Arcivescovo Comastri: la povertà vocazionale è un problema sociale

In occasione della presentazione del Dizionario Biblico della Vocazione

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 6 novembre 2007 (ZENIT.org).- La povertà vocazionale nei giovani è un problema che colpisce tutta la società e non solo il mondo clericale, ha affermato il 30 ottobre scorso monsignor Angelo Comastri, Arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana.

Così ha detto il futuro Cardinale in occasione della presentazione presso la sede della “Radio Vaticana” del Dizionario Biblico della Vocazione, curato dal Centro Internazionale Vocazionale Rogate, che si compone di 160 Voci scritte da 70 biblisti (tra cui 8 donne) e costituisce un utile sussidio biblico-teologico in grado di fornire una visione unitaria e integrata dell’azione pastorale per le vocazioni.

Nel suo discorso l’Arcivescovo Comastri ha rivelato di aver studiato molto da vicino il fenomeno dei giovani che tiravano i sassi dai cavalcavia in Italia, fino a pochi anni fa, leggendo anche gli atti processuali.

A questo proposito ha detto che “la povertà vocazionale non è un problema che riguarda soltanto noi, non è un problema clericale. E’ un problema che sta prima, perché è in crisi la vocazione alla vita. E’ un problema di tutta la società perché giovani così sono un dramma, un pericolo, una mina per tutti”.

“Senza vocazione non si può vivere. Perché la vita decade, non ha più senso, non ha più valore. Quando si è vuoti di Dio non c’è niente che ti riempie”, ha continuato.

Successivamente, l’Arcivescovo ha ricordato un suo incontro avvenuto nel 2001, a Loreto, quando al termine di una processione in piazza, scendendo dal sagrato per andare incontro agli ammalati, rimase colpito nel vedere una culla.

Subito si accorse che lì dentro vi era una giovane donna affetta da osteogenesi imperfetta, di nome Maria Respigo, scomparsa in seguito all’età di 39 anni e che è stata ospite presso l’Istituto don Gnocchi a Pavia.

La storia della sua vita è stata una storia di abbandoni: abbandonata dal padre appena si accorse della sua deformità, rifiutata dai fratelli e dalle sorelle, ha perso la madre a soli tre anni.

Eppure, ha raccontato in quella occasione al presule, “a un certo punto ho capito che non sono stata abbandonata da Dio e che anch’io ho una vocazione”.

Sotto il cuscino conservava trentatrè fogli con sopra scritto: “Maria Respigo, felice di vivere”.

Il presule ha quindi citato a memoria alcuni passaggi di quel diario in cui la Respigo scriveva: “Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non possono tenerla stretta in mano, perché la salute è un dono e se non lo ridoneranno ad altri esso marcirà nelle loro mani”.

“Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano che le ore trascorse nella noia mancano a qualcuno e se non le regaleranno a qualcuno, quelle ore non li renderanno felici ma marciranno nelle loro mani”, ha continuato.

“Io esisto per gridare a tutti coloro che la notte vanno da una discoteca all’altra, che quelle notti mancano a qualcuno ed esse non li renderanno felici finché non le regaleranno a coloro a cui appartengono”, ha aggiunto.

“Padre, ma non è bella la mia vocazione?”, gli chiese poi la donna. Quando morì venne deposta in una culletta del presepio.

“Felice di vivere, perché aveva una vocazione”, ha concluso l’Arcivescovo.

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ZENIT Staff

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