"L'uscita di sicurezza" dalla crisi

Presentato alla Pontificia Università Lateranense l’ultimo libro di Giulio Tremonti

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di mons. Enrico Dal Covolo
Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense

ROMA, martedì, 13 marzo 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito l’intervento integrale di monsignor Enrico Dal Covolo, alla presentazione, avvenuta oggi, del saggio Uscita di sicurezza di Giulio Tremonti.

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La Pontificia Università Lateranense, in collaborazione con l’Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (AISES), è lieta di presentare il volume Uscita di sicurezza (Rizzoli, Milano 2012, 258 pp.) del prof. on. Giulio Tremonti, che per molti anni, fino a pochi mesi fa, è stato Ministro dell’Economia del Governo Italiano.

Colgo l’occasione per esprimere viva soddisfazione dinanzi alla feconda sinergia che si è avviata, e che sempre più va consolidandosi, tra la nostra Area di Ricerca Caritas in Veritate, diretta dal prof. Flavio Felice, e l’Accademia AISES, così validamente animata e guidata dal suo Presidente, il prof. Valerio De Luca.

In particolare, l’evento di oggi si presenta un po’ come il “fiore all’occhiello” del Corso di Alta Formazione “Etica Finanza Sviluppo”, promosso dai due enti partenari.

Lo dimostra a sufficienza l’intervento di tante autorevoli personalità e di così illustri relatori: Ettore Gotti Tedeschi, Valerio De Luca, Giulio Tremonti, Monsignor Lorenzo Leuzzi, Mario Sechi, che saluto con deferente cordialità.
 
1) L’obiettivo del libro che presentiamo è delineato con chiarezza nella seconda di copertina del volume stesso. Si tratta di «mettere l’ordine al posto del caos; separare l’attività produttiva dall’attività speculativa; chiudere la bisca della finanza, in modo che siano i giocatori e non noi a pagare per le perdite sulle puntate; ristabilire il primato delle regole; pensare a investimenti pubblici in beni di interesse collettivo. Solo così, mettendo la ragione al posto degli spread, l’uomo al posto del lupo, il pane al posto delle pietre, si può uscire da questo mostruoso videogame in cui siamo entrati senza capirlo e senza volerlo. In questo libro c’è la traccia per arrivare insieme all’uscita di sicurezza».

Di fatto, il libro è il racconto di una crisi e dell’esperienza di essa; ma non certo dal punto di vista di uno spettatore distaccato, bensì di un interprete appassionato, di un protagonista capace di puntuali analisi critiche, e (perché no?) anche autocritiche.

2) Ma  quale può essere l’uscita di sicurezza per il nostro futuro? Credo di poter affermare che tale uscita esiste, e che la possiamo ritrovare  nell’Enciclica Caritas in Veritate, nei confronti della quale il libro di Tremonti esegue un accordato contrappunto.

Rivolgendosi a un mondo disorientato, non egualitario, e traumatizzato dagli spasmi di una crisi globale, l’enciclica Caritas in Veritate è arrivata  al momento opportuno, come un raggio di sole che squarcia le tenebre più oscure. Benedetto XVI vi focalizza la dottrina sociale della Chiesa in puntuale rapporto con le realtà del nostro tempo: un  tempo che spesso si lascia andare alle leggi ciniche del profitto e a un’interdipendenza economica senza regole.

Ebbene, l’enciclica viene ad annunciare che altre strade sono possibili e necessarie per uno sviluppo degno di questo nome: alle fonti del messaggio cristiano Caritas in Veritate attinge la speranza di orientamenti e di soluzioni innovatrici.

Con la crisi internazionale, che si prolunga ormai da diversi anni, le condizioni stesse dello sviluppo economico e sociale stanno cambiando in profondità e, probabilmente, in modo irreversibile, per cui sempre di più Caritas in Veritate si afferma come una grande pista per elaborare «la terza via», o meglio una via coraggiosamente nuova, capace di articolare un rapporto più umano e umanizzante tra i cittadini e le istituzioni.

L’enciclica – e questa è, in fondo, l’uscita di sicurezza – l’enciclica ha messo in piena evidenza la questione antropologica, che è strettamente connessa e legata alla questione sociale. Infatti Papa Benedetto sottolinea che la crisi e le difficoltà, di cui al presente soffrono gli Stati, la società e l’economia, sono dovute in primo luogo alla mancanza o alla carenza di un’adeguata ispirazione solidaristica, che sia orientata al bene comune: il bene comune, che significa «prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pòlis, di città». (n. 7)

La persona umana deve essere il centro di tutta l’economia: non è l’economia che determina l’uomo, ma è l’uomo che si serve dell’economia. Così scrive infatti il Papa: «Desidererei ricordare a tutti, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”» (n. 25).

E ancora: «Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l’importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato. […] Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica» (n. 35).

3) Infine, come opportunamente rileva la medesima enciclica, uno dei maggiori rischi nel mondo attuale è quello che «all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano» (n. 9). Una tale interazione, ad esempio, appare essere troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza. La politica dovrebbe avere il primato sulla finanza, e l’etica dovrebbe orientare ogni attività. Così come «ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale» (n. 37).

Perciò non sarà fuori luogo ricordare, in questo tempo liturgico, un passo significativo del Messaggio del Papa per la Quaresima del 2012, là dove egli – citando l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI – afferma: «Il mondo è malato. Ma il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli» (PP, n. 66).4) Sorretti da queste motivazioni ideali, durante lo scorso anno accademico abbiamo istituito l’Area  internazionale di ricerca Caritas in Veritate, con la quale ci proponevamo di offrire un contributo qualificato, e caratterizzato da una peculiare sintesi teologica, per contribuire efficacemente alla formazione di una nuova generazione,  capace di inserirsi  in modo  fecondo e cristianamente ispirato nei vari ambiti della politica, dell’imprenditoria, della comunicazione, dell’economia.

Oggi, a un anno di distanza, possiamo rilevare con  soddisfazione che – grazie anche alla feconda sinergia con l’AISES, di cui ho parlato all’inizio – la nostra Area di ricerca va estendendo sempre di più il suo campo di azione. Siamo incoraggiati pertanto a
proseguire generosamente nel cammino arduo, quanto entusiasmante, della formazione dei formatori.
                                            

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ZENIT Staff

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