Come essere santi?

ROMA, giovedì, 8 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Da un anno monsignor Raffaello Martinelli, Officiale alla Congregazione per la Dottrina della Fede e collaboratore del Cardinale Joseph Ratzinger per 23 anni, ha messo a disposizione dei fedeli presso la Basilica dei SS Ambrogio e Carlo al Corso, a Roma, alcune schede catechistiche su argomenti di attualità, redatte sulla base del Catechismo e di altri documenti pontifici.

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Con grande meraviglia monsignor Martinelli, che dal 1987 è anche Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale San Carlo e Primicerio della Basilica di San Carlo al Corso (www.sancarlo.pcn.net), ha constatato che più di 800.000 schede sono state prese dalle persone che sono entrate nella Basilica.

Conscia di questa situazione, Antonia Salzano, Presidente dell’Istituto e delle Edizioni San Clemente I Papa e Martire (www.istitutosanclemente.it) ha voluto raccogliere le 33 schede in un CD, ora in vendita presso le librerie cattoliche con il titolo “Catechesi Dialogica su argomenti di attualità”.

Considerando la qualità, la competenza e l’utilità di queste schede catechistiche, ZENIT ha deciso di pubblicarne una ogni giovedì.

Il tema affrontato questa settimana è: “Come essere santi?”.

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CHE COSA SIGNIFICA ESSERE SANTI?

Significa essere uniti, in Cristo, a Dio, perfetto e santo. «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48), ci ordina Gesù Cristo, Figlio di Dio. «Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione» (1 Ts 4,3).

PERCHE’ DIO VUOLE LA NOSTRA SANTITA’?

Perché Dio ci ha creati “a sua immagine e somiglianza” (Gen1,26), e dunque: “Siate santi, perché io sono santo” (Lv 11,44), ci dice Dio. La santità di Dio è il principio, la fonte di ogni santità. E per di più nel Battesimo, Egli ci fa partecipi della natura divina, adottandoci come figli suoi. E pertanto vuole che i suoi figli siano santi come è santo Lui.

SIAMO TUTTI CHIAMATI ALLA SANTITÁ CRISTIANA?

Ogni uomo è chiamato alla santità, che “è pienezza della vita cristiana e perfezione della carità, e si attua nell’unione intima con Cristo, e, in lui, con la Santissima Trinità. Il cammino di santificazione del cristiano, dopo essere passato attraverso la Croce, avrà il suo compimento nella Risurrezione finale dei giusti, nella quale Dio sarà tutto in tutte le cose” (COMPENDIO, n. 428).

COME E’ POSSIBILE DIVENTARE SANTI?

• Il cristiano è già santo, in virtù del Battesimo: la santità è inscindibilmente legata alla dignità battesimale di ogni cristiano. Nell’acqua del Battesimo infatti siamo stati “lavati […], santificati […], giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio” (1Cor 6,11); siamo stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi.

• E proprio perché siamo santi sacramentalmente (ontologicamente – sul piano cioè del nostro essere cristiani), è necessario che diventiamo santi anche moralmente, e cioè nel nostro pensare, parlare e agire durante ogni giorno, ogni momento della nostra vita. Ci ammonisce l’Apostolo Paolo a vivere «come si conviene a santi» (Ef 5,3), a rivestirci «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza» (Col 3,12).

• Dobbiamo con l’aiuto di Dio, mantenere, manifestare e perfezionare con la nostra vita la santità che abbiamo ricevuto nel Battesimo: Diventa ciò che sei, ecco l’impegno di ciascuno.

• Questo impegno lo si può realizzare, imitando Gesù Cristo: via, verità e vita; modello, autore e perfezionatore di ogni santità. Lui è la via della santità. Siamo dunque sollecitati a seguire il Suo esempio e diventare conformi alla Sua immagine, in tutto obbedienti, come Lui, alla volontà del Padre; ad avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale «spogliò se stesso, prendendo la natura di un servo (…) facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2,7-8), e per noi «da ricco che era si fece povero» (2 Cor 8,9).

