I monumenti cristiani nella Cipro occupata dai Turchi

Al Meeting di Rimini, una mostra fotografica ne testimonia la devastazione

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di Mirko Testa

RIMINI, giovedì, 28 agosto 2008 (ZENIT.org).- Una mostra fotografica allestita presso il Meeting di Rimini, in corso fino a sabato, testimonia lo stato di distruzione dei monumenti cristiani, a Cipro, a più di trent’anni di distanza dall’invasione turca.

La mostra è costituita da circa 100 fotografie che rivelano la tragica condizione odierna delle chiese delle varie comunità cristiane durante l’occupazione della parte settentrinale dell’isola nel 1974.

L’occupazione turca ha causato morti, distruzioni e uno spostamento forzato di popolazioni, costrette a far spazio ai coloni provenienti dall’Anatolia. Circa 200 mila greco-ciprioti di fede cristiana ortodossa che abitavano nel nord dell’isola sono fuggiti al sud. E viceversa, i turco-ciprioti del sud, musulmani, si sono spostati al nord.

L’inziativa è frutto del programma di ricerca del Museo del Monastero di Kykko che ha catalogato circa 500 chiese nella parte occupata, alcuni cimiteri cristiani e un cimitero ebraico.

Qui, le chiese crollano giorno dopo giorno, mentre decine di esse vengono utilizzare per le necessità delle milizie dell’occupazione turca, che li trasformano in campi militari o depositi di armi.

Le chiese che non sono state trasformate in moschee islamiche, demolite o prese d’assalto con atti vandalici , vengono utilizzate come circoli sportivi, uffici, teatri, alberghi, pollai, fienili, stalle. I cimiteri, nella maggior parte dei casi, sono stati spianati.

A ciò si aggiunge, poi, il traffico illegale di opere d’arte, che ha portato alla dilapidazione di questo patrimonio culturale. Decine di collezioni private sono state saccheggiate, mentre numerosi siti archeologici sono stati distrutti a causa degli scavi illegali.

Dalle chiese cristiane sono state rubate intorno alle 16.000 icone portatili, utensili sacri, vangeli, vestiario ecclesiastico, e persino le pesanti iconostasi di legno scolpito. Le opere di una civiltà, che vanta una storia di oltre 5000 anni, sono stati saccheggiate e vendute nei mercati esteri. Decine di campanili sono stati demoliti per non essere più riconoscibili.

Queste informazioni sono state verificate con la comparsa nei mercati internazionali, specialmente dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, di antichità e di icone bizantine provenienti da queste chiese (come per esempio la collezione Hadjiprodromou).

In seguito sono stati individuati tesori bizantini saccheggiati a Cipro fino all’estremo Oriente: le Porte Regie dalla Chiesa di san Anastasio nel paese di Peristerona Ammochostos, a Osaka (Giappone).

In particolare, è stato il ritrovamento negli Stati Uniti di pezzi del mosaico absidale di valore inestimabile, datato agli inizi del VI sec., che venne strappato dalla Chiesa di Panagia Kanakaria, in Lythrankome, a scuotere la comunità scientifica mondiale.

Da quel momento sia le chiese di Cipro che le autorità della Repubblica di Cipro, così come i privati e le fondazioni si sono attivati per il rimpatrio di molti oggetti che appaionono tuttora in mercati illegali all’estero e in case d’asta internazionali.

Dopo la parziale rimozione degli ostacoli per il passaggio nella parte occupata di Cipro, nel 2003, l’interesse del Vescovo di Kykkos per il destino dell’eredità culturale della chiesa di Cipro nella parte occupata, si è dimostrato fondamentale.

Attualmente, il regime di occupazione ha deciso illegalmente di mettere tutte le chiese cristiane, con rare eccezioni, sotto la giurisdizione di una Federazione musulmana. Continua inolte ad essere vietata, nelle chiese, la celebrazione della messa, mentre la libertà religiosa è ostacolata, e vige il divieto di riparazione e restauro delle chiese.

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ZENIT Staff

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