L'umanesimo antipersonalista (Quinta parte)

L’antipersonalismo nel pensiero contemporaneo. L’Esistenzialismo / 2

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Il singolo che compie il salto della fede sospende ogni ragionamento e accetta il paradosso di Dio, cioè dell’eternità, che incarnandosi in Gesù Cristo, entra nella storia e si temporalizza.

Il singolo, nella luce della fede, non apprende una dottrina o una morale, ma sperimenta l’incontro con una Persona che, “prende il suo posto”, e lo consola  amorevolmente.

Scrive in proposito:

“Cristo si è messo completamente al tuo posto.

Egli era Dio e diventò uomo (Gv 1,14). E’ questo infatti ciò che la vera compassione tanto preferisce, cioè di mettersi completamente al posto del sofferente per poterlo veramente consolare. Ma ciò che nessuna compassione umana è in grado di fare, lo può soltanto la compassione divina – e Dio si incarnò! Egli si incarnò. Egli divenne l’uomo che ha sofferto più di tutti, assolutamente più di tutti. Non è mai nato un uomo, né nascerà, né può nascere, che debba soffrire come lui. Oh, quale garanzia per la sua compassione di dare una simile garanzia! Con compassione apre le braccia a tutti i sofferenti: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi» […]”[1].

Il Cristianesimo per Kierkegaard, non è né una filosofia né una teologia, ma è la presenza reale e concreta di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nella vita dei credenti. Il Cristianesimo è quindi ben diverso dalla Cristianità, rappresentato nella sua società dalla Chiesa di Sato danese, che ha burocratizzato la vita cristiana riducendola a   delle pratiche esteriori, insignificanti per l’esistenza dei singoli.

Il filosofo criticò frequentemente la sua Chiesa per aver tradito il Cristianesimo e il bersaglio delle sue invettive fu soprattutto il Vescovo Mynster.

Scrive a riguardo di una sua omelia:

“Come esempio del modo in cui la predicazione di  Mynster finisce per abolire in sostanza il Cristianesimo, abbassandolo alle cose più insignificanti, si prenda la predica XXII: «Come possiamo difendere e rafforzare il Regno di Dio». Il modo in cui egli […] spiega che «confessare Cristo» consiste nell’andare in chiesa la domenica, e quelli che ci vanno confessano Cristo e gli altri no: mi pare sia un po’ troppo! Se questo è «confessare Cristo», a che s’è ridotta mai l’esigenza del Cristianesimo!?”[2].

La critica che Kierkegaard rivolge alla Cristianità è analoga a quella da lui mossa nei confronti del sistema hegeliano: il Cristianesimo è ridotto a un astratto  formalismo che “si dimentica” dell’esistenza concreta dei singoli credenti, i quali sperimentano la scissione tra la fede e la vita.

Il filosofo denuncia il processo di scristianizzazione in atto nel suo paese, rilevando che “è più facile diventare cristiani quando non si è cristiani, che non diventarlo quando lo si è; e questa decisone è riservata a colui che è stato battezzato da bambino[3].

Kierkegaard evidenzia che il battesimo di per sé non garantisce che chi è battezzato sia ipso facto cristiano perché, per diventarlo  è necessario “appropriarsi” della verità evangelica, cioè accettarla liberamente e integralmente. Infatti scrive: “Cos’è il battesimo senza appropriazione del Cristianesimo?. Sì, è la possibilità che il bambino battezzato diventi un giorno cristiano, né più né meno”[4].

Le riflessioni svolte da Kierkegaard sono ancora oggi attuali e conservano tutto il loro valore, essendo un richiamo per tutte le chiese a vivere in modo autentico il Cristianesimo, ma sono riflessioni filosofiche?

Cornelio Fabro, che è forse il maggiore conoscitore delle opere di Kierkegaard, ha scritto giustamente che egli “parte  dai dogmi cristiani, dalla realtà cristiana, come dati, e riesce a dare alla verità cristiana una presentazione del tutto nuova, cioè quella esistenziale […]: è sempre la verità cristiana che mette in movimento e sostiene il suo pensiero”[5].

