La filosofia: un aiuto a pensare con la propria testa

Studiosi e docenti ne discutono in un convegno alla Pontificia Università della Santa Croce

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La filosofia è spesso considerata uno sterile esercizio di elucubrazioni mentali, una pratica priva di sbocchi concreti, un esercizio che “non dà da vivere”. Eppure, la filosofia conferisce senso a tutto -scienze, arti, letteratura, politica-, aiuta a pensare con la propria testa e a combinare ragione e sentimento. Ne sono convinti i partecipanti al Convegno La filosofia come Paideia, che si svolge in questi giorni nella Pontificia Università della Santa Croce, proprio per sfatare il mito che “la filosofia non serva a niente”.

Il dibattito tra gli studiosiè incentrato principalmente sulla valenza educativa di questa disciplina e sulla sua rilevanza sociale, anche con riferimento a grandi personalità del mondo filosofico delle varie epoche. Tra gli argomenti, non è mancato l’impatto della filosofia nella scuola e nell’università, nella vita professionale e nella formazione della persona.

“La filosofia – afferma Juan José Sanguineti, docente di Filosofia della conoscenza alla Santa Croce -, apre orizzonti alla persona. Consente di avere una visione più globale e serena della realtà e di valutare aspetti come il lavoro, la politica, i valori morali, la questione del senso della vita”. In questo modo, aiuta “ad avere criteri di valutazione e di giudizio nei confronti delle ideologie, delle mode culturali, di miti di ogni tipo”.

Senza un certo orizzonte filosofico -metafisico, antropologico, etico-, anche la vita professionale rischia di essere accolta “senza senso critico, con un puro affidamento a valori che altri trasmettono, e che non sempre sono valori autentici”. Giacomo Samek Lodovici, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, si spinge addirittura oltre, affermando che lo stesso “sviluppo di un paese andrebbe di pari passo con lo sviluppo del pensiero”.

Se è vero che la filosofia non produce “cose materiali”, aggiunge Ariberto Acerbi, docente di epistemologia alla Santa Croce, essa “contribuisce senz’altro alla crescita e al miglioramento delle persone e della società nel suo insieme”. Basti pensare, suggerisce ancora Samek Lodovici, allo stretto legame che c’è stato nel mondo antico, in Grecia e nell’Occidente in genere, tra l’invenzione della filosofia e il progresso dal punto vista tecnico-scientifico.

Dal canto suo, Maria Teresa Russo, dell’Università Roma Tre, è convinta che questa disciplina favorisca “l’attitudine a porsi domande e a non rinunciare a pensare con la propria testa”. A suo avviso, “la riflessione filosofica, intesa come ricerca del bene e del vero, è incompatibile con la menzogna, con la dissimulazione, con l’incoerenza, con la calunnia, con l’indiscrezione”.

Categorico Adelino Cattani, dell’Università degli Studi di Padova, per il quale, riprendendo Karl Jasper, “la filosofia insegna a non farsi ingannare”. Perciò, studiarla e lasciare che essa affini la nostra logica, può essere utile per svolgere meglio le attività lavorative, ma anche per sapersi orientare nel mondo che ci circonda.

Gli fa eco Giuseppe Savagnone, della LUMSA di Palermo, secondo il quale “un buon professionista, un buon funzionario, è chi riesce a capire i bisogni anche inespressi del suo cliente e le potenzialità finora inesplorate del proprio campo di competenza”. Ma questa dimensione del lavoro umano “esige il logos, che in greco significa ‘pensiero’, ma anche ‘collegamento’. E il logos è ciò a cui la filosofia da sempre educa le persone”.

La filosofia può anche aiutare a superare un’impostazione di società basata sul sentimentalismo, perché permette di integrare e armonizzare ragione e sentimento. Se ci si limita a “sentire” senza riflettere, avverte Sanguineti, “il rischio è di avere reazioni impulsive, non adeguate alla realtà”.

“Il sentimento positivo o negativo – spiega Maria Teresa Russo – ci indica la presenza di un bene o di un male, ma non offre nessuna ragione sul perché quel bene o quel male va cercato o evitato”. Per l’assetato l’acqua è un bene e il vedere una sorgente produce desiderio, “ma è il cartello non potabile o potabile che mostra la ragione del perché bere o astenersi dal farlo”.

La filosofia può generare “una visione più ampia del mondo, una migliore partecipazione alla vita sociale, più consapevolezza nell’uso delle tecnologie e più attenzione alle sorti del pianeta”, sostiene Francesco Perillo, dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. La condizione, però, è che venga “contagiata come una passione e non trasmessa come nozioni”.

Se è tale il potere della filosofia, vale la pena interrogarsi su come rendere il suo insegnamento più interessante per i ragazzi e non limitarlo ad una semplice carrellata di autori e date. Su questo punto Savagnone afferma che bisogna “far vedere ai giovani che le teorie esposte nei manuali sono solo l’alveo disseccato di fiumi viventi costituiti dalle domande che hanno assillato alcuni uomini, alle prese con problemi molto simili ai nostri e a cui essi hanno cercato di dare risposta”. 

Studiare la storia della filosofia, aggiunge, non significa “descrivere le pietre e il fango, ma fare di nuovo scorrere il fiume nella mente e nella vita degli studenti”. Si tratta di partire dalle domande “evidenziandone la portata esistenziale, anche con esempi molto concreti, per spingere i ragazzi a capire che ne va del senso della loro vita e delle loro scelte di ogni giorno”.

Occorre prendere il via dai grandi temi come la conoscenza, la natura, la morale, la psiche, l’economia, la società, per poi approfondire come diversi pensatori li hanno affrontati. “I grandi temi hanno la forza di catturare l’interesse e la passione dei giovani”, conclude Francesco Perillo.

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ZENIT Staff

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