ROMA, lunedì, 24 ottobre 2005 (ZENIT.org).- Rabbino Capo di Roma, biblista insigne, uomo coltissimo, umanamente descritto come mite e buono, Israel Zoller si convertì al cristianesimo e prese il nome di Eugenio. Il 23 luglio 1945, cinque mesi dopo il battesimo, Eugenio Zolli finì di scrivere un volume su cui sembra che stesse lavorando da tempo.
Quel volume, che si intitola “Antisemitismo”, e che è stato ora ripubblicato dalle Edizioni San Paolo (320 pagine, 19 Euro), è un’appassionata disamina che mette a nudo le radici profonde dell’odio e delle persecuzioni antiebraiche nel corso della storia.
L’analisi storia e religiosa di Zolli assume un significato ancora più grande alla luce della sua conversione e del dibattito sulle origini dell’antisemitismo che si è sviluppato negli ultimi 50 anni.
Per approfondire la storia e le implicazioni di questo volume, ZENIT ha intervistato Alberto Latorre, curatore delle opere di Zolli, sulle cui vicende ha svolto in passato una tesi di laurea.
Quali sono secondo Eugenio Zolli le ragioni che stanno alla base dell'antisemitismo?
Latorre: Nel secondo capitolo di “Antisemitismo”, attraverso una lunga e meticolosa indagine storica e storico-religiosa, Zolli mette in luce come a causare l'insorgere dell'antiebraismo - così lui preferisce definire l'odio contro gli Ebrei - sia originariamente l'esclusivismo religioso ebraico. A questo sostrato religioso, causa iniziale dell'antiebraismo, si vanno nel corso dei secoli e dei millenni ad aggiungere altri elementi di carattere politico, economico e culturale. Sono dunque inizialmente i caratteri propri della religione ebraica (in particolare il monoteismo, la profonda adesione etica e nomistica, l'avversione ai misteri), che stanno alla base dell'insorgere dell'antisemitismo. L'ebraismo, permeando l'intera vita del fedele ebreo, segna in maniera netta e contrastante la differenza con gli altri popoli in quelli che sono gli orientamenti politici, economici e culturali.
Zolli non intende affermare che l'esclusivismo religioso ebraico sia l'unica causa, ma che a essa si debba risalire se si vuole comprendere in maniera esaustiva la complessità storica dell'antisemitismo e dei fenomeni che nel corso dei secoli ne hanno favorito e accresciuto la diffusione. In questo senso l'opera di Zolli non manca di sottolineare come nei primi secoli dopo Cristo, il processo di differenziazione tra ebraismo e cristianesimo contribuì in maniera determinante a radicare un odio e un sospetto reciproci, che non mancheranno di dare prove evidenti di sé sino al Medioevo, nonostante gli appelli degli spiriti più alti delle due religioni invocassero quanto meno il rispetto delle differenze.
In questo libro il già Rabbino Capo di Roma sostiene che l'odio razziale contro gli Ebrei ha un fondamento religioso. Lei crede che agli Ebrei non sia mai stato perdonato di aver sconfitto il paganesimo?
Latorre: La comparsa dell'ebraismo nella storia e il suo affermarsi nel corso dei secoli anche grazie alla capacità di resistere come identità ai tentativi di assimilazione e di integrazione che a partire dagli Egiziani si sono riproposti ciclicamente nella storia passando attraverso i Babilonesi e i Romani, sino ai Cristiani del Medioevo e ai popoli europei dell'età moderna e contemporanea, è ovvio che segni in maniera decisiva la storia dell'umanità. Dai popoli dell'antichità, come gli Egiziani e i Romani, non è stato accettato il fatto che nonostante gli Ebrei fossero stati sconfitti, umiliati, deportati e uccisi, essi riuscissero a mantenere e a conservare una propria identità, una propria etica e morale che non scendevano a patti con i costumi dei popoli conquistatori o circum-vicini.
Zolli rileva come nell'antichità l'attaccamento a Dio da parte degli Ebrei causasse una serie di comportamenti sociali differenti rispetto agli altri popoli. La mancata adorazione di altre divinità nel Tempio, il netto rifiuto all'esposizione dell'effige dell'imperatore in sinagoga, il rispetto del riposo sabbatico, ad esempio, erano tutti fattori che determinavano, in vari modi e a vari livelli, come conseguenza una serie di comportamenti economici e politici profondamente diversi rispetto al costume del tempo.
In epoche in cui il controllo sugli individui e quindi sui popoli era imprescindibile per la coesione sociale e funzionale al mantenimento del potere, una religione che permettesse ai propri adepti di sfuggire a queste rigide strutture di controllo non poteva certo riscuotere grosse simpatie, sia in coloro che esercitavano il potere, sia in coloro che, non essendo Ebrei, provavano gelosia e risentimento per alcune libertà sociali, politiche e, in particolar modo, religiose che l'ebraismo permetteva.
In “Antisemitismo” c'è un intero capitolo dedicato alle conversioni di Ebrei al cristianesimo avvenute nella storia. Zolli vuole giustificare la sua conversione oppure indicare una via che unisce Ebrei e Cristiani?
