La malattia le fa scoprire il senso della vita

Malata di cancro, rifiuta il testamento biologico

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di Antonio Gaspari

RIMINI, mercoledì, 27 agosto 2008 (ZENIT.org).- Aveva già scritto il testamento biologico, ma appena ha scoperto di essere malata di cancro ha cambiato idea.

E’ la storia di Silvie Menard, francese, sposata con un italiano, oncologa, consulente del Centro di Oncologia sperimentale dell’Istituto Nazionale di Tumori di Milano e specializzata nello studio del cancro e dei nuovi farmaci per contrastarlo.

Ha raccontato la sua vicenda nel corso dell’incontro “Misurare il desiderio infinito? La qualità della vita”, svoltosi al Meeting di Rimini il 26 agosto.

Per anni, impegnata tra malati gravi, degenze e tumori, la Menard aveva espresso una posizione favorevole al testamento biologico. Poi un giorno ha scoperto che ad essere malata non era un suo paziente ma lei. La diagnosi è stata inclemente: un tumore al midollo osseo.

“Da allora la mia vita ha assunto un peso diverso – ha raccontato l’oncologa -. Da quando sono malata ho voglia di vivere ogni istante della mia vita, proprio perché mi accorgo che è unica”.

La Menard, ha raccontato che all’inizio era dubbiosa se farsi curare o no, esattamente il dubbio che assale ogni paziente.

Sapeva che era molto difficile guarire, ma “inguaribile è diverso da incurabile”, ha precisato.

La dottoressa si è sottoposta a cure molto tossiche, che per qualche tempo le hanno appannato anche la mente. Tuttavia, ha commentato, “anche facendo il trapianto di cuore ad un malato si rischia di ammazzarlo”.

In merito alle proposte di eutanasia e di testamento biologico, nel corso della conferenza stampa svolta in mattinata, la Menard aveva precisato che “tanti in Italia sono a favore dell’eutanasia per gli altri e non pensano alla fine della propria vita”.

“Io vi posso dire – ha aggiunto – che da sano uno non sa come reagirà in caso di malattia, per questo il testamento biologico scritto da una persona sana non ha senso”.

La Menard si è detta quindi “contraria all’eutanasia, perché il diritto alla morte in quel caso rischia di diventare un dovere”.

Nel corso dello stesso incontro, Giancarlo Cesana, professore di Igiene generale applicata all’Università degli Studi di Milano, ha spiegato che “la vita è un mistero, la sentiamo, la percepiamo ma non l’abbiamo creata, perché è una cosa infinita e quindi non misurabile”.

Nel corso della conferenza stampa mattutina, Cesana ha risposto ad una domanda sul caso di Eluana Englaro precisando che “il papà di Eluana non vuole l’eutanasia della figlia per motivi economici, ma perché la considera già morta”.

“Il vero rischio – ha aggiunto il professore di Igiene generale – , è che si rischia di impedire la carità, il che significherebbe la fine della medicina”.

Cesana ha concluso affermando che “la medicina è nata nel Medioevo, per fare quello che non succedeva in epoca classica: curare. A Napoli c’era l’ospedale degli inguaribili, perché la medicina è nata per curare. Se si impedisce questo, la medicina è finita”.

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ZENIT Staff

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