La “casa degli orrori” di Philadelphia

Le conseguenze della cultura della morte e del profitto

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di Paul De Maeyer

ROMA, mercoledì, 26 gennaio 2011 (ZENIT.org).- L’aborto tardivo è una prassi agghiacciante, una carneficina. Per chi non ne fosse ancora convinto, basta soffermarsi su una notizia giunta dagli USA, da Philadelphia, dove mercoledì 19 gennaio è stato arrestato il medico abortista Kermit B. Gosnell, 69 anni, che da decenni gestiva indisturbato ciò che il procuratore distrettuale di Philadelphia, Seth Williams, ha definito una “casa degli orrori”.

Da un rapporto raccapricciante del Gran Giurì [1] emerge che il dottor Gosnell induceva la nascita dei bambini, per poi massacrarli a forbiciate, spezzando loro il midollo spinale. Il termine che il medico usava per questa tecnica era “snipping”, ossia “tagliare”, anche “tagliuzzare” o “dare una spuntatina”.

Come ribadisce il Philadelphia Inquirer (20 gennaio), il medico arrestato (assieme a sua moglie e a otto collaboratori) con l’accusa di aver ucciso una donna proveniente dal Bhutan, la quarantunenne Karnamaya Mongar, e almeno sette bambini, ha persino schernito una delle sue piccole vittime. Si tratta di un maschietto noto come “Baby boy A”, abortito quando la mamma appena diciassettenne era giunta quasi alla 30.ma settimana di gestazione, cioè uno stadio della gravidanza in cui il feto o bambino è già capace di vivere fuori dell’utero.

Il lungo rapporto del “Grand jury” (quasi 300 pagine) è particolarmente critico nei confronti delle autorità competenti. Il documento parla persino di un “fallimento totale” e “inescusabile” da parte ufficiale. Nonostante numerose segnalazioni, la clinica di Gosnell – la “Women’s Medical Society” – è stata chiusa solo il 22 febbraio del 2010. Quattro giorni prima, agenti federali e statali avevano fatto irruzione nella clinica: sospettavano infatti che Gosnell prescrivesse illegalmente analgesici narcotici. Quello che hanno trovato era uno squallore totale: macchie di sangue un po’ dappertutto, fetore di urina e feci di gatti, apparecchiature e strumenti medicali rotti ecc.

Laureatosi in medicina nel 1967, Gosnell ha iniziato ad effettuare aborti in un’altra clinica all’inizio degli anni ’70. Nel 1972 lanciò una sperimentazione con un dispositivo uterino – battezzato “super coil” -, conclusasi drammaticamente: delle 15 donne, 9 svilupparono gravi complicazioni e in un caso fu necessario sottoporre la donna ad un’isterectomia, lasciandola sterile. Ma ciononostante, Gosnell non fu sanzionato.

Anche se poi un’ispettrice della National Abortion Federation definì lo studio del dottor Gosnell “la peggiore clinica abortista che abbia mai visitato”, secondo il Philadelphia Inquirer l’unica sanzione nei confronti di Gosnell è stata una multa di 1.000 dollari inflitta nel 1996 per aver assunto un assistente non qualificato. Una futilità per il medico: la sua clinica era una autentica macchina da soldi. Secondo le stime del Gran Giurì, Gosnell riusciva infatti a tirare su a notte dai 10.000 a 15.000 dollari (realizzava gli aborti in orari notturni).

Si calcola che in tutti questi anni, Gosnell e il suo staff hanno effettuato clandestinamente centinaia di aborti tardivi. Nello Stato della Pennsylvania, che dispone di una delle legislazioni sull’aborto più severe di tutti gli USA, dopo la 24.ma settimana della gravidanza la prassi è proibita (con qualche eccezione). Nella stragrande maggioranza dei casi mancano però le prove per imputare il dottor Gosnell e collaboratori, ritenuti responsabili anche della morte di almeno due donne. “Queste uccisioni erano diventate talmente routine, che nessuno ha potuto dare una cifra esatta”, dice il rapporto. “Erano considerate «procedure standard»”.

La domanda dunque è perché nessuno è intervenuto per fermare le barbariche e squallide pratiche del dottor Gosnell, che d’altronde non aveva nessuna specializzazione in ginecologia ed ostetricia (neppure il suo personale aveva una formazione specifica nel campo). E perché la clinica non era più stata ispezionata da quasi 20 anni, cioè dal 1993? Persino i saloni dei parrucchieri vengono controllati con più rigore, osserva Maria Vitale su LifeNews.com (21 gennaio).

“Varie agenzie di controlli si erano imbattute (nel caso) e avrebbero dovuto chiudere Kermit Gosnell già molto tempo fa. Ma nessuna lo ha fatto, neppure dopo la morte di Karnamaya Mongar”, è la constatazione del rapporto. “Noi pensiamo che la ragione per la quale nessuno ha agito è perché le donne in questione erano povere e di colore, perché le vittime erano bambini senza una identità, e perché il soggetto era il football politico dell’aborto”, sostiene il Gran Giurì.

Su quest’ultimo elemento, gli autori del rapporto hanno pochi dubbi: dietro alla decisione del dipartimento della Salute dello Stato della Pennsylvania di sospendere “bruscamente” dopo il 1993 le ispezioni nelle cliniche abortiste si celano “ragioni politiche”. Il rapporto è d’altronde molto netto ed esplicito. “Le politiche in questione non erano anti-aborto, ma pro”, così si legge.

Per il Gran Giurì, l’elemento chiave per capire la sconvolgente inazione ed indifferenza delle autorità è infatti l’elezione nel 1994 di un governatore “pro choice” (pro aborto), Tom Ridge. Da quella data – spiega il rapporto -, il dipartimento della Salute della Pennsylvania ha optato per un blocco dei controlli per non “porre una barriera contro le donne” in cerca di un aborto. “Meglio lasciare fare le cliniche come volevano, anche se, come ha dimostrato Gosnell, questo significava che a pagare fossero sia donne che bambini”, continua il documento.

Per Michelle Malkin, sulla National Review Online (21 gennaio), l’intera vicenda della “Women’s Medical Society” è molto rivelatrice, perché ci porta direttamente al nucleo del dibattito sull’aborto. “L’indifferenza mortale per proteggere la vita non è marginale all’esistenza dell’industria dell’aborto – è la sua essenza”, sottolinea l’autrice. “L’orrore di Philadelphia non è una anomalia. È la logica, raccapricciante conseguenza di una malevola impresa con radici eugenetiche, sotto una veste femminista”, così conclude la Malkin la sua riflessione sulla �casa degli orrori nella città dell’Amore fraterno, Philadelphia appunto.

Comunque qualche barlume di luce c’è. Nel rapporto, il Gran Giurì e il procuratore distrettuale accusano il dottor Gosnell – definito anche un “macellaio di donne” – di omicidio di “neonati” e di “uccisione intenzionale di bambini in grado di vivere”. A sottolineare questo aspetto è un comunicato diffuso il 19 gennaio dall’arcidiocesi di Philadelphia. “L’uso da parte del rapporto della terminologia di «neonati e bébé» per il nascituro e l’accusa di omicidio confermano la nostra convinzione che ogni bambino nel grembo è creato ad immagine e somiglianza di Dio”, ribadisce il testo, che qualifica le azioni del dottor Gosnell e del suo staff come “ripugnanti ed intrinsecamente malvagie”.

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1) Il documento è scaricabile all’indirizzo web: http://www.phila.gov/districtattorney/PDFs/GrandJuryWomensMedical.pdf

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ZENIT Staff

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