho voluto indire questo anno paolino «per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, “la fede la verità”, in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo» (Omelia, Basilica di San Paolo Fuori le Mura, 28 giugno 2008). So che nel vostro paese avete voluto dare un risalto particolare a questo anno giubilare e che molti pellegrini stanno visitando i luoghi cari alla tradizione cristiana. Auspico che l’accesso a questi luoghi significativi per la fede cristiana, come pure la celebrazione del culto, sia sempre più agevole per i pellegrini. Inoltre mi rallegro vivamente della dimensione ecumenica conferita all’anno paolino, mostrando così l’importanza di questa iniziativa per le altre Chiese e comunità cristiane. Possa questo anno permettere nuovi progressi lungo il cammino verso l’unità di tutti i cristiani!
L’esistenza delle vostre Chiese locali, nella loro diversità, si situa nel prolungamento di una ricca storia contraddistinta dalla crescita delle prime comunità cristiane. Tanti nomi, così cari ai discepoli di Cristo, restano legati alla vostra terra, a partire da san Giovanni, sant’Ignazio di Loyola, san Policarpo di Smirne e tanti altri illustri Padri della Chiesa, senza dimenticare il concilio di Efeso in cui la Vergine Maria fu proclamata «Théotokos». Più di recente, Papa Benedetto xv e il beato Giovanni xxiii hanno a loro volta segnato la vita della nazione e della Chiesa in Turchia. Desidero anche ricordare tutti i cristiani, sacerdoti e laici, che hanno testimoniato la carità di Cristo, a volte fino al dono supremo della loro vita, come Padre Andrea Santoro. Che questa storia prestigiosa sia per le vostre comunità, delle quali conosco il vigore della fede e l’abnegazione nelle prove, non solo il ricordo di un passato glorioso, ma anche un incoraggiamento a proseguire generosamente lungo la via tracciata, testimoniando fra i loro fratelli l’amore di Dio per ogni uomo.
Cari Fratelli, i Concili di Nicea e di Costantinopoli hanno dato al Credo la sua espressione definitiva. Che sia per voi e per i vostri fedeli un incitamento pressante ad approfondire la fede della Chiesa e a vivere, con sempre maggiore ardore, della speranza che ne scaturisce. Il popolo di Dio troverà in un’autentica comunione ecclesiale un sostegno efficace alla sua fede e alla sua speranza. Di fatto, «la Chiesa è una comunione organica, che si realizza nel coordinamento dei diversi carismi, ministeri e servizi, in ordine al conseguimento del fine comune che è la salvezza» (Pastores gregis, n. 44), e i vescovi sono i primi responsabili della realizzazione concreta di questa unità. La profonda comunione che deve regnare fra di essi, nella diversità dei riti, si esprime soprattutto attraverso una reale fraternità e una collaborazione reciproca che permettano loro di svolgere il proprio ministero in uno spirito collegiale e di rafforzare l’unità del Corpo di Cristo.
Questa unità trova una fonte vitale nella Parola di Dio, di cui il recente Sinodo dei Vescovi ha rimesso in luce l’importanza nella vita e nella missione della Chiesa. Vi invito dunque a formare i fedeli delle vostre diocesi, affinché la Sacra Scrittura non sia una Parola del passato, ma illumini la loro esistenza e permetta loro di accedere veramente a Dio. In questo contesto, mi è gradito ricordare che la meditazione della Parola di Dio da parte del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, è stato un momento importante di questa Assemblea sinodale.
Permettetemi anche di salutare i sacerdoti e i religiosi che collaborano con voi nell’annuncio del Vangelo. Provenendo in gran numero da altri paesi, il loro compito è spesso faticoso. Li incoraggio a essere sempre meglio inseriti nelle realtà delle vostre Chiese locali, al fine di poter dare a tutti i membri della comunità cattolica l’attenzione pastorale necessaria, senza dimenticare le persone più deboli e più isolate. L’esiguo numero di sacerdoti, spesso insufficiente per la vastità del lavoro, non può che spingervi a sviluppare una vigorosa pastorale delle vocazioni.
La pastorale dei giovani è una delle vostre maggiori preoccupazioni. È in effetti importante che possano acquisire una formazione cristiana che li aiuti a consolidare la loro fede e a viverla in un contesto spesso difficile. Nella stessa prospettiva, la formazione dei laici deve anche permettere loro di assumere con competenza ed efficacia le responsabilità affidate loro in seno alla Chiesa.
La comunità cristiana del vostro paese vive in una nazione retta da una Costituzione che afferma la laicità dello Stato, ma dove la maggior parte degli abitanti è musulmana. È dunque molto importante che cristiani e musulmani si possano impegnare insieme per l’uomo, per la vita, come pure per la pace e la giustizia. Inoltre, la distinzione fra la sfera civile e la sfera religiosa è certamente un valore che deve essere tutelato. Tuttavia, in questo ambito, spetta allo Stato assicurare in maniera effettiva ai cittadini e alle comunità religiose la libertà di culto e la libertà religiosa, rendendo inaccettabile qualsiasi violenza nei confronti dei credenti, qualunque sia la loro religione. In questo contesto, conosco il vostro desiderio e la vostra disponibilità a un dialogo sincero con le Autorità, al fine di trovare una soluzione ai diversi problemi che le vostre comunità devono affrontare, fra i quali il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e dei suoi beni. Un simile riconoscimento non può che avere conseguenze positive per tutti. È auspicabile che si possano stabilire contatti permanenti, ad esempio tramite una Commissione bilaterale, per esaminare questioni ancora irrisolte.
Cari Fratelli, al termine del nostro incontro, desidero ripetervi le parole di speranza rivolte alle Chiese di Efeso e di Smirne nel libro dell’Apocalisse: «Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti… Non temere ciò che stai per soffrire… Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita» (Ap, 2, 3.10). Che l’intercessione di san Paolo e della Théotokos vi permetta di vivere questa speranza che viene da Cristo Risorto che è vivo in mezzo a noi! Di tutto cuore vi imparto un’affettuosa Benedizione apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli delle vostre diocesi.
[Traduzione del testo originale in francese a cura de “L’Osservatore Romano”]