• L’imitazione di Cristo, e quindi il diventare santi, sono resi possibili dalla presenza in noi dello Spirito Santo, che è l’anima della multiforme santità della Chiesa e di ogni cristiano. E’ infatti lo Spirito Santo, che ci muove internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarci a vicenda come Cristo ci ha amato (cfr. Gv 13,34).

QUALI SONO I MEZZI PER LA NOSTRA SANTIFICAZIONE?

Il mezzo primo e più necessario è l’Amore, che Dio ha diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5) e con il quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui. Ma perché l’amore, “come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la Parola di Dio e con l’aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’Eucaristia, e alle azioni liturgiche; applicarsi costantemente alla preghiera, all’abnegazione di se stesso, all’attivo servizio dei fratelli e all’esercizio di tutte le virtù. La carità infatti, quale vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14; Rm 13,10), regola tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine” (LG, 42). Ogni fedele è aiutato nel suo cammino di santità dalla grazia sacramentale, donata da Cristo e propria di ciascun Sacramento.

ESISTONO VARI MODI E FORME DI SANTITA’?

Certamente. Ognuno può e deve diventare santo secondo i propri doni e uffici, nelle condizioni, nei doveri o circostanze che sono quelle della propria vita. Le vie della santità sono pertanto molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Tanti cristiani, e tra loro molti laici, si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita.

PERCHE’ LA CHIESA E’ SANTA?

• La Chiesa è santa, perché:
– Dio Santissimo è il suo autore
– in essa è presente Cristo, capo della Chiesa, il quale ha dato se stesso per lei, per santificarla e renderla santificante
– è animata dallo Spirito Santo, che la vivifica con la Carità e l’arricchisce con i suoi carismi
– in essa è custodita fedelmente la Parola di Dio
– si trova in essa la pienezza dei mezzi di salvezza: essa è strumento di santificazione degli uomini mediante l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione dei Sacramenti, l’esercizio della Carità nella ricerca costante del volto di Cristo in ogni fratello. La Chiesa è casa della santità e la Carità di Cristo, effusa dallo Spirito Santo, ne costituisce l’anima.
– la santità è la vocazione di ogni suo membro, la sorgente segreta, la misura infallibile e il fine di ogni sua attività apostolica e del suo slancio missionario
– la santità della Chiesa è la sorgente della santificazione dei suoi figli. Per questo giustamente la Chiesa è chiamata anche la madre dei santi, colei che genera santità con feconda e magnanima sovrabbondanza
– essa annovera al suo interno la Vergine Maria: in Lei la Chiesa è già tutta santa. La Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza ruga
– nella Chiesa, durante tutti i secoli della sua storia, è fiorita in maniera incredibilmente straordinaria la santità cristiana, sia eroica sia ordinaria, e così si sono avuti innumerevoli Santi
– ha suscitato, lungo tutta la sua storia, infinite opere di carità.

• “La santità della Chiesa è favorita in modo speciale dai molteplici consigli (povertà, castità, obbedienza), che il Signore nel Vangelo propone all’osservanza dei suoi discepoli. Tra essi eccelle il prezioso dono della grazia divina, dato dal Padre ad alcuni (cfr. Mt 19,11), di consacrarsi, più facilmente e senza divisione del cuore (cfr. 1Cor 7,7), a Dio solo nella verginità o nel celibato. Questa per
fetta continenza per il regno dei cieli è sempre stata tenuta in singolare onore dalla Chiesa, quale segno e stimolo della carità e speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo” (LG, 42).

• La Chiesa è santa sì, ma nello stesso tempo è insieme sempre bisognosa di purificazione. Infatti tutti i suoi membri, qui sulla terra, si riconoscono tutti peccatori, sempre bisognosi di conversione e di purificazione. La Chiesa comprende nel suo seno uomini fragili, che si riconoscono peccatori, e quindi bisognosi di chiedere e di ricevere il perdono da Dio per i propri peccati. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli, con il sangue di Cristo e il dono dello Spirito.

