Non sposate le mie figlie!

Questa comedia del regista francese Philippe de Chauveron esalta il valore della famiglia e la pacifica convivenza fra popoli e razze diverse. Ma questo nobile obiettivo viene realizzato a scapito della propria identità religiosa

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Claude e Marie Verneuil, sono benestanti che vivono in una sontuosa villa nella provincia francese. Lei è cattolica, lui si definisce gaullista e hanno finito per accettare come generi, loro malgrado, un ebreo, un arabo e un cinese. I rapporti con i generi non sono sempre facili ma nutrono grandi speranze nei confronti della quarta figlia, che ha detto loro di avere un fidanzato cattolico. Peccato che la figlia ancora non ha avuto in coraggio di rivelare loro che si tratta di un ragazzo di origine africana…

Volendo generalizzare un poco, si può dire che la commedia francese punta spesso su due componenti chiave: ambientazione borghese medio-alta e sviluppo di una dimostrazione per assurdo.

L’ambientazione borghese consente di portare in scena dialoghi arguti, spesso colti e comportamenti che restano nei limiti della politesse. Il procedimento per assurdo ha invece lo scopo di partire da un “cosa succederebbe se ..” per arrivare a dimostrare che le nostre precomprensioni sono spesso sbagliate.

In L’apparenza inganna, il protagonista che sta per perdere il lavoro, si finge omosessuale perché per un’azienda licenziare un gay non sarebbe politically correct: in un gioco di specchi, ciò che può sembrare normale diventa anormle. Ne Il mio migliore amico, un affermato antiquario deve vincere la sua, per lui facile, scommessa di  dimostrare di avere almeno un amico: la sua ricerca spasmodica gli farà capire cosa sia la vera amicizia. Ne la Cena dei cretini un gruppo di professionisti si diverte a riunirsi periodicamente a cena invitando delle persone che loro ritengono essere dei perfetti cretini. Ovviamente alla fine si scoprirà chi sono i veri stupidi.

In questo Non sposate le mie figlie si parte dall’ipotesi paradossale di una coppia di coniugi che si trovano con quattro figlie sposate o fidanzate con il ventaglio più vasto possibile di etnie diverse: un arabo, un ebreo, un cinese e un africano. L’argomento è sicuramente attuale, non per i fatti dolorosi che hanno colpito la rivista satirica Charlie Hebdo (il film è uscito nelle sale francesi nel 2014) ma perché già ora in Francia le unioni miste hanno superato il  20% del totale dei matrimoni.

Il film è stato un successo di botteghino in Francia fin quasi ad arrivare a ridosso di Quasi amici e la formula in fondo è simile: affrontare un problema serio (il tema dell’handicap in Quasi Amici) stravolgendo la percezione usuale con cui si guarda il problema e arricchendo il  racconto con una buona dose di comicità frizzante e non volgare. In questo confronto occorre però fare dei distinguo: mentre Quasi amici ha voluto trasmettere un messaggio molto bello (trattare un infermo non come un infermo ma per quello che è veramente: una persona umana con desideri e volontà, con cui chiacchierare e scherzare), in questo Non sposate le mie figlie il tema dell’integrazione razziale viene affrontato in modo molto particolare. Anche se i coniugi Verneuil (lei viene definita una cattocomunista, lui è un gaullista) sono molto perplessi sulle scelte delle loro figlie, non si possono lamentare: il genero arabo è un affermato avvocato; il cinese lavora in banca, l’ebreo è un imprenditore e l’africano un attore di teatro. Alla fine stiamo parlando di immigrazione selezionata, che mette subito da parte problemi più seri di integrazione e povertà. A rimuovere ogni dubbio i quattro giovani non esitano a cantare la Marsigliese davanti al suocero. Il messaggio è chiaro: saranno anche degli immigrati ma ora si considerano francesi a tutti gli effetti. Dove stanno allora le tensioni interrazziali? Il film prende in giro i più abusati clichè con cui vengono raffigurate le tradizioni dei paesi di origine. La circoncisione e il non mangiare maiale per ebrei e arabi, lo spirito commerciale e l’incapacità di sorridere dei cinesi. Il messaggio che il film vuole trasmettere emerge in modo lineare e prevedibile: al di sopra delle tradizioni di origine c’è l’amore coniugale e l’amicizia fra gli uomini (i tre generi riusciranno a fare affari insieme). Dispiace che in questo vogliamoci bene generale, nell’ambito delle tradizioni da porre in “secondo piano” venga inserita anche la religione. Non si tratta di tolleranza e di rispetto reciproco per il credo altrui ma solo di partecipare a belle coreografie in occasione di eventi particolari.

Per la cerimonia della circoncisione del loro nipote, il signor Verneuil non esita a indossare il Kippah; per la notte di Natale anche l’ebreo, il musulmano e il cinese partecipano alla messa di mezzanotte perché è una bella tradizione.  In linea con lo spirito goliardico del film non manca la presenza di un sacerdote un po’ giocherellone, che mentre confessa i fedeli procede, non visto, a fare teleacquisti con il suo tablet. Il film coglie anche alcuni sentimenti profondi. La quarta figlia, comprendendo che i genitori stanno per divorziare a causa del suo fidanzato di origine africana, ritiene giusto annullare la cerimonia nuziale: non si può costruire la propria felicità a scapito di quella degli altri. Altri momenti molto belli sono quelli che descrivono la forte intesa fra le sorelle: tutte si “fanno in quattro” per aiutarsi a vicenda. Il film riesce comunque a lasciare allo spettatore una bellissima immagine della famiglia..

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Titolo Originale: Qu’est-ce qu’on a fait au Bon Dieu?
Paese: FRANCIA
Anno: 2014
Regia: Philippe de Chauveron
Sceneggiatura: Philippe de Chauveron, Guy Laurent
Produzione: LES FILMS DU 24, TF1 DROITS AUDIOVISUELS, TF1 FILMS P
Durata: 97
Interpreti: Christian Clavier, Chantal Lauby, Frédérique Bel, Julia Piaton,Émilie Caen, Elodie Fontan

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it

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Franco Olearo

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