E’ tornato al Padre don Benzi, il “prete con la tonaca lisa”

L’ “infaticabile apostolo della carità” stroncato da un attacco cardiaco

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ROMA, venerdì, 2 novembre 2007 (ZENIT.org).- Don Oreste Benzi, Presidente e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, è morto alle due di notte di questo venerdì nella sua abitazione a Rimini in seguito ad un attacco cardiaco.

Lo ha reso noto la segreteria generale della sua comunità. Aveva 82 anni. La camera ardente è stata allestita nella parrocchia La Resurrezione, in via della Gazzella. Il funerale si svolgerà lunedì 5 novembre alle 10:30 nel Duomo di Rimini.

Unanimi le reazioni, una volta appresa la notizia: è morto “un santo al servizio dei poveri”, che si prodigò per i barboni, le prostitute, i drogati, i malati di AIDS|, i carcerati, i portatori di deficit psichico, gli sfrattati senza casa, i bambini e le bambine ancora non nati.

Chiunque abbia avuto modo di incontrare questo sacerdote sempre in movimento, coraggioso, schietto, innamorato di Cristo, un campione di testimonianza cristiana umile e vera, ha avuto l’impressione di trovarsi vicino ad un santo.

In un libro che racconta la sua esperienza, don Oreste si descrive come “il prete con la tonaca lisa”, tanto impegnato ad accogliere, servire, spendere la sua vita per gli altri, da non avere il tempo di curarsi di sé. Spesso spettinato, con il colletto dell’abito talare sempre troppo largo, la rasatura non sempre curata, ma con un cuore e un dinamismo straordinario.

Nel corso degli anni don Benzi ha aperto 200 case famiglia, 6 Case di preghiera, 7 Case di fraternità, 15 Cooperative sociali, 6 Centri diurni per persone con gravi handicap. 32 Comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodiependenti, una “Capanna di Betlemme” per i barboni, salvato migliaia di persone, sole, disperate, schiave di droghe e racket della prostituzione.

Per tutti ha cercato di ricreare il clima di famiglie vere per chi una famiglia non l’aveva mai avuta o l’aveva persa.

La Comunità Papa Giovanni XXIII è presente con progetti e opere di carità in Albania, Australia, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Croazia, India, Italia, Kenya, Romania, Russia, Tanzania, Venezuela e Zambia.

Meno note, ma molto efficaci, sono state le sue battaglie per la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.

Sul caso Welby e l’eutanasia ha raccontato una volta: “Ho mandato un messaggio a Piergiorgio in cui gli ho detto: vedrai quanto è bella la vita. Chiunque soffre dà la possibilità all’uomo di ritrovare se stesso, di non ignorare l’altro, di ricomporre un’unità profonda. Non è la malattia che fa star male ma è l’abbandono che viene fatto della persona malata che lo fa soffrire”.

Sulla difesa dei non nati don Oreste è stato uno dei più fieri oppositori dell’aborto. Da almeno un decennio il servizio “Maternità Difficile” dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII promuove in diverse città d’Italia un momento di preghiera con la recita del Rosario in favore della vita nascente davanti agli ospedali in cui si praticano gli aborti.

In una conferenza svoltasi a Bologna, il 4 settembre, don Oreste Benzi aveva proposto di destinare a progetti pro-life parte dei fondi utilizzati per le interruzioni di gravidanza.

Più volte ha levato la propria voce per denunciare la legge 194 che “autorizza e finanzia ogni giorno la soppressione di quasi 400 bambini innocenti”. “Non ci mettiamo contro le donne – disse una volta – ma al loro fianco, per difendere il diritto a non abortire”.

Nel momento del lutto, la Comunità Papa Giovanni ha pubblicato sul proprio sito web il commento al brano biblico di Giobbe (19,1.23-27) scritto da don Benzi per venerdì 2 novembre, Commemorazione di tutti i fedeli defunti.

In questa sua riflessione il sacerdote diceva: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia”.

“Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio”, aggiungeva poi.

“Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l’uomo immortale, per l’immortalità, secondo la sua natura l’ha creato”, sottolineava.

“Dentro di noi, quindi, c’è già l’immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio – continuava don Benzi –. La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura”.

Don Oreste Benzi è nato a San Clemente il 7 settembre 1925. Settimo di nove figli, all’età di dodici anni entra in Seminario a Rimini e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Nominato cappellano della parrocchia San Nicolò a Rimini, nell’ottobre 1950 viene chiamato in seminario quale insegnante e nominato vice assistente della Gioventù Cattolica di Rimini.

Per coinvolgere più giovani possibili comincia a realizzare attività per favorire un “incontro simpatico con Cristo”. In questo progetto rientra anche la costruzione di una casa alpina ad Alba di Canazei (TN) per soggiorni di adolescenti, realizzata dal 1958 al 1961 grazie anche ad una ricerca di fondi condotta personalmente porta a porta negli Stati Uniti d’America.

Dal 1953 al 1969 è direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani nella fascia di età dai 12 ai 17 anni; insegnante di religione alla scuola Agraria San Giovanni Bosco e poi nei licei Giulio Cesare e Serpieri di Rimini e Volta di Riccione, riesce a sperimentare innovazioni sul piano educativo.

Dall’incontro con i giovani portatori di deficit psichico, grazie anche alla disponibilità a tempo pieno di alcuni giovani, don Benzi guida l’apertura della prima Casa famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XXIII a Coriano (RN) il 3 luglio 1973.

Don Oreste si pone a fianco dei “senza casa” riminesi, inizia battaglie per l’inserimento lavorativo dei disabili, per dare ai bambini in difficoltà una famiglia invece dell’istituto, per riconoscere dignità agli zingari.

Con il passare degli anni si affrontano nuove emergenze: tossicodipendenti (sono circa 450 i ragazzi in programma terapeutico in Italia e all’estero), barboni (la Capanna di Betlemme avviata nel 1987 a San Martino Montelabbate è la prima struttura di accoglienza a bassa soglia), Paesi in via di sviluppo (l’Associazione è al momento presente con case famiglia e progetti di sviluppo in 17 Paesi stranieri), la solitudine e l’abbandono dei giovani (iniziano le serate in discoteca per parlare di Dio).

Dal 1991 don Benzi si avvicina “sulla strada” ad una delle grandi povertà dei nostri tempi, impegnandosi in prima persona per liberare le “nuove schiave del sesso” e denunciare il silenzio delle istituzioni.

Sono numerosissimi gli incontri con i principali esponenti dei Governi italiani, con parlamentari e rappresentanti delle istituzioni italiane e straniere. Nella mente di tutti sono ancora impressi i commoventi colloqui con Papa Giovanni Paolo II insieme ad ex prostitute liberate dall’Associazione.

Il 24 ottobre 1998, riceve dalle mani del Cardinal J.F.Stafford il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici che riconosce la Comunità Papa Giovanni XXIII come “Associazione internazionale privata di fedeli laici di diritto pontificio”.

Autore di numerosi libri di grande successo editoriale come “Con questa tonaca lisa”, “Scatechismo”, “Prostitute”, “Trasgredite”, “Ho scoperto perché Dio sta zitto” ed il recente “Gesù è una cosa seria”, tutti pubblicati da Mondatori.

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ZENIT Staff

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