PERCHE’ LA CHIESA PROCLAMA SANTI ALCUNI SUOI FIGLI?

“Canonizzando alcuni fedeli, ossia proclamando solennemente che tali fedeli hanno praticato in modo eroico le virtù e sono vissuti nella fedeltà alla grazia di Dio, la Chiesa riconosce la potenza dello Spirito di santità che è in lei, e sostiene la speranza dei fedeli offrendo loro i santi quali modelli e intercessori” (CCC, n. 828).

La Chiesa, fin dagli inizi, ha sempre creduto che gli Apostoli e i Martiri siano con noi strettamente uniti in Cristo, li ha celebrati con particolare venerazione insieme con la beata Vergine Maria e i santi Angeli, e ha implorato piamente l’aiuto della loro intercessione. E lungo i secoli, ha sempre offerto all’imitazione dei fedeli, alla venerazione e all’invocazione alcuni uomini e donne, insigni per lo splendore della carità e di tutte le altre virtù evangeliche.

QUALI OBIEZIONI SI MUOVONO CONTRO I SANTI?

Qualcuno insinua esservi una strategia espansionistica della Chiesa cattolica. Per altri, la proposta di nuovi beati e santi, così diversificati per categorie, nazionalità e culture, sarebbe solo un’operazione di marketing della santità con scopi di leadership del Papato nella società civile attuale. C’è, infine, chi vede nelle canonizzazioni e nel culto dei santi un residuo anacronistico di trionfalismo religioso, estraneo o persino contrario allo spirito e al dettato del Concilio Vaticano II, che tanto ha evidenziato la vocazione alla santità di tutti i cristiani. Chi muove tali obiezioni non tiene in debito conto il grande ruolo e la vera importanza dei santi nella Chiesa.

CHI SONO I SANTI, PER LA CHIESA?

