La reliquia di San Giovanni Paolo II esposta a Santiago de Cuba

Una città legata al ricordo di un viaggio apostolico che trova oggi il suo compimento storico

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Il percorso di venerazione della reliquia di San Giovanni Paolo II, che tiene viva in tutto il mondo la fama di santità del grande Pontefice, è approdato in una località densa di contenuto simbolico. Il 7 aprile 2015, infatti, il reliquiario in bronzo a forma di libro, contenente un’ampolla con il sangue di Wojtyla, è giunto presso l’Arcidiocesi di Santiago de Cuba per essere esposto alla devozione dei fedeli.

Il reliquiario è giunto nell’isola caraibica proveniente dalla città americana di Miami, sotto la custodia delle Serve del Cuore Trafitto di Gesù e Maria(l’istituto religioso fondato nel 1990 da Madre Adela Galindo), alle quali era stato affidato da mons. Slawomir Oder, il postulatore della Causa di beatificazione e canonizzazione di San Giovanni Paolo II, che cura i percorsi della reliquia nel mondo.

Il reliquiario è stato solennemente esposto nella cappella dell’arcivescovo mons. Dionisio Garcia che, durante l’omelia della Messa di celebrazione, ha spiegato il significato spirituale connesso al culto della reliquia e i motivi che suscitano la venerazione della gente. Mons. Garcia ha poi invitato i fedeli a rivolgere una preghiera a San Giovanni Paolo II affinché li aiuti a vivere la propria esistenza secondo un principio di santità, conquistando la capacità di vedere anche nella vita quotidiana l’impronta del cammino dello Spirito. L’arcivescovo ha quindi parlato del viaggio apostolico a Cuba di Papa Giovanni Paolo II, tenutosi nell’ormai lontano 1998.

Per capire l’emozione generata dalla presenza a Cuba della reliquia, è necessario ricordare le circostanze e i contenuti di quello storico evento. Karol Wojtyla fu il primo pontefice che si recò in visita ufficiale a Cuba. Il suo viaggio nell’isola caraibica, dal 21 al 26 gennaio 1998, rappresentò un evento epocale della fine del XX secolo. Dopo la calorosa accoglienza riservatagli dal popolo cubano, Wojtyla ebbe uno incontro con il presidente Fidel Castro a L’Avana. Il viaggio si concluse, infine, con una Messa nella Piazza della Rivoluzione “Josè Marti” alla quale parteciparono un milione di persone.

Durante quel celebre viaggio apostolico, Giovanni Paolo II ribadì il significato e il valore della Fede anche come fondamento etico della società. Ecco un estratto dall’omelia che pronunciò a Santiago de Cuba il 24 gennaio 1998: “La storia insegna che senza fede la virtù scompare, i valori morali si oscurano, la verità non risplende, la vita perde il suo significato trascendente, e anche il servizio alla nazione smette di essere animato dalle motivazioni più profonde. A tale riguardo, i laici cattolici hanno il dovere e il diritto di partecipare al dibattito pubblico con uguali opportunità e con un atteggiamento di dialogo e di riconciliazione. La Chiesa, immersa nella società, non ricerca alcuna forma di potere politico per compiere la sua missione, ma vuole essere germe fecondo di bene comune con la sua presenza nelle strutture sociali. Mira in primo luogo alla persona umana e alla comunità nella quale vive, sapendo che la sua prima via è l’uomo concreto con i suoi bisogni e con le sue aspirazioni. La Chiesa è chiamata a dare la sua testimonianza a Cristo assumendo posizioni coraggiose e profetiche di fronte alla corruzione del potere politico ed economico; non cercando essa stessa gloria e beni materiali; usando dei suoi beni per il servizio dei più poveri ed imitando la semplicità di vita di Cristo. Questo è un costante e permanente insegnamento del Magistero sociale, della così detta Dottrina Sociale della Chiesa”.

Prima della partenza da Cuba, il Papa ebbe parole di condanna per l’embargo operato dagli Stati Uniti nei confronti dell’isola: “Ai nostri giorni – dichiarò – nessuna nazione può vivere da sola. Il popolo cubano non può vedersi privato dei vincoli con gli altri popoli, che sono necessari per lo sviluppo sociale e culturale, soprattutto quando l’isolamento forzato si ripercuote in modo indiscriminato sulla popolazione, accrescendo le difficoltà dei più deboli, in aspetti fondamentali come l’alimentazione, la sanità e l’educazione”.

Fidel Castro (che, per l’occasione, aveva liberato più di cento detenuti e aveva ricevuto il Papa con tutti gli onori rinunciando, per la prima volta, ad indossare la divisa militare, sostituita da un più sobrio abito civile) rispose con queste parole: “Sono commosso dallo sforzo che Sua Santità fa per un mondo più giusto. Le nazioni scompariranno, i popoli arriveranno a costituire una sola famiglia umana. Se la globalizzazione della solidarietà si estendesse a tutta la Terra, e se gli abbondanti beni che l’uomo può produrre con la sua intelligenza e lavoro fossero distribuiti equamente tra tutti gli esseri umani che oggi abitano il pianeta, si potrebbe creare veramente un mondo per loro, senza fame né povertà, senza oppressione né sfruttamento, senza umiliazioni né offese, dove vivere con piena dignità morale e materiale, in vera libertà. Questo sarebbe un mondo più giusto!”.

A nessuno può sfuggire la singolare coincidenza, che per i cattolici assume il significato di una ulteriore conferma della presenza testimoniale e della santità di Wojtyla: nel 1998 Giovanni Paolo II lanciò il seme del disgelo e, diciassette dopo, la sua reliquia giunge nell’isola caraibica proprio nel momento in cui il disgelo prende forma concreta con la storica stretta di mano fra Obama e Raul Castro nell’incontro bilaterale di Panama.

Il pellegrinaggio della reliquia, che solo pochi giorni fa era in Guatemala, continua così il suo percorso attraverso le Americhe. Dopo Santiago de Cuba, dove sarà venerata anche nella Basilica Santuario di Nostra Signora della Carità (Virgen de la Caridad del Cobre), la reliquia verrà trasferita presso l’Arcidiocesi di Camaguey, terza città cubana per importanza dopo L’Avana e Santiago.

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Massimo Nardi

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