Le staminali del cordone ombelicale potrebbero curare l'artrosi

Sviluppi sull’utilizzo delle staminali del cordone ombelicale e biomateriali cartilaginei articolari molto simili alle strutture naturali

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di Paolo De Lillo

ROMA, domenica, 18 marzo 2012 (ZENIT.org).- Nel volgere di un breve spazio di tempo le sperimentazioni sulle staminali del cordone ombelicale si stanno moltiplicando esponenzialmente nel settore della terapia dell’ artrosi grave e nella chirurgia articolare, come, del resto, parallelamente negli studi ortopedici.

Questa strada terapeutica, pur risultando estremamente innovativa, in pochissimi anni ha portato a numerosi successi, promettenti per ulteriori sviluppi in futuro. Tra i più recenti quelli ottenuti dal

Dottor Liang Zhao del Department of Chemical & Petroleum Engineering, presso la University of Kansas, a Lawrence, nello Stato del Kansas (USA), e del Department of Spinal e Orthopaedic Surgery, nella Southern Medical University, presso lo Nanfang Hospital, a Guangzhou (Cina), e dal Dottor Michael S. Detamore del Department of Mechanical Engineering, sempre presso la University of Kansas, tra i massimi esperti di questo settore ed autori di numerose ricerche su staminali cordonali e ortopedia.

I loro risultati sono stati pubblicati nel Novembre 2010 sul Journal of Biomedical Science and Engineering ed hanno permesso di stabilire i materiali più adatti, per costruire con l’ ingegneria tissutale strutture di sostegno per le cellule, gli scaffolds, efficaci nella medicina rigenerativa delle articolazioni con le staminali cordonali. Hanno perfezionato le sperimentazioni iniziate negli anni precedenti giungendo ad avvalorare la superiorità degli impianti di acido poli-L-lattico (PLLA), in cui sono state fatte moltiplicare e differenziare le staminali del cordone ombelicale.

L’artrosi è una malattia degenerativa, caratterizzata da progressiva distruzione della cartilagine articolare, sclerosi ossea e irregolare proliferazione osteo-cartilaginea. E’ una delle patologia, in assoluto, più diffuse nel genere umano, se si pensa che circa il 50-60% della popolazione oltre i 60 anni mostri nelle radiografie le alterazioni tipiche dell’ artrosi e praticamente tutti gli individui, che abbiano superato i 75 anni d’ età, presentino segni clinici più o meno gravi della malattia.1 Tuttavia bisogna considerare che anche i giovani e le persone di mezza età colpiti sono centinaia di migliaia.

Solo in Italia i pazienti affetti da artrosi in modo persistente e grave sono quasi 4 milioni, producendo una spesa sanitaria per, addirittura, 6,5 miliardi di Euro ogni anno. Negli Stati Uniti i malati con forme serie sono 27 milioni,2 il 25% delle visite dei medici di famiglia ed il 50% delle prescrizioni di farmaci riguardano l’ artrosi;3 mentre il costo delle protesi totali per l’anca (50.000/anno) e per il ginocchio (100.000/anno) è valutato intorno ad 1,8 miliardi di dollari. Sempre in America le ospedalizzazioni per questa patologia sono passate da 322.000 nel 1993 a 735.000 nel 2006.4

Nelle articolazioni colpite si riscontra uno squilibrio tra i processi sintetici e demolitivi dei suoi numerosi componenti. Ma il condrocita rappresenta, in definitiva, il maggior responsabile del danno artrosico, poiché su esso convergono i messaggi e le risposte, che alla fine conducono al prevalere dei processi degradativi su quelli ricostruttivi della cartilagine.

Tra le innumerevoli cause i fattori di rischio più importanti sono il carico eccessivo sulle articolazioni, la scoliosi, traumi, microtraumi e sollecitazioni meccaniche, soprattutto negli sportivi ed in alcuni tipi di lavoro, l’obesità, al primo posto per l’ artrosi del ginocchio, per la quale hanno un ruolo rilevante malformazioni, asportazione del menisco e manipolazioni articolari,5 il diabete, le malattie congenite del connettivo, il fumo, nonché le lussazioni e sublussazioni dell’anca, l’insufficienza del circolo venoso degli arti inferiori ed elevati livelli di acidi urici, come nella gotta.6

Secondo gli scienziati della University of Kansas, per l’ uso efficace delle staminali cordonali in questa patologia, un ruolo centrale è svolto dai biomateriali degli scaffolds, che permettono impianti

cartilaginei articolari efficaci e molto simili alle strutture naturali, che vengono sostituite. Essi comprendono una varietà di gel naturali e biogel, composti da collagene, glucosaminoglicani, acido ialuronico, agarosio, alginato e gelatina, così come da numerosi materiali sintetici, utilizzati come matrici per la differenziazione delle cellule staminali, tra cui l’ acido poliglicolico (PGA), una delle più comuni sostanze impiegate di recente nell’ ingegneria tissutale delle cartilagini.7

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1) Nuovo Roversi – Diagnostica e Terapia – Ariete Salute Editore

2) “WHO Disease and injury country estimates”. World Health Organization. 2009. Retrieved Nov. 11, 2009.

3) Green GA (2001). “Understanding NSAIDs: from aspirin to COX-2”. Clin Cornerstone 3 (5): 50–60.

4) Hospitalizations for Osteoarthritis Rising Sharply Newswise, Retrieved on September 4, 2008.

5) Cause dell’artrosi – my-personaltrainer.it/artrosi-cause

6) Conoscere l’artrosi – ANMAR Associazione Nazionale Malati Reumatici ONLUS

7) Chang, C.H., Kuo, T.F., Lin, C.C., Chou, C.H., Chen, K.H., Lin, F.H. and Liu, H.C. (2006) – Tissue engineering-based cartilage repair with allogenous chondrocytes and gelatin-chondroitin-hyaluronan tri-copolymer scaffold, A porcine model assessed at 18, 24, and 36 weeks. – Biomaterials, 27, 1876-1888.

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ZENIT Staff

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