La Pastorale dei malati e sofferenti nell'Anno della Fede

Intervista a don Andrzej Kornacki, da 25 anni cappellano dell’ospedale di Blachownia nell’Arcidiocesi di Czestochowa

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di don Mariusz Frukacz e Jowita Kostrzewska

CZESTOCHOWA, mercoledì, 3 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Viviamo in un mondo dove tante persone soffrono, sia nello spirito che nel corpo. L’Anno della Fede potrà essere un’occasione privilegiata per puntare l’attenzione su tutti i malati e i sofferenti e per portare loro la carità e il lieto annuncio del Vangelo. Di questi argomenti ZENIT ne ha parlato con don Andrzej Kornacki, parroco della Chiesa di San Francesco d’Assisi in Blachownia, nell’arcidiocesi di Czestochowa, da 25 anni cappellano dell’ospedale della medesima città.

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Lei è da molti anni cappellano dell’ospedale. Cosa significa per lei e per la sua pastorale prestare il proprio servizio ai malati e sofferenti?

Don Andrzej Kornacki: Credo che sia importante dedicare la nostra attenzione e metterci tutti al servizio dei sofferenti e dei malati. Spero che l’Anno della Fedepossa essere un tempo di grazia per approfondire la cura spirituale dei pazienti dell’ospedale.

Queste persone, infatti, aspettano la nostra testimonianza e l’annunzio di un Vangelo di speranza. Nell’ospedale dove presto servizio, in questi 25 anni, ho potuto constatare come la gente malata, ricoverata, abbia bisogno non solo di medicine, ma anche di una cura spirituale e pastorale. Vogliono confessarsi e ricevere il Signore Gesù, per loro è  molto importante, perché è un modo per stare vicini a Dio e cercare la sua misericordia.

Visito regolarmente i malati ogni domenica. Tante volte faccio la visita anche durante la settimana, o su richiesta della famiglia che chiede di dare il sacramento dell’Unzione degli infermi o la Santa Comunione e Confessione. Da 25 anni, poi, celebro la Messa nella cappella dell’Ospedale, dove svolgo anche una particolare orazione per coloro che soffrono.

Cosa rappresenta per i malati la figura del sacerdote?

Don Andrzej Kornacki: I pazienti, quando ricevono i sacramenti, hanno una grande fiducia e credono che la grazia di Dio trasformi realmente il loro cuore. Oltre al valore della vita materiale necessitano ancora di più di quei valori spirituali che arricchiscono un uomo. Ovvero quei valori che vediamo in modo particolare nella vita dei Santi. Quando parlo con i miei malati ricordo, ad esempio, la beata Madre Teresa di Calcutta, che ha tradotto il suo amore per Dio nel servizio, appunto, ai sofferenti. Questo è di esempio per tutti noi per ricordarci che dobbiamo curare e aiutare chi soffre, soprattutto perché più della malattia soffre la solitudine. Capita spesso, infatti, che i familiari non abbiano il tempo di parlare con i malati e gli anziani, e di stargli vicini nei momenti difficili. Il prete, dunque, è colui che li ascolta, li accompagna, sta al loro fianco.

Nel suo ministero lei è a stretto contatto con la sofferenza umana. Come donare la speranza ad un paziente in cui non c’è speranza?

Don Andrzej Kornacki: Ricordo che un giorno il medico mi chiamò per dirmi di correre da un paziente di 85 anni che necessitava un intervento di chirurgia d’urgenza e non aveva dato però il suo consenso. Quando parlai poi con il paziente oltre a consolarlo gli dissi che non era solo, ma con Cristo. Questo lo incoraggiò molto, tanto che decise di sottoporsi all’intervento. Tre giorni dopo mi ringraziò per essere andato da lui consigliandolo a prendere questa difficile decisione. Ecco, penso che l’Anno della Fede sia anche questo: un tempo in cui dare speranza a tante persone. Nei tempi di oggi manca soprattutto la speranza, che è invece l’oggetto della ricerca di ogni uomo, in modo particolare se malato.

Ci sono pazienti in condizioni gravi, che però si sono allontanati da Dio e rifiutano di accettare i sacramenti. Come arrivare a queste persone?

Don Andrzej Kornacki: Sempre in ospedale, incontrai un uomo che aveva forse 50-60 anni. Lo visitai a lungo, ma non volle mai ricevere la confessione. Alla vigilia di Natale, durante la consueta visita a tutti i pazienti dell’ospedale, entrai nella sua stanza e lo trovai completamente solo. Era molto sorpreso e stupito che fossi andato a trovare anche lui, tanto che mi disse: “Ora, mi confesso.” Era segno di un cambiamento del cuore, oltre che della grazia di Dio.

Come può un sacerdote preparare la famiglia del paziente al difficile momento della sua morte?

Don Andrzej Kornacki: Io credo la famiglia in tale situazione debba essere sempre incoraggiata con la preghiera della Coroncina della Divina Misericordia. Io lo faccio sempre. Penso che in ogni situazione, la fede sia necessaria per vivere, ma anche per passare serenamente alla vita eterna. Per i pazienti e per  le famiglie è importante avere accanto sacerdoti che vogliano seminare il bene.

Ricordo ancora, una donna ricoverata in ospedale, che festeggiava i 50 anni del suo matrimonio. La prognosi della salute era decisamente negativa, tanto che il medico le aveva dato inizialmente poche ore di vita. Ogni mattina, per diversi giorni, mi diceva che questa donna non avrebbe visto la sera, e la sera che non sarebbe riuscita a vedere la mattina.

Questa signora voleva ricevere sempre la Santa Comunione. Ci fu un momento poi che sembrava aver riacquistato la salute e volle partecipare con il marito alla Messa per il suo anniversario nel Santuario di Jasna Góra. Dopo qualche giorno poi morì. In un secondo caso, ricordo che tra i miei parrocchiani, c’era un’altra donna anziana e molto malata che entrò in coma. La famiglia chiedeva per lei una Messa in modo che morisse serenamente. Io, di solito, in queste situazioni, prego con le parole: “Signore, sia fatta la Tua volontà”. Dopo un paio di giorni si scoprì che questa donna si svegliò e tornò in salute. Per diversi anni infatti volle dare questa bella testimonianza di fede e di speranza per la sua famiglia.

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ZENIT Staff

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