Quale futuro per il cristianesimo?

Intervento di mons. Bruguès, bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa, all’apertura dell’anno accademico dello Studio Teologico “San Paolo” di Catania

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di Giuseppe Adernò

CATANIA, venerdì, 26 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Rispondendo alla domanda: “Quale futuro per il cristianesimo?”,  S.E.R. Mons. Jean-Louis Bruguès, bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa, ha tenuto una lectio magistralis presso l’aula magna del Rettorato dell’Università di Catania, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dello Studio Teologico “S. Paolo” della diocesi di Catania.

Alla presenza dell’Arcivescovo di Catania, Mons Salvatore Gristina, del preside dello Studio teologico Mons. Gaetano Zito, la prof.ssa Maria Barbanti, ordinario di Storia della filosofia antica, ha portato i saluti del Rettore, Prof. Antonino Recca, ed ha coordinato l’incontro. 

Agli interrogativi che scaturiscono dalla crisi della domanda e dell’offerta di una fede convincente e coinvolgente, Mons. Bruguès, che è stato anche Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha risposto analizzando la complessa tematica e, partendo da dati statistici, ha sottolineato la riduzione della frequenza domenicale dei cattolici in Chiesa dal 90% al 10%, come pure il calo dei battesimi, dei matrimoni e poi ancora delle vocazioni religiose, delle scuole e delle Università cattoliche.La domanda sul futuro del cristianesimo, che non è una profezia, trova risposta nell’accurata analisi  storica e culturale del nostro tempo. All’anticristianesimo e anticattolicesimo che si diffonde sempre più, effetto e conseguenza della tanto decantata “modernità”, che ha segnato il declino del cristianesimo nel mondo, l’Arcivescovo relatore ha contrapposto il “sogno” del primo ministro inglese Tony Blair, il quale, dopo la sua conversione al cattolicesimo, in coincidenza con la conclusione del suo mandato politico, ha testimoniato un modo nuovo di far politica alla luce della fede.

Il riferimento ai valori, al dialogo interculturale ed interreligioso tra i popoli e tra le comunità religiose e laiche del mondo contemporaneo, oggi non è soltanto un sogno, ma comincia a dare i suoi frutti e la Tony Blair Foundation che si diffonde sempre più nel mondo canalizza gli interventi educativi e sociali verso un costruttivo “dialogo” detto appunto “Face to Faith” che si  apre a nuovi orizzonti, mediante segni di luminosa speranza. Le originali videoconferenze che mettono in dialogo ragazzi di diverse parti del mondo e discutono di religione è una segno innovativo ed un vera opportunità di crescita culturale.  

La fede, che non è solo un “reliquia della storia”, interagendo con la politica costruisce un vero dialogo di incontri, di cooperazione e di convergenze verso il traguardo di un “modernità che si manifesta in parte nel privato e nella sfera soggettiva ed in parte assuma anche dimensione pubblica proiettando la religione verso spazi esterni di presenza sociale nel mondo.

La modernità della fede ha percorso un lungo cammino che ha segnato diverse tappe della storia; dal “processo” a Dio, considerato come la causa dei mali del mondo, del XVIII secolo , si è giunti nell’800 alla dichiarata “morte” di Dio con il correlato rifiuto della dimensione spirituale, pervenendo nel ‘900, secolo dello sviluppo innovativo nella  scienza e nella tecnologia ad una supremazia dell’uomo, quasi un “demiurgo” capace di governare il mondo.

Da tutto ciò è scaturita e si è consolidata la secolarizzazione che ha indirizzato la fede verso una  dimensione privatistica, soggettiva e individualistica, togliendo spazio alla religione, limitandone le manifestazioni ed i segni esteriori, come avviene in tanti Paesi europei

Jürgen Habermas, storico e sociologo tedesco della Scuola di Francoforte, recependo la caratteristica di “partecipazione” nei movimenti del cosiddetto ’68, ha proposto i lineamenti fondamentali di una teoria discorsiva della morale e della politica e, adottando il modello di un agire comunicativo, ha presentato una lettura innovativa al fenomeno della secolarizzazione, sostenendo un risveglio della religione che si indirizza sempre più verso una “vocazione pubblica”. Il fenomeno della secolarizzazione viene così  “rivisitato” e proiettato verso un  maggiore “prestigio sociale” come avviene in Russia, oppure oggetto di contrapposizione come in Turchia, in India e nel Giappone.

Nei confronti della religione, commenta il Relatore, che nel suo motto vescovile ha scritto “Gloria tua, sapientia mea”, prevalgono in modo alternato, ora atteggiamenti di conciliazione e di formali accordi, ora forti segni di contraddizione e  di contrapposizione che, indirizzando la fede nella sfera privatistica e personale, assegnano alla religione alcuni spazi pubblici di presenza, in parte retaggio della tradizione popolare.

Nella storia recente della Chiesa, dopo il Concilio, alla secolarizzazione che ha fatto il suo corso, invadendo ampi spazi della vita sociale e di relazione, ed anche ampi settori della tradizione cattolica, dopo la stagione delle contestazioni e delle leggi che di fatto hanno mortificato i valori cristiani, corrodendo alla radice la famiglia ed il valore della vita, ha preso corpo il relativismo religioso alternato a momenti di manifestazioni di massa, che farebbero ben sperare per un vero risveglio della religiosità e della prativa cristiana.

Le indicazioni del magistero di Benedetto XVI, ha concluso Mons. Bruguès, mettono in relazione la “fides et ratio” alimentando la libertà individuale nella scelta personale e potenziando la ragione capace anche di testimonianza dei valori.

L’interrogativo circa il futuro del cristianesimo non diventa così un presagio di buio e di incertezza, bensì traccia un cammino di speranza e di positività che accompagna l’uomo di oggi, fragile e debole, quasi “pellegrino di eternità”, verso la scoperta della sua identità e quindi alla tensione verso alte mete ed elevati traguardi, carichi di futuro, di eternità e di Assoluto.

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ZENIT Staff

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