Un esempio di missione: il beato padre Paolo Manna

Intervista a padre Giuseppe Buono, del PIME, docente di Missiologia, di Bioetica multietnica e studioso del beato Paolo Manna

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Intervista raccolta dalla redazione

ROMA, sabato, 15 settembre 2012 (ZENIT.org).- In occasione del 60° anniversario della morte di padre Paolo Manna (16 gennaio 1872-15 settembre 1952), primo superiore generale del PIME come voluto da Pio XI e Fondatore della Pontificia Unione Missionaria, padre Giuseppe Buono, del PIME, docente di Missiologia e di Bioetica multietnica, si sofferma in un’intervista con ZENIT sulla figura dell’instancabile religioso, proclamato beato nel 2001 da papa Giovanni Paolo II.

Quale il contesto ecclesiale in cui avviene la celebrazione del 60° della nascita al cielo del beato Paolo Manna?

Padre Giuseppe Buono: Il 60° della nascita in cielo del beato Padre Paolo Manna si inserisce alla vigilia di eventi particolarmente significativi per la vita della Chiesa quali l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede, lo speciale Anno della Fede, il 50° dell’inizio del Concilio Vaticano II  e la Giornata Missionaria Mondiale.

In questo contesto il beato Padre Paolo Manna si presenta a noi come un grande testimone della fede in Gesù Cristo, un evangelizzatore che ha donato tutta la vita solo per l’annuncio del Vangelo, un santo che con la totale dedizione alla causa missionaria ha precorso alcuni dei grandi temi missiologici e delle indicazioni di metodologia missionaria del Concilio Vaticano II.

La nostra commemorazione diventa occasione per rendere grazie a Dio per il dono di un missionario che ancora oggi insegna a tutta la Chiesa la strada della santità come fecondità della missione; l’invito a venerarlo imitandolo, come diceva Giovanni Paolo II nel giorno in cui lo beatificava, rinnovando lo zelo per far conoscere il Vangelo  con la santità della vita, la testimonianza dell’esercizio delle virtù cristiane, lo spirito missionario.

La fede è inseparabile dall’amore: la fede è la risposta del nostro amore all’amore di Dio.

Nel messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà il 21 ottobre, il Papa sottolinea che “la preoccupazione di evangelizzare non deve mai rimanere ai margini dell’attività ecclesiale e della vita personale del cristiano, ma va caratterizzata fortemente da una vita di fede, nella consapevolezza di essere destinatari e, al tempo stesso, missionari del Vangelo”.

Cosa hanno detto i Pontefici del Beato Paolo Manna?

Padre Giuseppe Buono: San Pio X gli mandò un autografo di congratulazioni alla lettura del suo primo libro sulla vocazione missionaria: Operarii autem pauci nel 1910. Benedetto XV gli affidò la direzione del primo Seminario Missionario per l’Italia Meridionale a Ducenta (Caserta) con breve apostolico del 7 novembre 1921 lodando il suo zelo missionario. Ancora Benedetto XV nella prima enciclica missionaria Maximum Illud del 1919 raccomanda a tutta la Chiesa l’Unione Missionaria del Clero fondata dal Padre Manna. Pio XII volle manifestargli il suo apprezzamento per quanto aveva fatto al Segretariato Internazionale dell’Unione Missionaria del Clero con una lettera autografa nella quale, ringraziandolo per il tanto bene fatto alla causa missionaria, definiva l’Unione Missionaria del Clero “la gemma della tua vita sacerdotale”.

Paolo VI ha detto: “Non possiamo fare a meno di rivolgere il nostro pensiero, memore e grato, a quelle figure di apostoli che gettarono i primi fondamenti di questo sodalizio, principalmente al Padre Paolo Manna, Fondatore dell’Unione, il cui nome merita di essere scolpito a caratteri d’oro negli annali delle missioni…Quest’uomo di Dio, non senza ispirazione dall’alto, ebbe la magnanima idea di stimolare l’interessamento di tutti i sacerdoti a favore delle missioni, e per loro mezzo di infondere nel popolo cristiano un’autentica coscienza missionaria” (Paolo VI nel 1966 in occasione del cinquantesimo di fondazione della Pontificia Unione Missionaria nella lettera apostolica Graves et  Increscentes).

