Il cuore e il chicco di grano

Vangelo della V domenica di Quaresima

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di Padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 22 marzo 2012 (ZENIT.org– Ecco, verranno giorni, oracolo del Signore, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova.(…): porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.” (Ger 31,31-34).

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.

Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.” (Eb 5,7-9).

In quel tempo,..Gesù rispose loro: “E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire, mi segua e, dove sono io, la sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.(…) E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.” (Gv 12,20-33).

Porrò la mia legge dentro di loro,..” (Ger 31,33): la meravigliosa promessa della “nuova alleanza” sembra già alludere al destino del seme di grano, che il contadino getta nel campo e seppellisce dentro la terra  perché possa germogliare e dare frutto.

A cominciare da Mosè, i profeti continuavano a richiamare gli Israeliti alla fedeltà all’alleanza del Signore: “Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore..” (Salmo 95,7-8), ma il loro grido rimaneva ogni volta inascoltato.

Ed ecco che Geremia annuncia qualcosa di impensabile, assolutamente nuovo: cesserà l’obbedienza impossibile, troppo difficile; non si dovrà più faticare a mettere in pratica la Legge di Dio, e non solo non ci si ribellerà ad essa, ma si obbedirà con tutto il cuore.

Allora ogni comandamento divino susciterà una risposta docile, facile, spontanea; ogni Parola della Legge sarà ascoltata volentieri, poiché coinciderà con il desiderio del nostro stesso cuore: “…porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore” (Ger 31,33).

Cerchiamo di attualizzare tutto ciò.

Ecco: noi vorremmo essere persone nuove, in grado di amare Dio e il prossimo come Gesù, con il suo stesso sentire, la sua compassione, la sua mitezza e umiltà, la sua meravigliosa generosità. Conosciamo il bene che dovremmo fare e ci affascina la bellezza e la purezza dell’amore vero. Sappiamo che esso è la gioia e l’energia della vita, la sua vitalità irresistibile, come testimoniano incessantemente il prodigio del grembo e l’esplosione della primavera.

Ma purtroppo la nostra natura – il cuore, la volontà pratica, la libertà – ferita dal peccato, si comporta quasi sempre come un seme refrattario ad entrare nella terra, né vale a cambiarci l’amarezza esistenziale dell’egoismo, mille volte sperimentata.

Questo divario tra l’ideale e la pratica dell’amore, è tanto radicato nei comportamenti, anche per le piccole cose, che non di rado ci abbattiamo rassegnati dicendo: “Non c’è niente da fare, sono fatto così”.

Ora, in effetti, la fede ci insegna che l’uomo non è in grado, da solo, di vivere radicalmente il Vangelo dell’amore. Gesù infatti ha dichiarato: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me , e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla!”. (Gv 15,5).

Queste parole non si riferiscono solo alla circostanza concreta in cui siamo interpellati dall’amore, ma anzitutto all’efficacia redentrice della passione, morte e risurrezione del Signore in ordine al comandamento nuovo dell’amore.

E’ Lui il “chicco di grano” primogenito, da cui discende e dipende l’intrinseca vocazione di ogni cristiano ad essere ciò che è in forza del Battesimo: un chicco di grano predestinato a morire in Cristo,  per portare molto frutto.

Gesù per primo, infatti, ha conosciuto la riluttanza congenita della natura umana ad amare “fino alla fine” (Gv 13,1). Egli “..imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. (Eb 5,7-9). In Gesù era la nostra natura umana che imparava, e divenne finalmente capace di vincere quell’amor proprio che ci separa da Dio e  dalla sua vita eterna.

Nella fragilità della nostra natura assunta, anche Gesù non era perfetto e, pur volendo essere obbediente fino alla morte, nell’orto degli Ulivi non riuscì da solo a vincere l’istinto della sopravvivenza: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!” (Lc 22,42). Imparò l’obbedienza pratica da ciò che patì, e fu reso così perfetto nella volontà umana.

Patì ciò che non voleva, patì ciò che non voleva a patire. Era un chicco di grano obbediente che non riusciva a consegnarsi alla morte; perciò  “offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7-9).

Avendo pregato intensamente, ricevette la forza di accettare e compiere la volontà del Padre, e la trasmise ad ognuno di noi tramite la comune natura umana da Lui assunta.

Trasmise così all’umanità la legge del chicco di grano, la legge pasquale: si vince perdendo, si acquista donando, si vive morendo, si ama soffrendo.

Perché l’amore puro sostituisca l’amor proprio nel cuore dell’uomo è necessario il travaglio, apparentemente mortale, del parto.

Più una vita è segnata per amore da questo spreco di sé, delle proprie forze, delle proprie energie, più è caratterizzata dal morire, più la vita è trasportata in questo germoglio nuovo, incorruttibile” (M. I. Rupnik, Le bende della carità, in Anche se muore vivrà”).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.


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ZENIT Staff

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