Nome dolcissimo, nome d'amore

Una memoria mariana, tanto cara alla devozione

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ROMA, giovedì, 13 settembre 2012 (ZENIT.org).- Nel prefazio della messa in onore del “Santo Nome di Maria”, del 12 settembre, la Chiesa ha celebrato anzitutto il nome di Cristo, nel quale “è tutta la nostra salvezza: davanti a lui si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e sotto terra”. Il testo aggiunge, rivolgendosi al Padre: “nella tua Provvidenza hai voluto che risuoni sulla bocca dei fedeli anche il nome di Maria; il popolo cristiano guarda a lei come fulgida stella, la invoca come Madre e nei pericoli ricorre a lei come a sicuro rifugio”.

In queste brevi parole risuona l’ eco di evidenti riferimenti scritturistici –relativi soprattutto all’Inno di Filippesi 2- e si riverbera il riflesso di una viva tradizione, di Fede e di devozione, che ha collocato il nome di Maria al centro stesso della vita cristiana. San Bernardo, nei suoi Discorsi (II,17), invita a guardare la stella, a invocare Maria: “nei pericoli, nelle angustie, nel dubbio: pensa a Maria, chiama Maria!”. Il suddetto prefazio riprende questo tema, caro all’insigne Dottore, e risale all’antica invocazione, databile –nell’originale copto- al sec. III e poi dall’Egitto diffusa in tutta la Chiesa: Sub tuum praesidium confugimus… Non a caso, anche a Fatima, nel giugno del 1917, la Madonna si collocò nell’alveo di questa ininterrotta tradizione, promettendo a Lucia che sarebbe stata per lei “rifugio” e “via”, per condurla al Cielo.

Fin dai primi tempi, il Popolo di Dio si è rivolto fiducioso alla Vergine Maria, confidando nel suo aiuto, affidandole le proprie pene, sentendola vicina nelle difficoltà, porto sicuro tra le prove della vita. Il nome santo della Madre di Dio ha sempre accompagnato il cammino dei credenti, quale faro di luce e di speranza, nelle tenebre che spesso avvolgono il mondo e la coscienza dell’uomo.

La consuetudine biblica assegna normalmente al nome un valore specifico, sacrale, che indica la personalità, le caratteristiche proprie di qualcuno o che si riferisce a un fatto accaduto, quasi sempre segno della divina predilezione o di una speciale “epifania”, di una manifestazione della divinità.

Le diverse interpretazioni, via via proposte fin dai tempi remoti, del nome “Maria” –fondate su probabili etimologie o frutto della ingenua pietà popolare- ci aiutano a comprendere in quali prospettive Ella sia stata considerata e venerata, nel quadro della spiritualità cristiana.

Qualche esempio: il nome Maria è inteso, a volte, come Signora, compartecipe della signoria di Cristo; illuminatrice e dunque “Luce”, preludio e riflesso vivo della vera luce, Gesù; amarezza e dolore, a significare la sua partecipazione al mistero della Passione del Figlio; “mária”, latinizzazione, certo approssimativa e rudimentale, ma “affettuosa”, del nome plurale “i mari”, che raccolgono le acque -la Grazia- e la ridistribuiscono in mille rivoli alle anime.

Accenniamo appena a due testi significativi, tra i tanti, della Tradizione. Parlando della Annunciazione, avvenuta nel “sesto mese” (considerato per la Vergine “il primo” mese: cfr. Es. 12,2: questo sarà per voi il primo dei mesi… ) Gregorio Taumaturgo (sec. III), nella Homilia II In Annuntiatione sanctae Virginis Mariae (PG 10 1164 D), afferma che quel nome le si addiceva perfettamente: “Maria significa infatti “illuminazione” e che cosa vi è di più luminoso della verginità?… Se è un bene tanto grande, possedere un cuore vergine, quale gloria sarà, per Maria, avere custodito la verginità nella carne e nell’anima? Pur essendo nella carne, Maria aveva ottenuto il privilegio di una incorruttibile condizione”.

Epifanio, vescovo di Cipro (sec. IV), nella V Homilia “In laudes Sanctae Mariae Deiparae” (PG 43, 488 ss) descrive la famiglia della Vergine – denominata “i tre”: Gioacchino, Anna e Maria- capace di offrire un degno sacrificio di lode “alla Trinità”, cioè ai Tre per eccellenza) Il nome Gioacchino (col. 488 C) viene interpretato come “praeparatio Domini” e il nome Anna (col. 488D) come “Grazia”, avendo ella ottenuto la grazia di generare la santa Vergine. Anna –prosegue Epifanio- diede alla luce Maria, venerata come cielo, tempio e trono. Il nome “Maria” è spiegato come “Signora”, ma anche “Speranza”: “Diede infatti alla luce il Signore, speranza di tutto il mondo, Cristo” (col 489A). Il vescovo di Cipro aggiunge un’altra possibile interpretazione, dicendo che Maria significa anche “goccia” o “stilla del mare” (da cui probabilmente derivò il titolo latino “stella maris”): Ella “stava per dare alla luce la perla immortale”, nel mare, cioè “nel mondo”. Mare viene detto il mondo, perché la Vergine donò “la quiete”, avendo generato “il porto”, Cristo.

Il beato nome di Maria viene interpretato da Epifanio anche come “illuminata”, perché Ella fu realmente illuminata dal Figlio di Dio e “illuminò coloro che credono alla Trinità fino ai confini del mondo”.

Ripetendo le parole dell’Angelo, nella recita dell’“Ave Maria” -specialmente nella meditazione dei misteri del Rosario- anche noi siamo innestati in questa straordinaria tradizione bimillenaria di autentica devozione mariana ed esprimiamo, così come possiamo, il nostro affetto e la nostra gratitudine alla Vergine, per la sua Fede e la sua Carità, rendendo gloria a Dio per i doni e i privilegi di cui l’ha adornata.

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ZENIT Staff

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