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Antologia della memoria poetica

Nei versi di Ebe D’Alba un inno alla vita che si rinnova continuamente

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Come definire un autore (in questo caso un’autrice) che raccoglie “due scatoloni zeppi di fogli e blocchetti, quaderni e diari, vecchi anche di 50 anni” e poi decide di “antologizzarli” in età matura nei termini di una summa esistenziale ed artistica?

“Esordiente” non è forse la parola giusta, benché si tratti effettivamente di un’opera inedita. A meno che non si voglia accettare l’idea – non priva, del resto, di qualche fondamento – che un autore è “sempre” esordiente, perché la sua funzione è quella di dare voce (oppure luce, colore…) alla vita che si rinnova continuamente.

Ebe D’Alba di “colore” alla vita ne ha dato già molto, vista la sua lunga militanza nell’arte figurativa. Finché, in età matura, ha deciso di darle anche “voce”, attraverso lo strumento della parola scritta. Souvenir d’amore s’intitola la sua prima raccolta poetica. Ed ecco il brano che introduce l’opera:

Ho portato dei souvenir d’amore
dal mio lungo viaggio,
si sa che i souvenir son piccole cose
senza molta importanza,
eppure hanno il potere magico
di farci tornare indietro nel tempo.
Spesso proviamo piacere nel ricordare,
altre volte forse no,
ché vorremmo dimenticare…
ma i souvenir son lì…

*

Nella quarta di copertina, Ebe D’Alba spiega così l’origine del suo pseudonimo: Ebe, perché amo donare ambrosia (come l’omonima dea dell’Olimpo); Alba, perché amo il bianco (albus); D’, perché volevo legare fra loro Ebe e Alba… Uno pseudonimo che costituisce, in qualche misura, anche una scelta di poetica: quella di un’espressione densa e leggera, ricca di fughe oniriche e scorci di riflessione, abbandoni al gioco della vita e bilanci esistenziali. Dove ingenuità ed esperienza si prendono a braccetto e scoprono d’essere speculari l’una all’altra.

QUEL NOSTRO QUASI AMORE

Rimpianto
per quel nostro quasi amore
nutrito solo di gesti accennati,
di parole sospese
e di troppo brevi incontri.
Rimpianto
per quel nostro non ancora amore.
Un non ancora amore
così sereno,
così quieto,
così caro.
Rimpianto
per quel nostro quasi amore
così incerto,
così leggero…

*

Che Ebe D’Alba sia una pittrice salta subito agli occhi, per via del cromatismo diffuso che sottende i suoi versi. La valigia dei sogni, indispensabile compagna dei suoi viaggi onirici, è ora verde ora gialla, arancione, blu, marrone, rosa, rossa… ad ogni variazione della scala cromatica corrisponde un sentimento: amore, gioia, speranza, tristezza, passione…

LA MIA VALIGIA VERDE

È verde come un filo d’erba
appena nato
e pieno di speranza,
verde come lo stelo che sorregge
ed innalza un fiore,
verde come un prato intero,
verde come…
le occasioni della vita.
Nella mia valigia ho riposto ben bene
tutte le mie speranze, per non sciuparle,
per mantenerle intatte.
È questa la prima valigia del mio bagaglio.
Me le porto dietro sempre tutte,
qualunque viaggio io faccia,
non sono poi così tante
e comunque da loro non mi potrò
mai separare,
no, proprio non posso.

*

Conquista di saggezza della vita adulta è l’acquisita dote dell’ironia, che percorre tutto il libro con tonalità e sfumature diverse: “Per fortuna – spiega con un sorriso l’autrice – che adesso, con il PC e la stampante, non si crea altra cartaccia, anzi, da due scatoloni zeppi di fogli e blocchetti, quaderni e diari, vecchi anche di 50 anni, ne ricaverò al massimo due o tre libercoli e poi mi ritroverò qualche cassetto libero!”.

Dalla ricca trama del volume estrapoliamo alcuni versi, scelti tra quelli che più ci hanno colpito e che abbiamo appuntato a piè di pagina seguendo i consigli di lettura dell’autrice, che ha intenzionalmente lasciato vuote alcune pagine, invitando il lettore a scrivervi le sue impressioni:

“Cercare di tradurre in parole / disagi di sguardi, / ombre di gesti”.

“In controluce, / una poesia semplice / e serena come una piccola preghiera”.

“Ogni volta che vedrete una farfalla / bianca o gialla, / ricordatevi di lei, vi prego, / fatele un sorriso”.

Ad essi aggiungeremo alcuni altri versi che si caratterizzano per la loro tendenza verso l’aforisma, vale a dire la capacità di condensare un principio morale o un significato di vita:

“Mai perdere la speranza / meglio coltivarla / è possibile / diventi certezza”.

“Non aspettavo nessuno / invece è venuta la malinconia”.

“I ricordi: / gli unici frutti della mia fatica”.

*

Uno “zibaldone”, potremmo dire in termini leopardiani: un libro, al tempo stesso, dialogante e complesso, ragionato e naif, denso di richiami e allusioni. In tutta evidenza, non è il filo conduttore temporale ad orientare l’autrice in questa vasta operazione di riordino dei cassetti della memoria, bensì quello delle emozioni. Dove è prevalente la dimensione della “leggerezza”, che tuttavia non prescinde da punte, anche aspre, di dolore. Con alcuni passaggi di tono più marcatamente drammatico, dove la sofferenza indotta dall’umana incomprensione incide cicatrici profonde: “Quanti gli anni sciupati, / quante le lotte senza gloria, / quanti i sacrifici, / inutili, ridicoli… / quanto spreco di ideali”.

Un libro dunque che porta alla luce un ricco mondo interiore, costituendo, in qualche modo, anche un bilancio di vita. Un bilancio gratificante perché basato soprattutto sull’accumulo di un patrimonio di belle vibrazioni. Umane ed artistiche. Ed è il solo patrimonio che ci è dato di possedere, perché i fatti svaniscono, le cose si dissolvono, ma la nostra identità, frutto di evoluzione e cultura, sopravvive comunque…

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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