• I santi sono:
– coloro che contemplano già chiaramente Dio uno e trino. Cittadini della Gerusalemme celeste, cantano senza fine la gloria e la misericordia di Dio, essendosi già compiuto in loro il passaggio pasquale da questo mondo al Padre
– discepoli insigni del Signore. ORIGENE lo afferma con decisione: “I santi sono immagine dell’immagine, essendo il Figlio immagine” (La preghiera, 22, 4). Sono riflesso della luce di Cristo Risorto. Al pari del volto di un bambino, nel quale i tratti somatici di un genitore sono particolarmente accentuati, in quello del santo i lineamenti del volto di Cristo hanno trovato una nuova modalità di espressione
– modelli di vita evangelica, per i quali la Chiesa ha riconosciuto l’eroicità delle loro virtù e quindi li propone alla nostra imitazione. Essi “sono sempre stati sorgente e origine di rinnovamento nei momenti più difficili della storia della Chiesa” (GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici, 16). “Essi salvano la Chiesa dalla mediocrità, la riformano dal di dentro, la sollecitano ad essere ciò che deve essere la sposa di Cristo senza macchia né ruga (cfr Ef 5, 27)” (GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai giovani di Lucca, 23 settembre 1989). E il Card. JOSEPH RATZINGER ha giustamente affermato che: “Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui o là nella Chiesa a decidere il suo e nostro cammino. Essi, i santi, sono la vera, determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci atteniamo! Essi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo”
– testimoni storici della vocazione universale alla santità. Frutto eminente della redenzione di Cristo, sono prova e documento che Dio, in tutti i tempi e presso tutti i popoli, nelle più svariate condizioni socio-culturali e nei vari stati di vita, chiama i suoi figli a raggiungere la perfetta statura di Cristo (cfr Ef 4,13; Col 1,28). Essi mostrano che la santità è accessibile alle moltitudini, che la santità è imitabile. Con la loro concretezza personale e storica fanno sperimentare che il Vangelo e la vita nuova in Cristo non sono un’utopia o un mero sistema di valori, ma sono “lievito” e “sale” capaci di far vivere la fede cristiana all’interno e dall’interno delle diverse culture, aree geografiche ed epoche storiche
– espressione della cattolicità o universalità della fede cristiana e della Chiesa che quella fede vive, custodisce e diffonde. I santi, espressione dello stesso Spirito – come dice il Vangelo – che “spira dove vuole”, hanno vissuto la stessa fede. Tale internazionalismo conferma che la santità non ha confini e che essa non è morta nella Chiesa e, anzi, continua ad essere di viva attualità. Il mondo cambia, ma i santi, pur cambiando essi stessi con il mondo che cambia, ripresentano sempre il medesimo volto vivo di Cristo. Essi fanno risplendere nel mondo un riflesso della luce di Dio, sono i testimoni visibili della santità misteriosa e universale della Chiesa
– una autentica e costante forma di evangelizzazione e di magistero. La Chiesa vuole accompagnare la predicazione delle verità e dei valori evangelici con la presentazione di santi che hanno vissuto quelle verità e quei valori in modo esemplare
– mentre onorano l’uomo, rendono gloria a Dio, perché “gloria di Dio è l’uomo vivente” (Sant’IRENEO di Lione)
– sono un segno della capacità di inculturazione della fede cristiana e della Chiesa nella vita dei vari popoli e culture
– intercessori ed amici dei fedeli ancora pellegrini sulla terra, perché i santi, pur immersi nella beatitudine di Dio, conoscono gli affanni dei loro fratelli e sorelle e accompagnano il loro cammino con la preghiera e il patrocinio
– innovatori di cultura. I santi hanno permesso che si creassero dei nuovi modelli culturali, nuove risposte ai problemi e alle grandi sfide dei popoli, nuovi sviluppi di umanità nel cammino della storia. I santi sono come dei fari: hanno indicato agli uomini le possibilità di cui l’essere umano dispone. Per questo sono interessanti anche culturalmente. Un grande filosofo francese del XX secolo, HENRY BERGSON, ha osservato che “i più grandi personaggi della storia non sono i conquistatori, ma i santi”.

• Tutto ciò la Chiesa confessa allorché, riconoscente a Dio Padre, proclama: «nella vita dei santi ci offri un esempio, nell’intercessione un aiuto, nella comunione di grazia un vincolo di amore fraterno» (Prefazio della Messa).

CHE DIFFERENZA ESISTE TRA BEATI E SANTI?

• Quanto alla certezza che sia gli uni sia gli altri siano in Paradiso, non c’è tra loro alcuna differenza.

• Quanto alla procedura: normalmente prima un cristiano viene proclamato beato (beatificazione), e poi, successivamente ed eventualmente, viene proclamato santo (canonizzazione).

• Quanto all’autorità impegnata nel dichiarare uno beato oppure santo: è sempre il Papa che, con un atto specifico pontificio, dichiara uno beato o santo.

• Quanto al culto: le beatificazioni hanno un culto permissivo e non prescrittivo, limitato a una Chiesa particolare; le canonizzazioni hanno un culto esteso a tutta la Chiesa, prescrittivo, con una sentenza definitiva.

I BEATI E I SANTI SONO TROPPI?

GIOVANNI PAOLO II ha risposto a tale obiezione in questo modo: “Si dice talora che oggi ci sono troppe beatificazioni. Ma questo, oltre a rispecchiare la realtà, che per grazia di Dio è quella che è, corris
ponde anche al desiderio espresso dal Concilio. Il Vangelo si è talmente diffuso nel mondo e il suo messaggio ha messo così profonde radici, che proprio il grande numero di beatificazioni rispecchia vividamente l’azione dello Spirito Santo e la vitalità che da Lui scaturisce nel campo più essenziale per la Chiesa, quello della santità. È stato infatti il Concilio a mettere in particolare rilievo la chiamata universale alla santità” (Discorso in apertura del Concistoro straordinario in preparazione al Giubileo del 2000, 13-VI- 1994).

