Forti nella fede (Seconda parte)

Tra poco nelle librerie il libro di don Stanzione per l’Anno della Fede

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di Alfonso Maraffa

ROMA, domenica, 16 settembre 2012 (ZENIT.org).- L’Anno della Fede ha un antecedente importante, quello che fu indetto da Paolo VI nel 1967, “Ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione”. Allora il contesto era il caos post-conciliare, oggi, spentasi la contestazione ecclesiale incandescente, è piuttosto l’apostasia fredda e la desertificazione religiosa di tante lande un tempo cattoliche.

Se l’Anno voluto da Paolo VI si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per quello che si aprirà nel 2012 Benedetto XVI propone di riscoprire una Summa pubblicata l’11 ottobre del 1992, il Catechismo della Chiesa Cattolica. Su un tema che resta annoso, il ruolo del Concilio Vaticano II nel travaglio vissuto dalla Chiesa negli ultimi 50 anni, il Papa ribadisce “con forza” quanto detto nel famoso discorso alla curia romana del 2005, ossia che “se lo leggiamo [il Concilio] e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario che “il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti” e che la Chiesa dalla “virtù del Signore risuscitato trae forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori…”

Il Ratzinger teologo richiama qui come esempio uno degli autori a lui più cari, Agostino di Ippona, la cui vita “fu una ricerca continua della bellezza della fede fino a quando il suo cuore non trovò riposo in Dio” e i cui scritti restano un “un patrimonio di ricchezza ineguagliabile” per accedere alla “porta della fede”. Benedetto XVI, che ha convocato il Sinodo dei vescovi per l’ottobre del 2012 sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, auspica una presa di posizione pubblica: “Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie”, perché “Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo”.

Di pari passo, Benedetto XVI chiede di “intensificare la riflessione sulla fede”, perché, “la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa”. In ciò ritorna l’importanza del Catechismo e accanto ad esso trova spazio un suggerimento pratico: “Nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiere quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo.

Con parole dense di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sul reddito simboli, la consegna del Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore…Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mentre e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore”.

La fede di cui si parla non è la sola fide dei protestanti e il Papa ricorda l’importanza delle opere di carità, perché “la fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino”.

Come san Paolo, giunto al termine della vita, chiede al discepolo Timoteo di “cercare la fede” con la stessa costanza di quando era ragazzo, così l’Anno che verrà, spiega Benedetto XVI, vuole essere un grande impulso, una sollecitazione affinché “nessuno diventi pigro nella fede”. E affinché ciascuno ritrovi la dimensione della vera milizia cristiana, che è affidarsi a Colui che solo ha il potere di vincere le Tenebre: “Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui; Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre”.

(La prima parte è stata pubblicata ieri, sabato 15 settembre)

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ZENIT Staff

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