Il destino di Eluana segna la vita o la morte dell’Occidente

Il Cardinale Carlo Caffarra denuncia la deriva di un’umanità senza Dio

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BOLOGNA, domenica, 1° febbraio 2009 (ZENIT.org).- In occasione della 31a Giornata nazionale per la Vita, celebrata questa domenica, il Cardinale Carlo Caffarra ha spiegato il significato e le implicazioni del destino di Eluana Englaro, la giovane in stato vegetativo da 17 anni a cui si vorrebbe negare l’alimentazione e l’idratazione.

Nell’omelia svolta in Cattedrale, l’Arcivescovo di Bologna ha rilevato che “una giovane donna è diventata in questi mesi il ‘segno di contraddizione’ fra una cultura della morte ed una cultura della vita”.

“Il suo corpo martoriato – ha aggiunto il porporato – è divenuto la domanda drammatica rivolta ad ogni coscienza pensosa dei destini dell’uomo: a chi appartiene l’uomo? Chi può disporre della vita e della morte dell’uomo? Chi è il padrone dell’uomo?”.

Secondo il Cardinale Caffarra, “la vicenda spirituale dell’Occidente è giunta al capolinea: se la vita dell’uomo non appartiene all’uomo ma a Dio, nessuno ne può disporre, per nessun motivo”, ma “se la vita dell’uomo appartiene all’uomo, è coerente ipotizzare circostanze ricorrendo le quali, chiunque può disporre della propria vita o chiedere ad altri che si ponga termine alla medesima”.

“L’illusione di poter edificare una dimora umana ‘come se Dio non ci fosse’ – ha sottolineato il porporato – doveva prima o poi portarci a questo punto”. Ed ha aggiunto: “Nel corpo di questa donna, e nella sua sorte, è raffigurata l’icona della sorte dell’Occidente”.

Il Cardinale Caffarra ha invitato i fedeli a pregare affinché il Signore “doni sapienza ai nostri legislatori, così che sappiano per mezzo di norme giuste difendere il bene della persona, di ogni persona”.

Per la comunità umana e civile l’Arcivescovo di Bologna ha affermato che “la vicinanza di Dio all’uomo che la Chiesa ci dona, ancora una volta ci fa ripetere con sempre maggiore convinzione: ‘gloria di Dio è l’uomo vivente, ma vita dell’uomo è la visione di Dio’ [S. Ireneo, Adv. Hereses IV, 20,7; SC 100/2, 648]“.

Nella prima parte dell’omelia il porporato ha spiegato che “nella predicazione e nell’agire di Gesù l’uomo esperimenta la vicinanza di Dio” trovando la forza per sfuggire allo “spirito immondo”.

“Il cuore del dramma umano – ha sostenuto – è il non riconoscere Dio come nostro creatore”, così  “l’affermazione della propria autonomia nega la propria condizione di creature, degrada e deturpa la nostra regale dignità”.

Il porporato ha sottolineato che “la vera libertà  dell’uomo è capacità di fare il bene” e che il primo dono che la vicinanza di Dio fa all’uomo è quello della “conoscenza della verità – della verità circa se stessi, circa il bene ed il male”.

“Ciò che Gesù ci insegna – ha continuato il Cardinale Caffarra – è semplicemente la verità; e la verità non la si discute, la si venera: non ci si pone al di sopra ma al di sotto di essa”.

Il porporato si è quindi detto convinto che la libertà si perde se si perde la verità, per questo “la radice vera della perdita della libertà è il relativismo in cui viviamo”.

Il Cardinale Caffarra ha concluso precisando che “Gesù non ci insegna solo la verità circa il bene. Egli ci dona la forza di compierla; ci rinnova nell’intimo mediante il dono dello Spirito; scaccia lo ‘spirito immondo’ che ci tiene schiavo”.

           

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ZENIT Staff

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