Nel giorno della beatificazione Giovanni Paolo II ha scritto: “Nel Padre Paolo Manna noi scorgiamo uno speciale riflesso della gloria di Dio. Egli spese l’intera esistenza per la causa missionaria. In tutte le pagine dei suoi scritti emerge viva la persona di Gesù, centro della vita e ragion d’essere della missione. In una delle sue lettere ai missionari egli afferma: “Il missionario di fatto non è niente se non impersona Gesù Cristo… Solo il missionario che copia fedelmente Gesù Cristo in sé stesso può riprodurre l’immagine nelle anime degli altri”. In realtà non c’è missione senza santità, come ho ribadito nell’enciclica Redemptoris Missio: “La spiritualità missionaria della Chiesa è un cammino verso la santità. Occorre suscitare un nuovo ardore di santità fra i missionari e in tutta la comunità cristiana” (Giovanni Paolo II nella proclamazione a beato  del Padre Paolo Manna, Piazza san Pietro, 4 novembre 2001).

Puoi indicarci qualche riflessione del beato Paolo Manna?

Padre Giuseppe Buono: Sui Missionari il beato ha scritto: “Le circostante tra cui si svolge la vita di questi nostri missionari richiedono una forza spirituale, una virtù, un amore della croce affatto straordinari. Senza esitazione, spesso con gioia, con entusiasmo, sempre tranquillamente, non una volta sola ma quanto dura la loro vita, essi vanno incontro a tutti i doveri della loro vita apostolica, nulla stimando le fatiche, i pericoli, le privazioni, le ripugnanze della natura, le malattie, le ingratitudini, gli insuccessi apparenti e le persecuzioni. Tutto questo i nostri missionari lo fanno semplicemente, naturalmente, senza speranza di ricompensa terrena, lontani dall’occhio dei superiori e spesso perseguitati e non compresi dagli stessi beneficati. Perché fanno tutto questo? Non c’è che una sola risposta: per amore di Gesù, per diffonderne il nome ed il Regno, per salvargli le anime che gli sono costate tutto il suo sangue… (Paolo Manna, Virtù Apostoliche, pagg. 334-335).

In merito alla santità per la missione, padre Manna ha suggerito: “Se uno di noi dicesse di non essere, di non sentirsi obbligato ad un alto grado di perfezione o di carità, costui non darebbe e non si darebbe tutto e perciò stesso non sarebbe missionario.

Il missionario degno di questo nome crede nella carità di Dio per sé e per le proprie anime, donde il suo zelo perché il nome di Dio sia santificato, perché venga il suo Regno e la divina volontà sia fatta su tutta la terra: egli sa che è per la realizzazione di questo piano che le anime sono salve.

Come ci può essere posto nell’anima di questo missionario per la tiepidezza, per la grettezza, per la riserva, per le mezze misure? Al contrario il missionario che sente la sua vocazione vive sempre una vita di accesa carità di Dio e quindi di alta perfezione”.

Circa il ruolo di Maria nella missione della Chiesa, il beato ha affermato: “Voi partite e lasciate qui le vostre famiglie; lasciate, molti di voi, un’amatissima madre, un padre, dei fratelli, delle sorelle. Troverete sì, nelle missioni chi terrà per voi il posto del padre, dei fratelli, delle sorelle, ma la madre nelle missioni non c’è; la madre non è sostituibile. Perciò vedete con quanto ardore dovete fin da questo momento rivolgervi alla SS. Vergine e mettere sotto la sua materna protezione la nuova vita in cui state per entrare… E non dubitate della efficacissima, potentissima assistenza di questa divina Madre su di voi…Siate devotissimi della Madonna e dalla sua protezione avrete un aiuto quasi infinito… Dopo Gesù tutto il nostro affetto, devozione, confidenza debbono andare a Maria” (Virtù Apostoliche, pag. 47).

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ZENIT Staff

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