Cardinal Ruini: le antiche vie di pellegrinaggio, contributo all'interculturalità

Prima giornata del XV Convegno Nazionale Teologico Pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi

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Di Mirko Testa

ROMA, martedì, 13 febbraio 2007 (ZENIT.org).- La rivalorizzazione delle antiche vie di pellegrinaggio d’Europa può contribuire ad alimentare il rispetto reciproco e lo scambio culturale oltre che l’appofondimento dell’anima cristiana del Vecchio Continente, ha affermato il Cardinale Vicario Camillo Ruini.

Così ha detto il porporato nella prolusione da lui svolta questo lunedì ad inaugurazione dei lavori del XV Convegno Nazionale Teologico-Pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi (O.R.P.) in corso a Roma fino al 14 febbraio.

Il Convegno ha come titolo “Cammini d’Europa. Romei, Palmieri e Giacobei” ed è ispirato a un testo della Vita Nova di Dante in cui si descrivono le tre principali mete di pellegrinaggio nel Medioevo: Roma (per venerare la tomba degli apostoli Pietro e Paolo e visitare il centro della cristianità), Gerusalemme (per inginocchiarsi davanti al Santo Sepolcro e conoscere i luoghi recanti impressa la memoria di Gesù) e Santiago de Compostela (per venerare la memoria dell’apostolo Giacomo).

Nel suo discorso il Cardinal Ruini ha affermato che “se il concetto dell’Europa è anzitutto culturale e storico” – come dimostra la facilità con cui i pellegrini nel Medioevo attraversavano ed erano accolti in nazioni e terre lontane, nonostante le difficoltà di comunicazione e la diversità di usanze – “allora, attraverso l’intreccio di questi cammini, possiamo trovare qualcosa di fondamentale nell’identità dell’uomo e della donna europea”.

Ma allo stesso tempo la sfida per la ricerca di una “identità” europea così come “il rafforzamento delle radici cristiane” possono “aiutare l’Occidente a riannodare i fili di quel nuovo e positivo incontro con le altre culture e religioni di cui oggi il mondo ha estremo bisogno, ma che non può realizzarsi sulla base di un radicale secolarismo, che estranierebbe le altre culture da loro stesse”.

Questa esigenza, ha continuato, è avvertita in maniera decisiva nell’educazione e preparazione culturale delle nuove generazioni, il cui fine è anche quello di allontanare il pericolo di “un’omologazione verso il ‘basso’ caratterizzata da stili di vita e da mode prive di riferimenti storici e culturali”.

“Il pellegrinaggio in questo contesto ridiventa oggi un’occasione per conoscere, toccare e sperimentare la vita, la storia, la natura e i valori dei popoli europei che, pur essendo molto diversi tra loro, hanno la comune caratteristica di essere stati segnati dal cristianesimo”, ha sottolineato.

Vie spirituali, occasioni pastorali

Nel prendere la parola monsignor Liberio Andreatta, Amministratore delegato dell’O.R.P., ha affermato che i Cammini d’Europa sono stati le “spine dorsali” che hanno plasmato la coscienza e la cultura europee.

“Sono itinerari fisici, sentieri artistico-culturali, ma soprattutto vie spirituali, lungo le quali c’è una particolare attenzione alla natura e all’ambiente, come timbro di Dio, ed una tensione di dialogo con le persone che si incontrano, come autentici Santuari di Dio”, ha sottolineato.

Per questa ragione, ha spiegato monsignor Andreatta, l’O.R.P. collabora da sempre con le istituzioni locali, nazionali e internazionali al fine di promuovere l’aspetto spirituale di questi cammini, così da renderli “vie in cui potrà fiorire la coesione culturale dei popoli europei e la bellezza della fede”.

“Il pellegrino europeo diventerà così lui stesso operatore di pace ed operatore culturale che nei vari luoghi che attraverserà intesserà incontri, rapporti, e quando rientrerà nel suo territorio continuerà comunque il suo cammino, arricchendo gli altri del suo patrimonio interiore, reso più prezioso dal cammino stesso che ha compiuto”, ha aggiunto.

