Ebrei e cattolici chiedono maggiore attenzione per i malati di AIDS

19° Incontro dell’International Catholic-Jewish Liaison Committee (ILC), in Sudafrica

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CITTA’ DEL CAPO, domenica, 12 novembre 2006 (ZENIT.org).- I Governi, le religioni e altri gruppi dovrebbero intensificare gli sforzi per fornire migliori cure alle persone che convivono con l’HIV e l’AIDS, ha affermato un incontro internazionale di ebrei e cattolici.

Le religioni dovrebbero unirsi per combattere la stigmatizzazione sottolineando nel loro insegnamento che “ogni persona è portatrice di una dignità inviolabile perché è creata ad immagine di Dio. Quella dignità non può mai essere persa o sottratta, indipendentemente dalle circostanze o dalla situazione personale della gente”.

E’ queste quanto riportato in alcune delle conclusioni del 19° incontro dell’International Catholic-Jewish Liaison Committee (ILC), svoltosi la settimana scorsa per la prima volta in Africa, a Città del Capo.

Secondo le Nazioni Unite, su 38,5 milioni di persone che convivono con l’HIV al mondo, due terzi – 24,5 milioni – si trovano nell’Africa subsahariana.

Il tema dell’incontro dell’ILC è stato “Dignificare l’Immagine Divina: prospettive ebraiche e cattoliche sull’assistenza sanitaria con speciale riferimento alla pandemia dell’HIV/AIDS”.

Tra gli oratori, figuravano i Copresidenti dell’ILC, il Cardinale Walter Kasper e il Rabbino David Rosen, il Rabbino capo di Israele Yonah Metzger, il Presidente del Comitato Ebraico Internazionale sulle Consultazioni Interreligiose – il Rabbino Israel Singer –, il Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Africa del Sud, il Cardinale Wilfrid Fox Napier, e il Rabbino capo del Sudafrica Warren Goldstein.

Un comunicato emesso al termine dell’incontro ha reso noto che le decisioni si sono concentrate sull’assistenza ai malati e alle persone vulnerabili come dovere religioso nell’insegnamento cristiano ed ebraico.

“Riconoscendo che le nostre rispettive tradizioni possono differire riguardo alle possibili strategie preventive relative all’HIV/AIDS e alle malattie collegate, ci uniamo senza riserve nel chiedere cure palliative senza restrizioni e un’attenzione appropriata per tutti coloro che soffrono, minacciati e vittimizzati da questa tragica pandemia”, sostiene la dichiarazione.

I partecipanti hanno anche chiesto la fine della stigmatizzazione e della discriminazione delle persone malate, e hanno esortato a provvedere ad un’adeguata assistenza per i milioni di orfani dell’HIV/AIDS, soprattutto nell’Africa subsahariana.

Circa i rapporti ebraico-cattolici, i partecipanti all’ILC hanno affermato l’importanza di educare i membri delle loro rispettive fedi sui cambiamenti positivi introdotti 41 anni fa con la promulgazione del documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate. Il documento ha ribadito lo speciale rapporto tra i cattolici e il popolo ebraico.

I delegati dell’ILC hanno deplorato la nascita di una retorica fondamentalista nel mondo e hanno concordato nel lavorare “secondo la visione di Papa Benedetto XVI di un fruttuoso dialogo interreligioso che promuova un rispetto autentico tra le culture e le religioni”.

Di fronte alla violenza in aumento nel mondo, i delegati dell’ILC hanno riaffermato il proprio impegno a lavorare per la giustizia e la pace, soprattutto in Medio Oriente, e a combattere “il terrore della peste e della povertà”.

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ZENIT Staff

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