Arcivescovo Marchetto: il giovane rom, una “risorsa da potenziare”

Invita a “curare una nuova generazione di cristiani fra gli zingari”

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di Roberta Sciamplicotti

FREISING, lunedì, 1° settembre 2008 (ZENIT.org).- Il giovane zingaro è una risorsa “da potenziare con iniziative di sostegno e di promozione”, ha osservato l’Arcivescovo Agostino Marchetto questo lunedì a Freising (Germania) in occasione del VI Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari, che si svolgerà fino al 4 settembre.

Il presule, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha lamentato il fatto che nel parlare dei giovani zingari si ricorra facilmente “a semplici generalizzazioni” e ha indicato indicato “due regole d’oro” da usare nel corso del Congresso dedicato a loro: “saper ascoltarli” e il motto “Per loro, ma con loro”.

Gli ideali dei giovani zingari “non si differenziano molto da quelli della maggioranza dei loro coetanei gağé [non zingari, ndr]”, ha osservato.

“Alle autorità regionali e locali degli Stati membri del Consiglio d’Europa – ha continuato – essi domandano di incoraggiare lo sviluppo e la realizzazione di programmi-pilota, iniziative e progetti volti a migliorare la partecipazione dei giovani zingari nella vita pubblica”.

Essi, ha aggiunto, chiedono “di facilitare la creazione di Centri per la gioventù gitana dove poter progettare e prendere parte a diverse iniziative e attività”, e di favorire l’interazione tra zingari e non zingari e l’apprendimento interculturale.

Da ciò emerge “la volontà di vivere ben integrati nella società e inseriti in tutti i processi che riguardano la sua organizzazione e funzionalità, in cui svolgere ruoli decisionali e di responsabilità, di raggiungere un buon livello di educazione culturale e godere di un lavoro redditizio, di impegnarsi in attività politiche e di sostegno a favore della propria popolazione (etnia), di essere cittadini a tutti gli effetti, capaci di corresponsabilità e solidarietà attiva e critica nella costruzione di società interculturali”.

Il giovane zingaro, sottolinea il presule, è una risorsa “da potenziare con iniziative di sostegno e di promozione a livello internazionale, nazionale e regionale”.

Anche se la maggior parte degli zingari che vivono nei nostri Paesi sono cittadini a tutti gli effetti, “da varie valutazioni della loro situazione risulta che tuttora, oltre ad essere vittime di pregiudizi e stereotipi negativi, essi appartengono al gruppo sociale con meno opportunità” e “sono costretti a confrontarsi con i problemi della discriminazione e della disuguaglianza”.

Il processo di inclusione sociale che la Chiesa sostiene e promuove, ha proseguito l’Arcivescovo, si basa su alcune regole generali – accanto ai provvedimenti specifici adatti alla situazione di ogni luogo – come la responsabilizzazione, la garanzia dei diritti di piena partecipazione alle società d’accoglienza, la promozione dell’accesso alla nazionalità, l’opportunità di apprendere la lingua nazionale.

Da questo punto di vista, il presule ha posto l’accento soprattutto sull’istruzione, “processo che pone le fondamenta per la realizzazione del proprio potenziale personale” e “presupposto della partecipazione alla vita politica, sociale ed economica nei rispettivi Paesi, in posizione paritaria con gli altri”.

Allo stesso modo, ha ricordato che “il lavoro è la chiave della piena integrazione nella società”, sollecitando anche una maggiore attenzione alla situazione abitativa degli zingari, che spesso vivono “in zone rurali isolate o negli accampamenti collocati in periferie delle città con limitato o inesistente servizio di trasporto pubblico” e scarso accesso alle strutture sanitarie.

Nonostante i problemi, il presule ha riconosciuto che si possono segnalare “molti cambiamenti positivi” circa la partecipazione delle organizzazioni internazionali, degli Stati e di numerose ONG alla difesa dei diritti della popolazione zingara.

Quanto alla realtà ecclesiale, ha affermato che “emarginati, relegati ai margini dell’umanità, umiliati nella propria dignità, gli zingari hanno bisogno di una Chiesa viva, di una Chiesa-comunione, capace di formare e aiutare a superare le difficoltà che la grande politica non riesce a superare”.

Perché tra zingaro e operatore pastorale si crei un rapporto di fiducia non basta tuttavia “presentarsi con amore e con il desiderio di proclamare la Buona Novella”, essendo necessarie “dimostrazioni concrete di solidarietà, anche attraverso una condivisione di vita”.

Allo stesso modo, è necessario promuovere una pastorale della confermazione e dare rilievo alla comunità, così come “bisognerebbe riuscire a creare un maggior numero di centri, anche ecclesiali, con possibilità di svago, studio, preparazione professionale”.

Tra gli altri provvedimenti ritenuti di grande utilità, il presule suggerisce “la promozione di attività di intercambio culturale”, “la formazione di commissioni miste di autorità ecclesiali e statali”, il “poter offrire attività (volontariato, associazioni, gruppi sportivi, seminari, laboratori d’arte) e di prevenzione per ‘strappare’ i giovani all’inerzia, al disimpegno, alla droga, all’alcol, ecc.”, la formazione di leader per le comunità.

“Sarebbe utile chiedere alle organizzazioni umanitarie, alle Caritas, di stanziare, con successivo controllo, microcrediti per le famiglie e le comunità che dimostrano maggiori capacità di saperli utilizzare a favore della propria etnia”, ha aggiunto.

Ricordando il discorso Benedetto XVI all’Ippodromo di Randwick di Sydney in occasione della recente Giornata Mondiale della Gioventù, in cui ha invitato i giovani a rimuovere “l’indifferenza”, la “stanchezza spirituale” e il “cieco conformismo allo spirito di questo tempo”, l’Arcivescovo ha concluso il suo intervento affermando che queste parole sono “l’invito a curare una nuova generazione di cristiani fra gli zingari”.

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ZENIT Staff

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