E ancora scrive: “Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell’onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana” (GIOVANNI PAOLO II, Tertio Millennio adveniente, 37).

COME LA CHIESA GIUNGE ALLA CANONIZZAZIONE?

Il modo di procedere da parte della Chiesa, nelle cause di beatificazione e di canonizzazione, è stato sviluppato nel corso dei tempi da sempre nuove norme alla luce anche del progresso delle discipline storiche, al fine di avere l’agilità del modo di procedere, mantenendo tuttavia ferma la sicurezza delle investigazioni in una questione di tanta gravità e importanza.

Queste sono le varie tappe:
1) FASE DIOCESANA:
• Chiunque può richiedere al Vescovo della diocesi, dove è morto il Servo di Dio, di avviare una causa di canonizzazione. I santi e la santità sono riconosciuti, pertanto, come un movimento dal basso verso l’alto. Ancor oggi, è il popolo cristiano stesso infatti che, riconoscendo per intuito della fede la “fama di santità”, segnala i candidati alla canonizzazione al proprio Vescovo, che successivamente invia le prove raccolte al Dicastero della Santa Sede competente, la Congregazione delle Cause dei santi.

• Il Vescovo, su istanza del Postulatore e previo permesso della Santa Sede, avvia il procedimento, non prima, normalmente, di cinque anni dalla morte del fedele. Al Vescovo compete il diritto di raccogliere le prove circa la vita, le virtù o il martirio, i miracoli asseriti, e, se è il caso, l’antico culto del Servo di Dio, del quale viene chiesta la canonizzazione. Per fare questo, il Vescovo ricorre all’aiuto di vari esperti, i quali, dopo aver investigato scritti e documenti, e interrogato testimoni, esprimono un giudizio circa la loro autenticità e il loro valore, come pure circa la personalità del servo di Dio.
• Se il Vescovo ritiene che la causa contiene elementi fondati, allora nomina un Tribunale (Giudice, Promotore di giustizia e Notaio), che interroga i testimoni e riceve da una Commissione storica tutta la documentazione riguardante la vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio.

2) FASE PONTIFICIA:
• Terminate le indagini a livello diocesano, si trasmettono tutti gli atti in duplice copia alla Santa Sede, e precisamente alla Congregazione dei Santi, che esamina gli atti stessi:
– sotto l’aspetto formale (per verificare se gli atti sono validi e autentici) e
– sotto l’aspetto di merito (per accertare se le virtù sono provate).
• Alla fine la suddetta Congregazione pronunzia la sua valutazione sia sulle virtù sia sui miracoli.

COME VIENE FATTO L’ESAME CIRCA LE VIRTU’?

La Congregazione dei Santi procede in questo modo:
• Viene preparata anzitutto la «Positio», che è l’insieme degli atti processuali e degli atti documentali, la quale dovrà essere sottoposta all’esame dei Consultori esperti specifici della materia, perché esprimano il voto sul suo valore scientifico.

• La «Positio» (con i voti scritti dei Consultori storici e con gli ulteriori chiarimenti del Relatore, se saranno necessari) sarà esaminata dai Consultori teologi, i quali, insieme al «Promotor fidei», esprimono il loro parere sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio e preparano una propria relazione finale, da sottoporre, insieme alla «Positio», al giudizio dei Cardinali e dei Vescovi, Membri della Congregazione dei Santi.

COME VA CONSIDERATA L’EROICITA’ DELLE VIRTU’?

Il concetto di eroicità delle virtù non implica, necessariamente, che le azioni compiute dalla persona virtuosa debbano essere eclatanti. “L’eroicità – ha spiegato il Card. JOSÉ SARAIVA MARTINS, Prefetto della Congregazione dei Santi – può benissimo consistere nel compiere in modo straordinariamente generoso e perfetto i propri doveri quotidiani verso Dio, verso il prossimo e verso se stessi. La vita ordinaria di ogni giorno è il luogo più comune per raggiungere le più alte vette della santità” (Discorso del 2003).

