Discorso di Benedetto XVI per il Concerto dell’Orchestra Sinfonica e del Coro della Radio della Baviera

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 28 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questo sabato al termine del Concerto offerto in suo onore nell’Aula Paolo VI dall’Orchestra Sinfonica e dal Coro della Radio della Baviera.

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Signor Cardinale,
onorevole Signor Ministro Presidente,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustre Signor Professore Gruber,
Signore e Signori!

Dopo questo toccante evento musicale desidero esprimere la mia profonda gratitudine a quanti hanno contribuito alla sua realizzazione. In primo luogo, naturalmente, ringrazio l’Orchestra sinfonica e il Coro della Radio Bavarese insieme con gli eccellenti solisti e il loro esperto Direttore Mariss Jansons. L’interpretazione sensibile e coinvolgente della IX sinfonia di Beethoven – rinnovata prova del loro eccezionale talento – riecheggerà ancora per molto tempo nel mio intimo e mi resterà nella memoria come un regalo particolare. Ringrazio inoltre il Cardinale Friedrich Wetter e il Professore Thomas Gruber per le gentili parole con cui hanno, per così dire, “consegnato” questo regalo.

La IX sinfonia, questo capolavoro imponente, che – come Lei, caro Cardinale, ha detto – appartiene al patrimonio universale dell’umanità, suscita sempre di nuovo la mia meraviglia: dopo anni di auto-isolamento e di vita ritirata, in cui Beethoven aveva da combattere con difficoltà interne ed esterne che gli procuravano depressione e profonda amarezza e minacciavano di soffocare la sua creatività artistica, il compositore ormai totalmente sordo, nell’anno 1824, sorprende il pubblico con una composizione che rompe la forma tradizionale della sinfonia e, nella cooperazione di orchestra, coro e solisti, si eleva ad uno straordinario finale di ottimismo e di gioia. Che cosa era accaduto?

Per ascoltatori attenti, la musica stessa lascia intuire qualcosa di ciò che sta alla base di questa esplosione inaspettata di giubilo. Il travolgente sentimento di gioia trasformato qui in musica non è qualcosa di leggero e di superficiale: è un sentimento conquistato con fatica, superando il vuoto interno di chi dalla sordità era stato spinto nell’isolamento – le quinte vuote all’inizio del primo movimento e l’irrompere ripetuto di un’atmosfera cupa ne sono l’espressione.

La solitudine silenziosa, però, aveva insegnato a Beethoven un modo nuovo di ascolto che si spingeva ben oltre la semplice capacità di sperimentare nell’immaginazione il suono delle note che si leggono o si scrivono. Mi si affaccia alla mente, in questo contesto, un’espressione misteriosa del profeta Isaia che, parlando di una vittoria della verità e del diritto, diceva: “Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro [cioè parole solamente scritte]; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno” (cfr 29, 18-24). Si accenna così ad una percettività che riceve in dono chi da Dio ottiene la grazia di una liberazione esterna ed interna.

Il Coro e l’Orchestra della Radio Bavarese, quando nel 1989 in occasione della “caduta del muro”, eseguendo sotto la guida di Leonard Bernstein la sinfonia appena ascoltata, cambiarono il testo della “Ode alla gioia” in “Libertà, bella scintilla di Dio”, espressero quindi più del semplice sentimento del momento storico: la vera gioia è radicata in quella libertà che solo Dio può donare. Egli – a volte proprio attraverso periodi di vuoto e di isolamento interni – vuole renderci attenti e capaci di “sentire” la sua presenza silenziosa non solo “sopra la volta stellata”, ma anche nell’intimo del nostro animo. È lì che arde la scintilla dell’amore divino che può liberarci a ciò che siamo veramente.

Con un “Vergelt’s Gott” di cuore imparto a tutti la mia Benedizione.

[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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