Dialogo interreligioso: né relativismo, né sincretismo

Intervista alla teologa Carmen Aparicio

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ROMA, domenica, 29 gennaio 2006 (ZENIT.org).- Il dialogo interreligioso si fonda sui pilastri dell’identità e dell’apertura, che consentono di combattere il relativismo e di lottare contro il sincretismo.

Questa è la convinzione della teologa Carmen Aparicio, docente della Pontificia Università Gregoriana, la quale ha da poco concluso il suo libro pubblicato in Spagna con il titolo “Diálogo entre religiones. Identidad y apertura” (ed. PPC).
<br> Laureata in scienze matematiche presso l’Università Complutense di Madrid e dottorata in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, Aparicio ha lavorato dal 1989 al 1999 al Pontificio Consiglio per i Laici.

Dal 1994 è professore associato della facoltà di teologia della Gregoriana, dove ZENIT ha potuto raggiungerla per intervistarla.

Il dialogo interreligioso si muove necessariamente tra identità e apertura, come suggerisce il titolo del suo libro?

Aparicio: Identità e apertura. Questo è il sottotitolo del libro perché si tratta effettivamente di due punti sui quali si fonda il dialogo e che allo stesso tempo indicano il superamento di due pericoli: il relativismo e il sincretismo.

Con il concetto di identità intendo esprimere una condizione necessaria per stabilire un dialogo autentico: è necessario conoscere la propria fede, conoscere le finalità (non dimentichiamo che il dialogo si può muovere su livelli diversi e pertanto perseguire finalità diverse), sapere qual è il mio punto di partenza.

Allo stesso tempo questa identità richiede un atteggiamento di apertura verso ciò che è diverso, di conoscenza di ciò che è nuovo, per poter operare un confronto tra i diversi elementi in gioco, un approfondimento di ciò che già si conosce.

Il rapporto tra il Cristianesimo e le altre religioni non è una novità; è in effetti un elemento costitutivo dello stesso Cristianesimo. Perché allora oggi viene data questa preminenza al dialogo?

Aparicio: Effettivamente, il rapporto tra il Cristianesimo e le altre religioni è un qualcosa che è sempre esistito. Bisogna precisare che nel libro mi riferisco al dialogo dal punto di vista teologico. Ma neanche questo è una novità. La novità risiede invece nelle diverse condizioni nelle quali si realizza il dialogo.

In questo nuovo contesto globale, il rapporto tra persone di diverse religioni è più frequente, a cominciare dalla scuola. Questo ci richiede, in nome del rispetto, una conoscenza maggiore. Anche i fenomeni del terrorismo e simili ci richiedono, in nome della verità, una maggiore conoscenza delle altre religioni, che ci consenta di superare le condanne generiche o le identificazioni troppo facili.

In questo senso, i numerosi studi sul fenomeno religioso e sulla persona, svolti da diverse branche della scienza, ci possono aiutare a non banalizzare le religioni e, al contrario, ad apprezzare tutto il loro spessore e la loro importanza, anche per conoscere la profonda essenza della persona.

Gli ultimi Papi stanno insistendo molto su questo tema. Ma vi sono molti cattolici che non sono d’accordo perché temono che l’identità cattolica possa essere messa a rischio. Cosa può consigliare a queste persone?

Aparicio: Non si può generalizzare ma credo che la cosa più importante sia dare un nome alle paure e analizzarne le cause. Queste situazioni sono reali e non credo che ignorarle o ridicolizzarle possa risolvere il problema. La prima cosa da fare è renderci conto che questo avviene anche in tutte le altre religioni e che non è qualcosa che riguarda solo i cristiani.

Non amo solitamente dare consigli generici, ma mi sembra che una strada per superare tali timori sia quella di conoscere bene la propria fede. Quando dico conoscere la fede non mi riferisco alla sola conoscenza della dottrina, sebbene anch’essa sia necessaria, ma anche e principalmente al saper dare ragione della propria fede.

È ciò che Pietro consigliava ai cristiani perseguitati. Dare ragione aiuta a chiarire le cose, a trovare il fondamento ultimo, a riconoscere quei punti fermi che sono inamovibili ma che non per questo non possono essere oggetto di ulteriore approfondimento.

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ZENIT Staff

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