Corso di formazione denuncia i rischi dell’ideologia femminista

MILANO, lunedì, 5 novembre 2007 (ZENIT.org).- Il 27 ottobre scorso a Milano, l’Associazione “Scienza&Vita”, in collaborazione con il Movimento per la Vita Ambrosiano, l’Associazione Famiglia e Scuola FAES e l’Associazione Nuove Onde, ha organizzato una giornata di formazione sul tema dell’identità di genere.

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Per l’occasione è stato presentato anche il Quaderno di “Scienza&Vita” sul tema “Identità e Genere” (http://www.scienzaevita.org/quaderni.php?titolo=2).

Al mattino hanno preso la parola Laura Boccenti (docente di Filosofia), Roberto Marchesini (psicologo e psicoterapeuta) e Chiara Mantovani (Presidente “Scienza&Vita” di Ferrara).

Le relazioni erano incentrate sul clima culturale e sulle implicazioni dell’ideologia dell’identità di genere, ma anche sul ruolo educativo e culturale che bisogna sviluppare per salvaguardare la natura umana nella sua interezza.

Laura Boccenti ha ripercorso la storia del movimento femminista a partire dal 1792, l’anno di pubblicazione del volume “Rivendicazione dei diritti della donna”, in cui Mary Wollstonecraft rivendica la parità di condizioni riguardo ai diritti civili e all’educazione tra uomini e donne e riconduce l’oppressione femminile a una cultura che giustifica l’inferiorità della donna ritenendola espressione del rapporto voluto da Dio tra i sessi.

La seconda ondata femminista si è diffusa nell’ambito del pensiero socialista. Nel 1884 Fredrich Engels pubblica un saggio su “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” in cui sostiene che la schiavitù della donna inizia con l’istituzione della famiglia monogamica fondata sulla proprietà privata e per questo propone che la rivoluzione socialista distrugga la famiglia patriarcale.

Secondo Engels le donne dovranno lavorare fuori casa, i lavori domestici dovranno essere collettivizzati, il divorzio dovrà essere semplificato, e bisognerà inoltre perseguire la liberazione sessuale e la distruzione della religione, perché tutela la famiglia.

Nella stessa logica la donna deve essere liberata dal peso della gravidanza grazie alle nuove bio-tecnologie, la riproduzione deve essere totalmente in mani femminili attraverso l’accesso facile a tutte le pratiche contraccettive e a tutte le tecniche riproduttive.

L’ideologia di genere, di tipo moderno sostiene la teoria secondo cui la differenza sessuale non si fonderebbe sulla natura (manifestata dalla corporeità maschile o femminile), ma sul tipo di educazione ricevuta.

In base a questa teoria gli uomini e le donne non nascono come tali, ma vengono creati da quelle etichette che perpetuano le ineguaglianze. Per evitare che questo accada l’ideologia di genere sostiene che è necessaria l’uguaglianza statistica di uomini e donne in ogni attività e funzione lavorativa e che il più grande ostacolo all’uguaglianza statistica è la maternità.

Roberto Marchesini ha spiegato che l’identità di ogni persona nasce sempre dentro una relazione, nessuno si dà un’identità da sé. E una delle relazioni più importanti è quella con i genitori.

L’identità sessuale è la consapevolezza di appartenere ad uno dei sue sessi: maschio o femmina. L’identità di genere è la consapevolezza del ruolo sociale che compete alle persone che appartengono al mio sesso.

Secondo Marchesini, “ogni persona ha un progetto meraviglioso da realizzare, e può farlo, se non intervengono degli ostacoli ad impedirglielo; l’identità di genere sboccia dall’identità sessuale, a meno che non intervenga qualcosa ad impedirlo”.

Per questo “Dio ci ha creati maschio e femmina, e nostro compito e nostra realizzazione consiste nel diventare uomini e donne”, ha aggiunto.

Chiara Mantovani ha precisato che “l’essere umano è caratterizzato da una corporeità che si esprime nella naturale differenziazione dei sessi. Solo partendo da un riconoscimento di questa fondamentale caratteristica si può fondare una società che salvaguardi l’intera dignità umana”.

Per la Presidente di “Scienza&Vita” di Ferrara “tutte le moderne ideologie di gender producono una pericolosa frattura con la realtà che, mentre non garantiscono alcuna vera libertà, rendono l’uomo incapace di comprendere il suo destino e il suo senso ultimo” così “la negazione di un bene intrinseco alla sessualità opera una frattura dolorosa nell’antropologia”.

La Mantovani ha poi osservato: “Che un oncologo dichiari che l’uomo in un prossimo futuro sarà obbligatoriamente bisessuale fa notizia, ma poca vera informazione e certamente cattiva educazione”.

“Il problema educativo, delle nuove come delle contemporanee generazioni, è al centro di ogni nodo bioetica – ha sottolineato – . Oggi a chi domanda spiegazioni di senso, viene risposto in modo tecnico, viene fornito un ‘manuale d’uso’ dell’umano”.

La Presidente di “Scienza&Vita” di Ferrara ha quindi constatato che “a chi chiede ragione delle difficoltà, dei turbamenti e delle sofferenze della propria condizione umana non si risponde più con la vicinanza umana, solidale e rispettosa, né con la saggezza che ha forgiato la civiltà occidentale, men che meno con l’annuncio di un Amore salvifico: si suggeriscono tecniche che, apparentemente, sciolgono i problemi negandone l’esistenza”.

In questo modo si nasconde la testa sotto le sabbie mobili del “tutto è relativo”, “tutto è fattibile o lo sarà a breve”, “tutto è negoziabile”, ma “Scienza&Vita – ha sottolineato la Mantovani – non vuole sottrarsi alla fatica dell’etica: conoscere ciò che è giusto, che è adeguato, che è a misura della dignità dell’essere umano”.

“Per questo – ha concluso – occorre dotarsi di ragione, speranza e fiducia nella capacità dell’uomo di conoscere il vero, la passione per la bellezza del reale”.

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ZENIT Staff

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