Latorre: Con il paragrafo intitolato “Conversioni” contenuto nel capitolo IV, non credo affatto che Zolli volesse giustificare la propria adesione al cristianesimo. Caso mai con questo lungo elenco ritengo che egli desiderasse offrire uno spaccato principalmente storico di quali erano i fattori e le condizioni che determinavano il passaggio dall'ebraismo al cristianesimo. In particolare, come egli nota al termine del capitolo, per invitare a riflettere sull'interdipendenza tra conversioni a causa di convenienze sociali o causate da pressioni antisemite.
Lei è un esperto conoscitore delle opere di Zolli, che valore ha, in che contesto è stato scritto e come valuta questo libro?
Latorre: Per quanto concerne la prima parte della sua domanda, direi che il testo “Antisemitismo” ha un valore molto rilevante nell'ambito sia delle opere di Zolli, che dello studio dell'antisemitismo. I primi tre capitoli e la prima parte del quarto mostrano una migliore esposizione degli argomenti e dei contenuti ed hanno una matrice prettamente storica e storico-religiosa. La seconda parte del quarto capitolo e il quinto sono essenzialmente una lunga elencazione di atti antisemiti accaduti nel corso dei primi secoli dopo Cristo, del Medioevo e dell'età moderna e peccano sotto alcuni aspetti di una certa sinteticità mancando di quella profondità di indagine tipica di Zolli.
Questo non significa che siano privi di interesse, anzi semmai mostrano l'ampia conoscenza da parte del Nostro dell'argomento trattato. Il sesto e conclusivo capitolo è quello maggiormente filosofico e teoretico, caratterizzato da una critica ai modelli politici e sociali intinti di idealismo e nazionalismo.
Questa caratterizzazione inerente al contenuto dei capitoli spiega anche il contesto in cui è stato scritto il testo; a questo proposito ho esposto alcune indicazioni in una breve nota iniziale all'opera. “Antisemitismo” venne pubblicato nel settembre del 1945 a cura dalla casa editrice A.V.E. (l'imprimatur è dell'1 settembre) a soli sette mesi dal battesimo (13 febbraio 1945). Ancor più interessante è che al termine della prefazione Zolli pone la data 23 luglio 1945, cinque mesi dopo il battesimo. E' evidente a questo punto che Zolli avesse già pronto, chiuso in un cassetto, un abbozzo dell'opera a cui diede compimento e sistemazione definitiva in questi cinque mesi. A confermare questa ipotesi basta pensare come l'ultimo testo pubblicato da Zolli fosse stato “Il Nazareno nel 1938”; appare perciò poco probabile ritenere che per sette anni Zolli, tranne qualche breve articolo pubblicato su alcune riviste, sia stato con le mani in mano.
Sicuramente l'ondata di antisemitismo violento che già da alcuni anni aveva investito l'Europa e in particolar modo la Germania - violenze di cui Zolli era perfettamente informato quand'era Rabbino Capo a Trieste vista l'attività svolta in favore dei profughi provenienti dalla Germania e dall'
est Europa - non lasciò Zolli indifferente nemmeno sul piano storico e filosofico, sollecitandolo a svolgere ricerche e a condurre indagini atte a spiegare il manifestarsi di alcuni fenomeni di intolleranza.
La valutazione a questo punto non può che essere positiva e degna della massima considerazione. Innanzi tutto sul piano personale Zolli decide di pubblicare un testo sull'antisemitismo e quindi in difesa degli Ebrei a pochi mesi dalla sua adesione al cristianesimo, privilegiando perciò in primo luogo la difesa del suo popolo alle ragioni della sua adesione al cristianesimo; il testo “Christus” – autobiografia delle ragioni che lo condussero al battesimo – è infatti seppur di poco successivo. Dal punto di vista culturale, infine, non si può fare a meno di osservare come tale opera abbia saputo interpretare le violenze di quegli anni alla luce di un processo molto più ampio.
Come spiega Zolli l'antisemitismo nazista?
Latorre: Riassumere in poche righe quali ragioni individui Zolli all'antisemitismo nazista è opera assai ardua. Fondamentalmente egli ritiene che alcune dottrine filosofiche idealistiche (con particolare riferimento a Hegel, Fichte e Nietzsche) abbiano fondato le basi teoretiche a una concezione monistica della società, interpretando visioni evolutive alla luce del monismo biologico.
Una parte del libro tratta dei rapporti con Pio XII e dell'opera della Chiesa cattolica per salvare gli Ebrei. Può dirci in che modo Zolli descrive questi fatti?
Latorre: Nel capitolo conclusivo Zolli inserisce un paragrafo intitolato "S.S. Pio XII e gli Ebrei di Roma nel periodo dell'invasione germanica" dove riporta, citando testualmente, alcuni passaggi della relazione stesa da padre Birolo circa l'attività svolta a favore degli Ebrei romani. Questo è il modo con cui Zolli descrive i fatti. Mi permetto solo di aggiungere che fiumi di inchiostro si sono versati cercando di spiegare i rapporti tra Pio XII e Zolli e che in numerose occasioni si è utilizzato questo paragrafo omettendo di riferire che non si tratta di parole dirette di Zolli bensì citate.
[Per saperne di più sulla figura di Eugenio Zolli si legga di ZENIT: “Eugenio Zolli, storia della Conversione del Rabbino Capo di Roma”, 20 aprile 2004]
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Oct 24, 2005 00:00