Card. Schönborn: la Sindone ci parla del silenzio del Sabato Santo

Meditazione dell’arcivescovo di Vienna nel duomo di Torino

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ROMA, lunedì, 12 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine”: è iniziata con una citazione dall’omelia per “il grande e Santo Sabato, attribuita a Epifanio di Salamina, che si legge nell’Ufficio delle letture del Sabato Santo”, la meditazione che il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha tenuto lunedì sera nel duomo di Torino in occasione dell’Ostensione della Sindone 2010 sul tema “Passio Christi – Passio hominis. Il mistero del Sabato santo”.

“Quest’omelia – ha affermato Schönborn – parla di un contenuto di fede che confessiamo nella breve frase del Credo: …discese agli inferi (‘discendit ad inferos’)”. Per la redenzione dell’uomo era necessario “anche che Gesù Cristo ‘assaggiasse’ la morte, che sperimentasse davvero lo stato di morte, come vediamo in maniera così sconvolgente nella Sindone”.

“Non risulta facile oggi – ha commentato l’arcivescovo di Vienna – comprendere questo articolo di fede. La verità di fede vi è formulata in concetti provenienti da un immaginario che ci è estraneo. L’idea di un ‘regno della morte’, di un ‘mondo inferiore’ al di sotto del mondo in cui viviamo, di un ‘inferno’ che contiene le anime dei morti, sembra totalmente lontana dalla nostra moderna coscienza razionale”.

“Non sarebbe quindi meglio rinunciarci?”, ha chiesto ai numerosi presenti lo stesso cardinale. Ma “la Chiesa dai tempi più antichi ha tenuto ferma questa confessione. Non dovrebbe essere questo, per noi, uno stimolo a sforzarci di capire, proprio quando la questione appare difficile ed oscura? Proprio in considerazione degli eventi del ventesimo secolo, occuparsi del Sabato Santo, del giorno in cui Dio tace, sembra oggi più attuale che mai”.

“Regno della morte”, “mondo inferiore” ed “inferno”, ha spiegato Schönborn “non indicano il luogo di eterna condanna, bensì la dimora dei morti, chiamata in ebreo lo Sheol, in greco l’Ade (At 2,31). È il luogo dove le anime dei defunti si trovano imprigioniate dopo la morte”.

“Le testimonianze bibliche – ha proseguito Schönborn, citando Giovanni Paolo II – confermano la discesa di Cristo ai morti come vera esperienza di morte, come l’espressione di più profonda solidarietà con gli uomini. Durante quei tre giorni, dalla sua morte fino alla resurrezione, Gesù ha sperimentato ‘lo stato di morte’, cioè la separazione dell’anima dal corpo, nello stato e condizione di tutti gli uomini”.

D’altra parte “Gesù stesso lo aveva preannunciato, paragonando il proprio cammino con la storia del profeta Giona: ‘Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra (Mt 12, 40)’”.

“Teresia Benedita a Cruce, Edith Stein, la filosofa e carmelitana uccisa ad Auschwitz – ha ricordato l’arcivescovo di Vienna -, ha descritto questa scena a modo di visione, in un piccolo pezzo teatrale dal titolo ‘Dialogo notturno’. Lo scrisse nel giugno del 1941 per l’onomastico della sua priora, Madre Antonia a Spiritu Sancto, nel convento olandese di Echt”.

La meditazione del cardinale nel duomo di Torino, che è stata inframmezzata da intervalli musicali, ha quindi lasciato spazio alla citazione dei versi composti dalla Stein.

“Il silenzio del Sabato Santo, di cui la Sindone ci parla in maniera così imponente – ha ripreso Schönborn -, è l’atteggiamento di attesa di tutta la terra. Esso ricorda il silenzio che precede la creazione del mondo (Gen 1,2), quando tutto attende che Dio agisca con potenza”.

“Ed è così anche qui – ha affermato il cardinale -. Cristo è venuto nel mondo e la sua opera terrena, la vita fra gli uomini e la morte per il peccato, è compiuta. Egli si è inserito nella genealogia del genere umano peccatore, per redimere tutti, fino ad Adamo, il progenitore di tutti gli uomini. Ora, il Sabato Santo, nella morte, fattosi solidale anche con i morti, egli va come in trionfo nel mondo degli inferi, per chiamare fuori tutti coloro che la morte tiene ancora prigionieri”.

L’arcivescovo di Vienna ha, quindi ricordato la visione sostenuta dal teologo Hans Urs von Balthasar che “mette in evidenza un aspetto che nei Padri fu poco sviluppato. Il Sabato Santo, la morte di Cristo non reca in sé, in un primo momento, nessun trionfalismo. Uno sguardo alla Sindone ce lo conferma, lo sperimentiamo nella liturgia del Sabato Santo che è estremamente semplice, senza alcuna celebrazione eucaristica”.

Questa visione ricorda che “la morte di Cristo lascia in un primo momento i suoi discepoli e la Chiesa tutta nello sgomento, nell’afflizione e nel timore. Il credente è invitato al silenzio, al raccoglimento e all’adorazione. La salvezza che si realizza nella discesa agli inferi nel Sabato Santo è ancora nascosta, la morte ha ancora il suo potere, che poi le verrà tolto”.

Da un lato c’è “l’abbassamento di Gesù Cristo, la sua solidarietà con noi fino alla prova della più profonda amarezza della morte” ma dall’altro “la gloria; Gesù Cristo è morto veramente, ma in questa morte egli è già il Beato che chiama alla beata comunione tutti i giusti che sono morti con lui. Dio si reca nell’abbassamento per strappare gli uomini alla morte e condurli in alto”.

“Disceso agli inferi – ha proseguito l’arcivescovo di Vienna citando le ‘Meditazioni sulla Settimana Santa’ scritte dall’allora cardinale Ratzinger – significa che Cristo ha varcato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo insuperabile, irraggiungibile del nostro essere abbandonati”.

Significa, ha concluso, che “anche nell’ultima notte nella quale nessuna parola penetra, nella quale noi tutti siamo come bambini che piangono, abbandonati, c’è una voce che ci chiama, c’è una mano che ci prende e che ci guida. La solitudine insuperabile dell’uomo è superata da quando Lui vi è entrato”.

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ZENIT Staff

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