Essere Cardinale, secondo l’Arcivescovo di Parigi

Intervista al nuovo porporato André Vingt-Trois

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Di Anita S. Bourdin

ROMA, mercoledì, 28 novembre 2007 (ZENIT.org).- Per il nuovo Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi dal 2005, essere stato designato dal Papa a far parte del Collegio cardinalizio significa poter vivere e sentire in prima persona l’universalità della Chiesa.

Il nuovo Cardinale, di 65 anni, è stato eletto Presidente della Conferenza episcopale di Francia, durante l’Assemblea generale che si è svolta a Lourdes il 5 novembre scorso.

Inoltre il Cardinale Vingt-Trois è Ordinario militare in Francia. E’ stato nominato Vescovo ausiliario di Parigi nel 1988 e Arcivescovo metropolita di Tours nel 1999.

Che significato ha per lei la chiamata del Papa ad essere cardinale?

Cardinale Vingt-Trois: La decisione del Santo Padre, di nominarmi Cardinale, mi ha toccato molto perché manifesta in modo concreto la fiducia che egli ripone in tutti coloro che chiama ad essere suoi stretti consiglieri. La accolgo come un invito ad un impegno più intenso e più incisivo nella testimonianza della fede e nel servizio alla Chiesa universale.

Lei è stato da poco eletto Presidente della Conferenza episcopale francese. Cosa implica questo nuovo incarico?

Cardinale Vingt-Trois: I Vescovi di Francia mi hanno eletto, insieme a due Vicepresidenti, per dare impulso alla Conferenza episcopale e in particolare alle assemblee plenarie. È un servizio pastorale molto stimolante: ci richiede di essere attenti, sia alla partecipazione di ciascuno dei Vescovi, sia ai punti sensibili della nostra vita sociale, ove i battezzati possono e devono rendere presente la testimonianza del Vangelo.

Uno dei temi che sono stati affrontati in questa ultima riunione dei Vescovi di Francia a Lourdes è quello del ministero sacerdotale e della formazione dei nuovi sacerdoti. Cosa ritiene più essenziale in questo ambito?

Cardinale Vingt-Trois: Da 26 anni a questa parte sono molte le iniziative che sono state intraprese. Alcune si sono radicate e rafforzate, altre si sono dovute interromere o correggere. A prescindere da una reale convergenza delle convinzioni dei Vescovi, questo periodo ha mostrato una certa diversità nell’applicazione pratica. Riteniamo che sia giunta l’ora di fare un bilancio di queste iniziative e di condividere le nostre riflessioni su questo punto. Mi rallegra il fatto che un gruppo di lavoro abbia iniziato questa riflessione.

Quali elementi sono necessari perché possa maturare e crescere la vocazione in un giovane che ascolta il sussurro soave di Cristo?

Cardinale Vingt-Trois: C’è bisogno di tempo, pazienza e di una chiamata. Il tempo e la pazienza per far radicare e approfondire la chiamata di Cristo e far nascere la risposta. La chiamata porta alla missione. Qual è l’orientamento missionario che può motivare i giovani a impegnare la propria vita?

Lei ha lavorato molto sulla questione della famiglia. Tutti i mercoledì, Benedetto XVI si rivolge alle giovani coppie sposate. Come è possibile sostenerle nel loro cammino, quando tante unioni benedette dal sacramento finiscono nella separazione?

Cardinale Vingt-Trois: Credere nella potenza dell’amore; nella potenza dell’amore di Dio per l’umanità, un amore indefettibile; nella potenza dell’amore degli sposi che si sono impegnati reciprocamente per la vita. Mostrare l’esempio di coppie sposate che danno testimonianza della stabilità di questo amore, del luogo privilegiato che è la famiglia e della loro gioia.

Essere Cardinale significa anche partecipare maggiormente alla dedizione di Pietro, nella carità, per la Chiesa universale. Qual è il significato, per lei, di questa nuova missione?

Cardinale Vingt-Trois: Essere maggiormente unito alla Chiesa sparsa nel mondo. Richiede uno sforzo di informazione, ma anche una grande attenzione del cuore.

Lei ha da poco scritto un libro dal titolo “Les signes que Dieu nous donne» (I segni che Dio ci dà, Parole et Silence). Una buona parte dell’opinione pubblica ritiene che Dio non ci dia segni…

Cardinale Vingt-Trois: I segni sono tali per chi ha occhi per vederli. Per gli altri sono eventi neutri o privi di significato. Per chi crede nell’amore di Dio, i segni abbondano.

[Traduzione di Francesco Peca]

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ZENIT Staff

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