Serra San Bruno: silenzi, fede e leggende

Visita ad uno dei luoghi più suggestivi della Calabria, che dal lontano 1091 ospita una comunità monastica certosina

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di Francesca Pica

ROMA, sabato, 27 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Vi è un luogo nel cuore delle Serre calabresi dove sembra di ritrovarsi di colpo nel passato, un salto indietro di mille anni nel cuore del Medioevo. È Serra San Bruno, comune della provincia di Vibo Valentia, uno dei luoghi più forti e suggestivi della Calabria, la cui storia è strettamente legata a quella della sua splendida e quasi inaccessibile Certosa. Fondata nel 1091 da Bruno di Colonia, esponente di una famiglia aristocratica tedesca, che, affascinato dalla vita contemplativa, si mise in cammino per la Calabria dopo aver creato, in Francia, l’ Ordine dei Certosini. Bruno, come ebbe a dire papa Benedetto XVI nella sua visita dell’ottobre 2011, «venne in questa terra nove secoli fa, e ha lasciato un segno profondo con la forza della sua fede».

La Certosa, sottoposta a un severissimo regolamento monastico, si è imposta nei secoli come uno dei più importanti centri spirituali del Mezzogiorno d’Italia, nonostante la regola di San Bruno non consentisse trasgressioni alla clausura e il portone del monastero è rimasto sigillato nel tempo. Tuttavia l’astuzia certosina ha aggirato il divieto allestendo un dettagliatissimo museo nel maggio del ’94, dove si possono trovare tutte le informazioni possibili sulla storia della Certosa e dell’Ordine, sui tanti santi che vi sono passati, sulla vita quotidiana dei monaci, che vivono di silenzio, preghiera, meditazione e penitenza.

Oltre la millenaria storia della Certosa ve ne è anche un’altra che vale la pena raccontare, quella dei misteri, o meglio, come il giornalista Enzo Romeo rileva con precisione in un suo saggio,la storia degli equivoci.

Da oltre 40 anni circola una leggenda: nella Certosa si sarebbe rinchiuso uno dei piloti dell’Enola Gay, l’aereo che sganciò la bomba atomica nel 1945 su Hiroshima. In realtà tutto nasce nel luglio 1962, quando il telegiornale Rai diretto da Enzo Biagi mandò in onda un servizio in cui si raccontava di un frate certosino dell’Illinois, padre Anthony già sergente maggiore dell’esercito americano e reduce della Corea. Leroy, messo a dura prova dall’esperienza bellica, era stato trasferito in Giappone e qui aveva visitato Hiroshima. Profondamente scosso dall’esperienza prese la decisione di entrare in convento. Da qui la leggenda, che trasformò il soldato in uno dei piloti del bombardiere.

Ma le leggende continuarono. Nel ’75 arrivò alla Certosa anche Leonardo Sciascia, immaginandovi di trovare addirittura Ettore Majorana, il grande fisico allievo di Enrico Fermi misteriosamente scomparso nel 1938 durante una traversata in mare. Sciascia trovò suggestiva l’idea di un luogo come la Certosa dove finivano per incontrarsi l’aviatore che aveva sganciato la prima bomba e lo scienziato che aveva contribuito alla fissione atomica. Entrambi pentiti, in cerca di pace e redenzione.

Poi scompare misteriosamente l’economista Federico Caffè. Anche in questo caso l’immaginazione portò a vedere l’inquieto professore passare dalla prestigiosa cattedra universitaria al chiuso di una cella.

L’ultima leggenda è stata quella relativa a Emanuel Milingo, il vescovo africano allontanato dal Vaticano dopo aver sposato una donna coreana. Se ne perdono le tracce. In molti lo cercarono ripetutamente a San Bruno, e a nulla valsero le smentite del priore. Quando un personaggio illustre o chiacchierato svanisce nel nulla, la Certosa viene sistematicamente chiamata in causa come la metafora ideale del luogo più profondo e luminoso dove è possibile ritrovare se stessi. Anche in questo è il fascino della Certosa, così difficile da raggiungere ma pronta ad accogliere e proteggere con le sue alte mura e i suoi silenzi solitari le anime in affanno.

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ZENIT Staff

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