di Chiara Santomiero
ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “La beatificazione di Karol Wojtyla sarà un evento di grande gioia perché è stato un uomo molto amato, dai credenti ma anche dai non credenti”. E’ quanto dichiarato a ZENIT dal Cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi dal 1998 fino alla morte di Giovanni Paolo II nel 2005.
Questo venerdì la Sala Stampa vaticana ha dato notizia della promulgazione del decreto con il quale si riconosce il miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Karol Wojtyla, atto che chiude l’iter verso la beatificazione annunciata per il prossimo 1° maggio in Vaticano.
Ma perché è necessario il riconoscimento di un miracolo? “Si tratta di un sigillo, così possiamo definirlo – ha affermato Saraiva Martins – che Dio pone rispetto all’operato di un uomo o di una donna che hanno dimostrato con virtù eroica la fedeltà al Vangelo”. Per alcuni “l’eroismo giunge fino al martirio a causa della fede; per la maggior parte si tratta solo di rispondere fino in fondo alla propria umanità, in qualsiasi condizione di vita”.
In altre parole “vivere l’ordinario in maniera straordinaria”. “Se avviene un miracolo grazie all’intercessione di qualcuno che viene invocato – ha spiegato Saraiva Martins – ciò significa che questi e Dio sono in comunione e questa è la santità”.
Sono molti i ricordi personali che legano il Cardinale a Papa Wojtyla, “un uomo con tratti di larga umanità che la gente ha sentito molto vicino”. Più di tutto, però “impressionava la sua forte fede”.
“Capitava – ha raccontato Saraiva Martins – che per motivi di lavoro fossi invitato a pranzo dal Papa il quale, prima di sedersi a tavola, passava nella cappella privata insieme ai suoi ospiti”. Qui “era capace di immergersi nella preghiera in maniera così profonda, totalmente preso nel suo rapporto con Dio anche solo per lo spazio di qualche minuto, che era di per se stessa una testimonianza evidente della sua santità”.