SERVE ANCHE UN MIRACOLO?

Per poter procedere alla beatificazione di un Servo di Dio, l’attuale legislazione canonica richiede anche un miracolo, realizzatosi per intercessione di quel Servo di Dio dopo la sua morte. Per la beatificazione di un martire non si richiede il miracolo, in quanto lo stesso martirio, subìto per amore di Dio, è un segno non equivoco della vita virtuosa di un Servo di Dio.
Per la canonizzazione invece dei martiri e dei non-martiri occorre un nuovo miracolo, avvenuto dopo la beatificazione.

PERCHE’ SONO NECESSARI I MIRACOLI?

• C’è una ragione storica: da sempre la Chiesa ha chiesto dei ‘segni’ a conferma della vita virtuosa di un cristiano.

• C’è soprattutto una ragione teologica: i miracoli sono necessari per:
– confermare la dottrina e la fede del Servo di Dio
– per garantire il giudizio sull’eroicità delle sue virtù
– per provare che la vita di un non-martire non sia stata in segreto laxior (e cioè meno santa) rispetto a quanto risulta dalle testimonianze.

COME SI PROCEDE NEL CASO DEI MIRACOLI?

• I miracoli sono studiati sotto due aspetti:
– quello scientifico: per provare che l’evento prodigioso (la guarigione), sulla base delle testimonianze e la documentazione medica, è inspiegabile
– quello teologico: per verificare se l’evento prodigioso si connota di preternaturalità, cioè se è un vero e proprio miracolo

• Spetta anzitutto al Vescovo, ove è avvenuto l’evento prodigioso, far studiare il miracolo da un Tribunale, che deve raccogliere le prove testimoniali e medico-cliniche.

• Poi il Vescovo invia gli atti di detto Tribunale alla Congregazione delle Cause dei Santi, la quale li studia sia sotto il profilo procedurale (per accertare la validità di tali atti) sia soprattutto sul merito. A tal fine:
– gli atti vengono prima esaminati da due periti medici individualmente, e poi da un organo collegiale di cinque medici, i quali raccolgono le loro conclusioni (diagnosi, prognosi, terapia, modalità di guarigione inspiegabile da un punto di vista medico…) in una relazione
– viene quindi preparata una «Positio» (con tutti gli atti diocesani e la relazione dei medici) che viene esaminata dai teologi, i quali emetteranno un parere sulla preternaturalità del fatto
– infine la stessa «Positio», la relazione dei medici e i pareri dei teologi vengono sottoposti al giudizio dei Padri (Cardinali e Vescovi) della Congregazione dei Santi, i quali valuteranno se il fatto prodigioso è un miracolo oppure no.

• Il giudizio dei Padri Cardinali e Vescovi, sia sull’eroicità delle virtù sia sul miracolo, viene riferito, dal Card. Prefetto della Congregazione dei Santi, al Sommo Pontefice, al quale solo compete il diritto di dichiarare, con un solenne atto, che si può procedere alla beatificazione o alla canonizzazione di un cristiano e quindi al culto pubblico ecclesiastico, a lui dovuto.

QUALE
CULTO SI DEVE AI BEATI E AI SANTI?

Ai beati e ai santi è dovuto il culto di venerazione, e non di adorazione, essendo questo riservato unicamente a Dio. Non bisogna dimenticare che scopo ultimo della venerazione dei santi è la gloria di Dio e la santificazione dell’uomo attraverso una vita pienamente conforme alla volontà divina e l’imitazione delle virtù di coloro che furono eminenti discepoli del Signore.

Il Primicerio della Basilica dei SS.Ambrogio e Carlo in Roma
Mons. Raffaello Martinelli

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ZENIT Staff

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