TORINO, giovedì, 22 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, è intervenuto sul caso di Eluana Englaro dopo che la Presidente della regione Piemonte, Mercedes Bresso, si è detta disposta ad accogliere in una struttura pubblica la donna in coma vegetativo da 17 anni.
In una intervista al quotidiano “La Repubblica” (22 gennaio 2009), il porporato ha affermato: “i medici cattolici che si trovassero a lavorare nell'ospedale dove si intende interrompere l'alimentazione di una persona, dovrebbero obiettare e rifiutarsi di farlo".
"Un cattolico rispetta le leggi e rispetta la sua coscienza – ha aggiunto –. Per questo esiste la possibilità di fare obiezione quando l'applicazione di una legge contrasta con i propri convincimenti profondi".
“Questo – ha poi sottolineato – vale per il medico chiamato a praticare un aborto ma anche per chi fosse costretto a staccare il sondino di Eluana o per il farmacista che si rifiuta di vendere una certa pillola”, ha proseguito.
Precisando poi che l’obiezione di coscienza non è una questione che riguarda solo i cattolici, il Cardinale Poletto ha affermato che "la legge di Dio non può mai essere contro l'uomo e che “andare contro la legge di Dio significa andare contro l'uomo”.
“Dunque – ha spiegato –, se le due leggi entrano in contrasto è perché la legge dell'uomo non è una buona legge e si rivelerà tale dai suoi frutti".
A quella dell’Arcivescovo di Torino ha unito la propria voce anche l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi e da sempre in prima linea per il recupero di tossicodipendenti, handicappati, minori emarginati ed ex prostitute.
“Restiamo costernati e sgomenti per la disponibilità della Governatrice Bresso di voler far uccidere Eluana Englaro nella Regione Piemonte”, hanno detto in una nota, d’accordo con il Cardinale Poletto che “la sospensione dell’alimentazione e idratazione è vera eutanasia”.
“Lo Stato e le Regioni invece di sostenere economicamente gli ospedali per la morte farebbero bene ad aiutare le famiglie che assistono parenti in stato vegetativo o in gravi condizioni”, hanno quindi commentato.
“Un malsano e preoccupante accanimento si espande contro la vita di Eluana e dei tanti disabili gravi come lei, che vengono minacciati ed esposti alla morte proprio da chi, invece, dovrebbe difendere, proteggere e tutelare ogni cittadino specialmente quando diventa soggetto debole e bisognoso di cure”, ha denunciato l’Associazione.
Tuttavia, si osserva nella nota, “la grave disabilità di Eluana continua ad essere una componente umanizzante e attiva della nostra società. Eluana non chiede di morire ma di vivere come tutti coloro che nella sua simile condizione continuano ad essere amati e curati”.
L’Associazione ha poi detto di giudicare “inaccettabili” “le varie speculazioni a cui assistiamo forse per interessi e scopi che nulla hanno a che fare con la dignità della persona”.
“Coloro che pensano di sfruttare questo dramma per motivi politici, prove di forza o per mettersi al centro dell’attenzione, sappiano che gli italiani non sono insensibili né senza principi e sani valori”, hanno avvertito.
Infine, ha concluso l’Associazione, “se Eluana dovesse essere accolta per la morte in questa regione dove la nostra comunità opera da oltre trent’anni con decine di Case Famiglia e Famiglie aperte all’accoglienza di persone considerate in stato vegetativo, grideremo in modo non violento la nostra contrarietà e il diritto alla vita di Eluana, delle creature nelle sue condizioni e delle famiglie che lottano con loro”.