"Oltre il confine dell'informale"

Esposizione ad Aqui Terme (AL) delle opere di Piero Ruggeri, Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino

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di Giuseppe Brienza

ROMA, sabato, 1 settembre 2012 (ZENIT.org).- Lo straordinario sviluppo economico del dopoguerra italiano è stato anche frutto della crescita nazionale del mercato dell’arte e, in questo senso, un importante contributo al volume degli affari e alla promozione delle nuove tendenze artistiche nel nostro Paese è stato fornito da alcune gallerie private.

Promossa dal consigliere delegato alla Cultura del Comune di Acqui Terme (Alessandria), prof. Carlo Sburlati, si è appena conclusa, presso il Palazzo Liceo Saracco del comune piemontese, la 41° edizione della Mostra Antologica “Ruggeri, Saroni, Soffiantino, oltre il confine dell’informale” (28 luglio-fino al 28 agosto 2012).

Si è trattato di una iniziativa volta a rendere omaggio ai tre citati protagonisti dell’arte italiana, i torinesi Piero Ruggeri, Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino, affermatisi alla fine degli anni Cinquanta proprio grazie all’intervento delle quattro più importanti e storiche gallerie private del tempo, “La Loggia” di Bologna, “Il Milione” di Milano, “La Bussola” di Torino e “L’Attico” di Roma che, a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, fra il 1958 ed il 1959 realizzarono nei propri spazi altrettante mostre con lo stesso titolo ripreso oggi dal Comune di Aqui Terme.

La Galleria romana “L’Attico”, fondata nel novembre 1957 nella centrale Piazza di Spagna da Bruno Sargentini, allora quarantasettenne, tenne come una delle prime esposizioni collettive proprio quella dedicata ai tre artisti torinesi, organizzata con notevole afflusso di visitatori dal 21 marzo al 3 aprile del 1959 ed un catalogo che riportava articolati commenti del critico Nello Ponente.

Le iniziative delle quattro gallerie contribuirono a quella tendenza che, negli anni 1950, vide la reazione dell’emozione sulla costruzione, della tensione sulla schematizzazione con un linguaggio nuovo, impulsivo che metteva al centro l’espressività del singolo individuo nei confronti del gruppo o delle regole, in una esaltazione non tanto dell’ “informe” quanto del “non formale”. Si trattava, quindi, di reagire anche contro quel collettivismo accettato da buona parte degli artisti occidentali benché, nei Paesi d’Oltre cortina, avesse divorato ogni tipo di libertà personale e d’espressione.

Fu la fine degli anni 1950, ad esempio, che vide l’acuirsi della crisi esistenziale e politica di un artista anch’esso oggi riscoperto come il romano Renzo Vespignani, sul quale è in corso, nella storica Villa Torlonia di Roma, sino a metà novembre, una mostra di numerose sue opere pittoriche (cfr. I quadri di Renzo Vespignani. Sino al 18 novembre, le opere dell’artista romano saranno esposte nella Villa Torlonia di Roma, Zenit, 14 luglio 2012). Si trattò di una “crisi di crescita” umana ed intellettuale che lo portò a uscire nel 1958 dal PCI e, poco dopo, nel cessare l’esperienza della rivista d’arte marxista “Città Aperta”. In quegli anni Vespignani iniziò infatti a viaggiare frequentemente nei Paesi appartenenti all’Europa libera (soprattutto nella Germania occidentale) ritrovando alcuni legami con gli schemi pittorici dei suoi inizi espressionisti.

In questo humus storico culturale affondano appunto le radici i tre artisti torinesi che, come sottolinea Roberto Pasini nel suo volume “L’Informale. Stati Uniti-Europa-Italia”, spiccano nel rinnovamento dell’arte italiana della seconda metà dello scorso secolo, Piero Ruggeri per “il suo informale scabro, accentuatamente espressionista (l’esempio di Spazzapan docet)Sergio Saroni, che ha in de Kooning il principale punto diriferimento, e Giacomo Soffiantino, dal segno dinamico e incisivo”.

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ZENIT Staff

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