Nel suo intervento imperniato sul ruolo dell’arte nella fede, monsignor Mauro Piacenza, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, ha notato che i cicli pittorici sui santi o i temi iconografici specifici, riscontrabili nelle chiese che andavano fiorendo lungo le vie di pellegrinaggio, non avevano delle “finalità estetizzanti”, ma servivano per “stimolare i monaci o i fedeli del posto ad esercitare senza reticenza la carità verso i pellegrini”.

Tuttavia il contributo principale offerto dai luoghi di pellegrinaggio all’arte religiosa dell’Occidente cristiano va ravvisato nella “finalità didattica” ad essa attribuita, nell’aspetto biblico narrativo, agiografico e didascalico.

Dopo aver tracciato una breve panoramica sul rapporto fra arte e pellegrinaggio nella storia, monsignor Piacenza ha quindi posto l’accento sugli aspetti positivi legati al turismo religioso e al pellegrinaggio:

1) Occasione pastorale, “per raggiungere un numero di persone più ampio di quello che normalmente frequenta le chiese”;

2) “Incontro con le generazioni cristiane che ci hanno preceduto, in una sorta di comunione che attraversa il tempo”;

3) Stupore di fronte alla bellezza delle creazioni del genio umano, “mezzo per evocare l’essenza di Dio”;

4) Riscoperta del “territorio come luogo di incarnazione della fede”;

5) “Occasione di incontro con tradizioni diverse dalla propria”.

Per fare tutto ciò, ha poi tenuto a sottolineare monsignor Piacenza, è necessario tuttavia che le comunità cristiane sviluppino “un’azione umanizzante” e una “cultura dell’accoglienza”: non si può infatti considerare i pellegrini dei “consumatori di beni che detengono unicamente un valore commerciale”.

Ripartire dalla centralità della persona umana

Nel suo intervento monsignor Rino Fisichella, Vescovo ausiliare di Roma e Rettore della Pontificia Università Lateranense, ha messo in luce il legame inscindibile fra Cristianesimo ed Europa, e come quest’ultima sia riuscita a creare “forme di autentica civiltà e progresso dei popoli a livello universale” attingendo ai valori che le provenivano dalla fede cristiana.

Ed è per questo, ha affermato, che l’Europa “solo nella misura in cui rimarrà tale potrà pensare di conservare a pieno le proprie idealità e il proprio apporto originale alla costruzione di una civiltà post-moderna”.

Successivamente il presule ha accennato al ruolo determinante che l’Occidente ha avuto nel momento in cui ha compreso l’originalità del concetto cristiano di persona, inteso come relazione con l’altro a partire da una base trinitaria e cristologica, da cui scaturisce come conseguenza quello della sua dignità e del suo valore universale.

A questo punto il Vescovo Fisichella ha analizzato la crisi di identità attraversata dall’Europa sotto la spinta di una tecnica che “ha assunto il ruolo di padrona non solo della natura, ma anche dell’uomo riducendolo a un oggetto della sua sperimentazione senza curarsi più delle sue reazioni”.

Di fronte a queste sfide che interpellano da vicino la Chiesa, ha continuato il presule, occorre recuperare il “concetto di tradizione, che per il cristiano equivale soprattutto a “una viva trasmissione della fede che ispira e genera cultura”.

“I cristiani dovrebbero ricuperare, in questo frangente, la memoria perenne dell’evento salvifico di cui sono responsabili nel mondo e, all’interno di questo momento, ripensare il ruolo della loro partecipazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa in Europa”, ha detto.

“Ogni azione credente, infatti, anche il pellegrinaggio ha una valenza sociale, politica e culturale oltre che religiosa; essa porta con sé la peculiarità di essere annuncio del vangelo che salva”, ha quindi concluso.

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ZENIT Staff

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