"Riscoprire la gioia di credere"

Intervista con il professor Antonio Aranda Lomeña, esperto nel Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione

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di Nieves San Martín

NAVARRA, mercoledì, 10 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Uno degli esperti nominati da Benedetto XVI per assistere al Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, in corso a Roma dal 7 al 28 di ottobre, è il professor Antonio Aranda Lomeña, dell’Università di Navarra, in Spagna. Specialista in Teologia dogmatica, ha approfondito soprattutto la teologia trinitaria, la cristologia e l’antropologia teologica.

In un’intervista esclusiva con ZENIT, il professor Antonio Aranda Lomeña spiega in che cosa consiste il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, perché è stato convocato e perché serve una pastorale di “auto-evangelizzazione” nelle zone scristianizzate, diventate ormai “territorio di missione”.

Inoltre spiega qual è il ruolo di un esperto al Sinodo e quali frutti si attende dall’evento convocato da Papa Benedetto XVI. Uno di quelli – come ha scritto lo stesso Pontefice nella sua Lettera apostolica Porta Fidei  – è “Riscoprire la gioia di credere”.

Nato nel 1942 a Córdoba, Antonio Aranda Lomeña è sacerdote della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, laureato in Matematica e dottore in Teologia. E’ professore ordinario di Teologia Dogmatica e anche membro corrispondente della Real Academia de Doctores del Consiglio direttivo della Società  Mariologica Spagnola. Inoltre è stato decano della Facoltà di Teologia della  Pontificia Università della Santa Croce a Roma e direttore delle riviste Scripta Theologica e Annales Theologici.

Ha scritto numerosi articoli, in cui ha analizzato in particolare il magistero di papa Giovanni Paolo II e il pensiero di san Josemaría Escrivá. Presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra tiene attualmente i corsi “Teologia della santità”, “Teologia della ‘imago Dei’” e “Il trattato sulla Trinità nella teologia cattolica contemporanea”.

Perché si parla tanto di una “nuova evangelizzazione”? Cosa si intende con questa espressione?

Prof. Aranda Lomeña: E’ una domanda importante. Dopo venti secoli di annuncio ininterrotto del Vangelo e di intenso protagonismo del cristianesimo in tutto il mondo, è stata sollevata nella Chiesa la necessità di effettuare una ‘nuova evangelizzazione’, i cui primi destinatari sono i cittadini e le società di alcuni Paesi occidentali con antiche radici cristiane. Chiese particolari, che sono state per secoli efficaci portatrici del messaggio del Vangelo in tutto il mondo, si sono trasformate oggi in “zona di missione” a causa del cresciuto livello di scristianizzazione, nel quale si svolge l’esistenza di molti dei battezzati. Da evangelizzatori siamo, in certo senso, diventati altamente deficitari di evangelizzazione e siamo costretti in realtà a promuovere una pastorale di “auto-evangelizzazione”.

Come ha scritto Benedetto XVI: “Con lungimiranza il Servo di Dio Paolo VI osservava che l’impegno dell’evangelizzazione “si dimostra ugualmente sempre più necessario, a causa delle situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni, per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall’insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 52). E, con il pensiero rivolto ai lontani dalla fede, aggiungeva che l’azione evangelizzatrice della Chiesa “deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo” (Ibid., n. 56). Il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II fece di questo impegnativo compito uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di “nuova evangelizzazione”, che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione. Un compito che, se riguarda direttamente il suo modo di relazionarsi verso l’esterno, presuppone però, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice” (Lettera apostolica Ubicumque et semper).

Come ha segnalato Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, n. 34, e in modo simile in molti altri passi del suo magistero: “Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo. (…) Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà. Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni”.

In questo senso, Benedetto XVI, facendosi carico della preoccupazione dei suoi venerati predecessori, ha segnalato: “Ritengo opportuno offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi” (Lettera apostolica Ubicumque et semper).

Cioè, la nuova evangelizzazione è oggi necessaria non solo perché, dopo due mille anni, gran parte della famiglia umana ancora non conosce Cristo, ma anche perché la situazione in cui si trovano la Chiesa e il mondo pone particolari sfide alla fede religiosa e alle verità morali che ne derivano. Dal momento che bisogna costruire dappertutto il tessuto cristiano della società, urge anche rinnovarlo dove è necessario invitare i battezzati a riscoprire il contenuto e il significato della loro propria identità come persone cristiane e come Chiesa.  

Lei assiste come esperto al Sinodo. Qual è il suo compito fondamentale rispetto a quello dei Padri sinodali e gli uditori?

Prof. Aranda Lomeña: Gli esperti hanno la funzione di assistere il segretario speciale del Sinodo in quei compiti che, in base alle loro conoscenze e formazione, saranno loro richiesti.

Qualcuno ha espresso scetticismo davanti a questo tipo di eventi a Roma, promuovendo invece l’idea id sinodi continentali. Che ne pensa?

Prof. Aranda Lomeña: Veramente, non saprei che dire rispetto a tale scetticismo, che mi sembra infondato. Il Sinodo, che è un organo consultivo al servizio del ministero universale del Romano Pontífice, è convocato dal Papa e, logicamente, riunito opportunamente insieme a lui a Roma. In un documento di pubblico dominio, come il Regolamento del Sinodo dei Vescovi, se indica con precisione la tipologia delle assemblee sinodali (cfr. cap. III, art. 4), distinguendo – in poche parole – tra assemblee generali ordinarie (o straordinarie), “se la materia da trattare, per sua natura o per importanza, quanto al bene della Chiesa universale, sembra richiedere la dottrina, la prudenza e il parere dell’intero Episcopato cattolico”, o assemblee speciali, “se la materia di grande importanza riguarda il bene della Chiesa, riferito ad una o più regioni particolari”. Non di rado, dopo una assemblea speciale del Sinodo, il Santo Padre stesso si reca nella rispettiva regione per consegnare la sua Esortazione Apostolica postsinodale.

Quali frutti
si attende da questa convocazione di Benedetto XVI?

Prof. Aranda Lomeña: Qualcosa ho già segnalato a tal proposito nella risposta alla prima domanda, ma posso aggiungere qualcosa. Una delle grandi sfide che affronta oggi il compito evangelizzatore della Chiesa consiste nel ravvivare nei fedeli cristiani il senso della loro vocazione battesimale, cioè, la sfida di formarli bene e propagare tra di loro la chiamata alla santità e all’apostolato. “Oggi è necessario – ha scritto Benedicto XVI – un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede” (Lettera apostolica Porta Fidei, n. 7). Questo è un punto importante, su cui fissare l’attenzione, assieme con altri di carattere teologico e pastorale.  La convocazione dell’attuale Sinodo è un segno eloquente che siamo al momento giusto per approfondire, in modo ordinato e sistematico, con l’aiuto dello Spirito Santo, il senso, le condizioni, le tappe e i modi di procedere di fronte alla nuova evangelizzazione.

Può raccontarci qualcosa sulla sua attività di ricerca nel vasto campo della teologia?

Prof. Aranda Lomeña: Ho dedicato molti anni lavorando principalmente nel campo della teologia dogmatica, prestando un’attenzione speciale alla riflessione trinitaria, alla cristologia e all’antropologia teologica. Negli ultimi anni, per ragioni varie, sia come docente che come direzione di lavori di ricerca, mi sto occupando anche della teologia dell’identità cristiana, e in relazione con questa e sempre a partire dai fondamenti dogmatici segnalati in precedenza, di alcuni aspetti dell’azione evangelizzatrice della Chiesa.  

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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