Sos Stato di diritto: per affermare all’Onu il diritto alla conoscenza

Il progetto di risoluzione da proporre alle Nazioni Unite sollecita i governi alla trasparenza nelle principali decisioni politica interna ed estera

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Affermare in sede Onu e in ambito internazionale il principio del diritto alla conoscenza, ovvero il diritto di ogni cittadino di conoscere in che modo e per quale motivo i governi prendano determinate decisioni di politica interna ed estera. Questo l’obbiettivo ambizioso della campagna Sos Stato di diritto, promossa dal Partito radicale, a partire da dicembre 2013, e proseguita con la redazione di un progetto di risoluzione da proporre all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un progetto che ha visto il contributo di giuristi ed esperti di politica estera, con la collaborazione della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi), Istituto affari internazionali (Iai) e Ministero degli Esteri.
I principi base del documento che, a maggio, sarà portato all’attenzione della sede Onu di Ginevra, sono stati illustrati in una conferenza a Roma presso Palazzetto Venezia, sede della Sioi, associazione italiana per le Nazioni unite. Hanno partecipato all’evento Franco Frattini, presidente della Sioi ed ex ministro degli Esteri, il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri ed ambasciatore, attualmente presidente del Global committee for the rule of law, Natalino Ronzitti, professore emerito di diritto internazionale e consigliere scientifico dello Iai, e l’ambasciatore del Marocco Hassan Abouyoub. La conferenza è stata moderata da Matteo Angioli, membro del Consiglio generale del Partito radicale e fra i principali curatori del progetto.
“Tutto nasce da un’idea di Marco Pannella – ha dichiarato Frattini – a cui tutti a questo tavolo, bene o male, siamo legati. È un’idea fondamentale per i giuristi e gli esperti di politica estera. Il principio che ognuno di noi ha il diritto di conoscere le decisioni che i governi prendono Un aspetto senza cui lo Stato di diritto sarebbe incompleto e su cui purtroppo l’Assemblea generale delle Nazioni unite non si è ancora espressa con chiarezza. È una questione di principio con diverse applicazioni concrete nella vita di tutti i giorni. Si tratta anche, infatti, del diritto di libero accesso ai siti Internet della pubblica amministrazione per conoscerne meglio gli atti e i processi di decisione”.
L’ex ministro degli Esteri ha poi fatto riferimento all’attualità, parlando della drammatica vicenda di Giulio Regeni come “caso emblematico in cui non solo la famiglia, ma anche il Governo italiano, la cui posizione è ferma, reclamano il diritto di conoscere come un nostro connazionale sia stato catturato, torturato e ucciso”. E se l’Egitto non riconoscesse questo diritto, “allora la nostra amicizia con quel paese andrebbe un attimo rivista”.
Matteo Angioli ha poi ricordato come questa proposta di risoluzione sia il punto di arrivo di un percorso iniziato nel dicembre 2013 dal Partito radicale e dalle organizzazioni, a esso collegate, Nessuno tocchi Caino e Non c’è pace senza giustizia. Un percorso che ha vissuto una tappa importante con la conferenza “Universalità dei diritti umani per la transizione verso lo Stato di diritto e l’affermazione del diritto alla conoscenza”, svoltasi lo scorso luglio presso il Senato. “La nostra – ha sottolineato Angioli – è un’iniziativa transpartitica come nella tradizione del Partito radicale. Proveremo, il mese prossimo a Ginevra, a far suonare un campanellino d’allarme alle Nazioni unite per sottolineare come, nel mondo, lo stato di diritto rischi di essere sempre più eroso”.
La natura giuridica del diritto alla conoscenza, collegata ma diversa da quella del diritto alla verità e del diritto di informazione, è stata spiegata con chiarezza da Natalino Ronzitti che ha sottolineato come tutti e tre siano collegati al principio della libertà di opinione. “Il diritto di ricevere informazioni e accedere alle informazioni – ha evidenziato il giurista – è ormai affermato a livello internazionale, collegato anche alla libertà di stampa. Il diritto alla verità consiste invece nella possibilità di conoscere informazioni su crimini contro le singole persone, popoli o l’intera umanità. Non è affermato esplicitamente a livello Onu, ma è comunque riconosciuto internazionalmente come diritto consuetudinario”. Per quanto riguarda il diritto alla conoscenza, non si tratta della “libertà di accesso a strumenti culturali”, ma della possibilità di avere “informazioni su come opera lo Stato e la pubblica amministrazione nei suoi atti e documenti”. “Ovviamente devono esserci delle limitazioni – ha concluso Ronzitti – ma devono essere ben definite dalla legge”.
“Come rappresentante del Governo italiano – ha dichiarato Benedetto Della Vedova – sono qui per dire che il Ministero degli Esteri si impegnerà attivamente per sostenere questa proposta nell’ambito delle Nazioni unite. Nel campo dei diritti civili e umani l’Italia ha mantenuto una posizione sempre coerente, nonostante l’alternanza dei governi, e questo ci dà sicuramente un elemento di credibilità maggiore”. Il sottosegretario agli Esteri ha poi precisato che l’obbiettivo non è certo “trasmettere tutto in streaming” ma permettere “a ogni cittadino di orientarsi con facilità nei provvedimenti presi dalle istituzioni”.
“La campagna per affermare il diritto alla conoscenza è sacrosanta – ha affermato Giulio Terzi – ed è una battaglia che rappresenta l’opera omnia dell’impegno politico di Marco Pannella per arrivare a una democrazia più compiuta”. L’ex ministro degli Esteri ha poi spiegato che il Global committee di cui è attualmente presidente ha proprio lo scopo di promuovere “il rafforzamento dello Stato di diritto attraverso il riconoscimento, in sede Onu, del diritto alla conoscenza”. Una questione molto importante in un’epoca in cui “si tende spesso ad alimentare pulsioni irrazionali per influenzare l’opinione pubblica e quindi, mi chiedo, come possiamo essere certi che una democrazia si fondi sul consenso di un popolo veramente informato?”.
È una riflessione amara, infine, quella di Hassan Abouyoub, ambasciatore del Marocco, ma che vede nell’affermazione internazionale del diritto alla conoscenza una luce di speranza: “Gli Stati, nemmeno quello americano, hanno ormai più il potere di controllare davvero la finanza globale. Questo alimenta la sfiducia nei confronti della politica, soprattutto nei giovani. È un problema molto forte in Europa, ma si sente anche in altre realtà come il mio paese. Proprio da questo punto di vista il diritto alla conoscenza e all’informazione può essere uno strumento per invertire questa tendenza. Dobbiamo quindi ripensare il ruolo della politica e del potere, politico e non, e creare un sistema per gestire le nuove sfide globali”.

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Alessandro de Vecchi

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