Kierkegaard ha interpretato l’esistenza umana,

alla luce della sua ricca esperienza di fede , la quale  ha alimentato le sue meditazioni sull’esperienza che gli individui umani vivono nei diversi stadi dell’esistenza: estetico, etico e religioso.

Le sue profonde meditazioni hanno un grande valore spirituale, ma non sono né filosofiche né teologiche. Non sono filosofiche perché l’ “organo” della filosofia è la ragione e non la fede. Non sono teologiche perché la teologia, rettamente intesa, è la scienza della fede ed è “una partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso”[6].

In generale Kierkegaard critica il sapere scientifico perché esso oggettivizza, traducendola in schemi astratti, la realtà, la quale può essere compresa soltanto soggettivamente, perché, come è stato evidenziato prima[7],  la sua è una “filosofia” in prima persona per cui la verità si identifica con la soggettività.

La verità non è quindi mai qualcosa di oggettivo, ma è sempre un quid che viene sperimentato da un individuo umano.

La verità è declinata al singolare e quindi ci possono essere tante verità diverse  a seconda delle prospettive esistenziali dei singoli interpreti: la verità dei cristiani, degli atei, degli agnostici, ecc.. La caduta nel soggettivismo e nel relativismo è  inevitabile.

I cristiani possono testimoniare con la loro vita che la loro fede non è una semplice opinione, ma si fonda sull’esperienza reale di Gesù Cristo, ma sarebbero impossibilitati a difendere una serie di verità che sono state affermate, nel corso dei secoli, sul piano della speculazione razionale e tra queste il concetto di persona intesa come unione sostanziale di spirito immortale e di corpo, che, come è stato mostrato nei precedenti articoli[8], è una verità di carattere filosofico che ha valore universale.

Il modo di pensare esistenzialistico, inaugurato da Kierkegaard, come vedremo nei prossimi articoli, si è sviluppato coerentemente nei grandi filosofi esistenzialisti Sartre, Jaspers e Heidegger, i quali negano che l’essere umano abbia un’essenza necessaria e immutabile, affermando che l’uomo “si fa” nella storia ed è un “progetto gettato” sempre in divenire. 

(La quarta parte è stata pubblicata sabato 18 gennaio)

*

NOTE

[1] S. Kierkegaard, Pensieri che feriscono alle spalle, cit., pp. 128-129.

[2] S. Kierkegaard, Diario, cit., p. 156.

[3] S. Kierkegaard, Briciole di filosofia e Postilla  non scientifica, vol. 2, cit.,  p. 173. Il corsivo è nel testo.

[4] Ibidem.

Riguardo al battesimo, il Papa Francesco dice: “Il Battesimo è il sacramento su cui si fonda la nostra stessa fede e che ci innesta come membra vive in Cristo e nella sua Chiesa. Insieme all’Eucaristia e alla Confermazione forma la cosiddetta «Iniziazione cristiana», la quale costituisce come un unico, grande evento sacramentale che ci configura al Signore e fa di noi un segno vivo della sua presenza e del suo amore.

Può nascere in noi una domanda: ma è davvero necessario il Battesimo per vivere da cristiani e seguire Gesù? Non è in fondo un semplice rito, un atto formale della Chiesa per dare il nome al bambino e alla bambina? E’ una domanda che può sorgere. E a tale proposito, è illuminante quanto scrive l’apostolo Paolo: «Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4). Dunque non è una formalità! E’ un atto che tocca in profondità la nostra esistenza. Un bambino battezzato o un bambino non
battezzato non è lo stesso. Non è lo stesso una persona battezzata o una persona non battezzata. Noi, con il Battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia; e grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli” (Papa Francesco, Udienza generale, Roma, Piazza San Pietro, 8 gennaio 2014).

[5] C. Fabro, Introduzione in S. Kierkegaard, Briciole di filosofia e Postilla  non scientifica, vol. 1, cit., p. 2.

[6] Francesco, Lumen fidei, 36.

[7] Vedi il precedente articolo pubblicato su Zenit, con il titolo: L’umanesimo antipersonalista. L’antipersonalismo nel pensiero contemporaneo. L’Esistenzialismo / 1 

[8] Vedi gli articoli pubblicati su Zenit con il titolo: L’anima esiste ed è immortale

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Maurizio Moscone

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