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Il Papa. "Troppi peccati contro il Creato, pentiamoci!"

Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, Francesco richiama ad una “conversione ecologica” ed eleva la preoccupazione per la Casa comune ad ottava opera di misericordia

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Il grido di Bergoglio per la difesa del Creato non si è esaurito con l’enciclica Laudato Si’. Il Successore di Pietro torna a stigmatizzare “i pericoli dello sfruttamento irresponsabile del pianeta” nel suo Messaggio per l’odierna Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, elevando la preoccupazione per la Casa comune ad ottava opera di misericordia corporale e spirituale.

“Usiamo misericordia verso la nostra casa comune” è il titolo del documento del Pontefice, che suona più come un appello in difesa di questo “giardino rigoglioso” donatoci da Dio che lentamente si sta trasformando “in una distesa inquinata di macerie, deserti e sporcizia”.

Un pericolo reale che compromette il futuro della stessa umanità. Ecco la necessità, sulla scia della Chiesa ortodossa, di indire una Giornata che richiami tutti gli esseri umani (cristiani in primis) alle loro responsabilità e “al pentimento” verso quello che è a tutti gli effetti “un peccato”, come lo definisce il Santo Padre domandando una “conversione ecologica” e “un serio esame di coscienza”.

“Dio ci ha donato la terra per coltivarla e custodirla con rispetto ed equilibrio. Coltivarla ‘troppo’ – cioè sfruttandola in maniera miope ed egoistica – e custodirla poco è peccato”, scrive nel Messaggio, facendo sue le parole del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, da sempre attento ai temi dell’ambiente.

Auspicio del Pontefice è che il Giubileo della Misericordia possa “richiamare i fedeli cristiani ‘a una profonda conversione interiore”, per “imparare a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il creato che finora non abbiamo saputo riconoscere e confessare”. “Impegniamoci a compiere passi concreti sulla strada della conversione ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra responsabilità nei confronti di noi stessi, del prossimo, del creato e del Creatore”, esorta Francesco.

E, come Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, invita i cattolici durante l’Anno Santo della Misericordia “a fare ammenda per l’intolleranza religiosa passata e presente, così come per le ingiustizie commesse verso gli ebrei, le donne, i popoli indigeni, gli immigrati, i poveri e i nascituri”.

“Come singoli – sottolinea Francesco – ormai assuefatti a stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia da un desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno, e come partecipi di un sistema che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura, pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune”.

È solo dopo tale pentimento, che “possiamo confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle”, scrive il Papa. Aggiunge, quindi, ai due tradizionali elenchi di sette opere di misericordia, incentrati sulla “vita umana stessa nella sua totalità”, anche la cura della casa comune. Come opera spirituale, essa richiede “la contemplazione riconoscente del mondo che ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare”. Come opera corporale, richiede “i semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore”.

Per il Pontefice – che ricorda la III Assemblea Ecumenica Europea svolta a Sibiu, nel 2007, e le iniziative ecumeniche del Consiglio Mondiale delle Chiese – è “motivo di gioia” il fatto che “in tutto il mondo iniziative simili, che promuovono la giustizia ambientale, la sollecitudine verso i poveri e l’impegno responsabile nei confronti della società, stanno facendo incontrare persone, soprattutto giovani, di diversi contesti religiosi”.

“Cristiani e non, persone di fede e di buona volontà, dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra casa comune e valorizzare pienamente il mondo in cui viviamo come luogo di condivisione e di comunione”, afferma. Rinnova perciò l’invito al dialogo “con ogni persona che abita questo pianeta riguardo alle sofferenze che affliggono i poveri e la devastazione dell’ambiente”.

“Non possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della biodiversità e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocate dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici”, sottolinea Bergoglio. “Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto”. Anche perché “gli esseri umani sono profondamente legati gli uni agli altri e al creato nella sua interezza”; perciò “quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli esseri umani”.

Bisogna ascoltare “tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”, cercando di assicurare una risposta “adeguata e tempestiva”, ribadisce dunque il Papa. Primo passo in tale cammino è “un fermo proposito di cambiare vita”. Nel concreto ciò “deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via”.

“Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo”, dice il Papa. Si rivolge pertanto al mondo della economia, della politica, della società e della cultura affinché non siano “dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca di un immediato ritorno finanziario o elettorale”, ma anzi siano “urgentemente riorientate verso il bene comune, che comprende la sostenibilità e la cura del creato”.

Un caso concreto, secondo il Pontefice, è quello del “debito ecologico” tra Nord e Sud del mondo. “La sua restituzione – evidenzia – richiederebbe di prendersi cura dell’ambiente dei Paesi più poveri, fornendo loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo sviluppo sostenibile”.

La protezione della casa comune, inoltre, “richiede un crescente consenso politico”, annota il Vescovo di Roma, dicendosi soddisfatto per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati nel settembre 2015 dai Paesi del mondo e per l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che si pone l’impegnativo ma fondamentale obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale. “Ora – conclude – i Governi hanno il dovere di rispettare gli impegni che si sono assunti, mentre le imprese devono fare responsabilmente la loro parte, e tocca ai cittadini esigere che questo avvenga, anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi”.

Per non perderli di vista, può aiutare una domanda: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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