Di Mirko Testa
LINZ, venerdì, 26 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Ci fu un contadino, padre di famiglia, di nome Franz Jägerstätter che si oppose al regime nazista e andò incontro alla morte a soli 36 anni pur di non tradire il suo credo religioso.
Questo venerdì, nel giorno in cui viene ricordata la liberazione dell’Austria dal nazismo, nella Cattedrale dell’Immacolata di Linz, il Cardinale José Saraiva Martins, C.F.M., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, su mandato di Benedetto XVI, lo ha elevato alla gloria degli altari.
Franz Jägerstätter – come riportato nel sito della diocesi di Linz – nacque nel 1907 in un paesino a St. Radegund, nell’Alta Austria – la stessa terra che diede i natali anche ad Adolf Hitler –, ove trascorse l’infanzia e nel 1936 sposò Franziska Schwaninger. Dalla loro unione nacquero tre figlie.
Franz e Franziska pregavano insieme, ricevevano quotidianamente la Comunione, formando la propria coscienza sulla lettura assidua delle Sacre Scritture. Lavorò come contadino, poi in una miniera di ferro in Stiria, e in seguito come sagrestano a St. Radegund.
Fu membro del Terzo Ordine di San Francesco d’Assisi, ma soprattutto un profeta lungimirante nel riconoscere la barbarie del nazionalsocialismo che voleva strappare Dio dal cuore degli uomini e alimentava il razzismo, l’ideologia della guerra e la deificazione dello Stato.
Fin dall’inizio, infatti, negò ogni collaborazione o sostegno ai nazionalsocialisti, che riuscirono ad annettere l’Austria alla Germania nel 1938.
Chiamato alle armi nel 1943, in pieno conflitto mondiale, dichiarò che come cristiano non poteva servire l’ideologia hitleriana e combattere una guerra ingiusta per portare alla vittoria un regime senza Dio e permettergli di sottomettere sempre più popoli.
A nulla valsero i tentativi di coloro che cercarono di convincerlo ad arruolarsi per non rischiare la vita.
In una intervista a “Radio Vaticana”, il postulatore della Causa di Beatificazione, l’avv. Andrea Ambrosi, ha detto che il suo parroco, Josef Karobath, usciva dai colloqui con lui “ammutolito” nel sentire le citazioni delle Sacre Scritture che faceva per motivare questa sua posizione.
Dopo un nuovo richiamo Franz Jägerstätter si presentò l‘1 marzo 1943 alla sua compagnia ad Enns, ma si dichiarò subito renitente alla leva e contrario ad imbracciare un’arma per far del male a qualcuno.
Successivamente, venne portato nel carcere della Wehrmacht di Linz, nell‘ex convento delle Orsoline. Due mesi di prigionia a Linz, con angherie e insulti, lo fecero precipitare in una profonda crisi e tensione spirituale, in cui corse il rischio di perdere la propria fede. La felicità provata accanto a Franziska rappresentò, però, per Franz un costante segno della presenza di Dio.
Infine, il 9 agosto 1943 Franz Jägerstätter venne condotto a Brandeburgo sull‘Havel e lì decapitato.
Quel giorno indirizzò alla sua famiglia rimasta a casa la sua ultima lettera, scritta poche ore prima dell’esecuzione, che la vedova, ancora vivente, conserva come un prezioso testamento.
“Carissima sposa e madre – scrisse –, vi ringrazio ancora di cuore per tutto ciò che avete fatto per me nella mia vita, per l’amore che mi avete donato e per i sacrifici che avete sostenuto per me […] non mi è stato possibile risparmiarvi le sofferenze […] salutate da parte mia le mie care bambine, di tutto cuore. Pregherò il buon Dio, appena potrò arrivare in cielo, di riservare un posticino per tutti voi”.
Nel 1997 è stato ufficialmente aperto il processo per la beatificazione di Franz Jägerstätter, chiuso presso la diocesi il 21 giugno 2001. L‘1 giugno 2007 il Vaticano ha confermato ufficialmente il suo martirio.
Nell’intervista alla “Radio Vaticana”, il postulatore della Causa di Beatificazione ha affermato che Jägerstätter “è stato capace di sacrificare sull’altare dell’amore a Dio i suoi tenerissimi affetti terreni. La sua più grande aspirazione era quella di testimoniare la sua esclusiva appartenenza a Dio, essendo capace per questa sua indefettibile fedeltà di dare la propria vita”.
In un articolo apparso, invece, su “L’Osservatore Romano” (26 ottobre 2007), il postulatore ha raccontato che tra i 21 testimoni totali della Causa alcuni erano presenti agli ultimi giorni di vita del Servo di Dio, che anche in carcere continuava a pregare e meditare.
In particolare, il sign. Gregor Breit, che condivise con lui la dura esperienza detentiva nel carcere militare di Linz, ha testimoniato come Jägerstätter “abbia sopportato con infinita pazienza la dura detenzione carceraria, evidentemente mosso da quella fortissima spinta religiosa che gli faceva superare il dolore di dover lasciare gli affetti più cari”.
Nel suo testamento vergato a Berlino nel luglio del 1943 si legge: “Scrivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà”.