Card. Bagnasco: sì alle dichiarazioni anticipate di fine vita

La vita deve essere elevata “a orizzonte di cultura, di bellezza, di arte”

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ROMA, lunedì, 28 marzo 2011 (ZENIT.org).- “Una legge sulle dichiarazioni anticipate di fine vita è necessaria e urgente”. Lo ha detto questo lunedì il Cardinale Angleo Bagnasco, Presidente della Coonferenza Episcopale Italiana (CEI), nell’inaugurare a Roma la sessione primaverile del Consiglio permanente della CEI. 

In questo modo, l’Arcivescovo di Genova è intervenuto in prima persona per sostenere pubblicamente quanto richiamato a gran voce da buona parte del mondo cattolico e cioè l’approvazione di una legge sul biotestamento. Attualmente, infatti, è in discussione alla Camera il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico, già licenziato dal Senato, e il cui voto finale è previsto per aprile.

La Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat) è un documento, incentrato sul principio di inviolabilità e indisponibilità della vita umana, in cui il dichiarante esprime il proprio orientamento in merito ai trattamenti sanitari nella fase cronica di patologie fortemente invalidanti – quali per esempio lo stato vegetativo – e nella fase terminale di patologie inguaribili associate a dolore e sofferenza – come nel caso del cancro – in previsione di un’eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere.

La Dat non è obbligatoria, ha validità di 5 anni, è raccolta dal medico curante e può prevedere un fiduciario cioè una persona incaricata come unico interlocutore del medico per le decisioni relative alla Dat stessa.

Le Dat sono contrarie a qualunque forma di eutanasia e suicidio assistito ma anche all’accanimento terapeutico, quindi di fronte a un paziente prossimo alla morte, il medico deve astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura.

Non vi è vincolatività da parte del medico a seguire la Dat, quindi le volontà del paziente devono essere tenute in profonda considerazione, ma non possono mai essere obbliganti. Il medico è quindi chiamato a valutarle in scienza e coscienza, alla luce dei princìpi di precauzione, proporzionalità e prudenza, e sulla scorta di quanto indicato dal fiduciario. In caso di controversia tra il medico e il fiduciario, la decisione viene affidata a un collegio medico.

Le Dat non si applicano all’alimentazione e all’idratazione (ovvero alla somministrazione di acqua e cibo anche per vie artificiali), che vengono comunque assicurate a tutti i pazienti incapaci di intendere e di volere. Per ogni trattamento sanitario occorre un previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole, preceduto da una corretta informazione.

Nella sua prolusione il Cardinale Bagnasco ha indicato che, nella situazione attuale attraversata dall’Italia, “la sola medicina capace di guarire alle radici: la vita, la sua cura, e la sua promozione”, per questo ha invitato a rimettere al centro al tutela della vita e ad elevarla “a creazione sociale, dunque a orizzonte di cultura, di bellezza, di arte”.

Entrando poi nel merito della legge sulle dichiarazioni anticipate di fine vita, il Presidente della CEI ha ricordato che si tratta “di porre limiti e vincoli precisi a quella ‘giurisprudenza creativa’ che sta già introducendo autorizzazioni per comportamenti e scelte che, riguardando la vita e la morte, non possono restare affidate all’arbitrarietà di alcuno”.

Inoltre, ha aggiunto, “non si tratta di mettere in campo provvedimenti intrusivi che oggi ancora non ci sono, ma di regolare piuttosto intrusioni già sperimentate, per le quali è stato possibile interrompere il sostegno vitale del cibo e dell’acqua”.

“Chi – ha continuato – non comprende che il rischio di avallare anche un solo caso di abuso, poiché la vita è un bene non ripristinabile, non può non indurre tutti a molta, molta cautela? Per rispettare la quale è necessario adottare regole che siano di garanzia per persone fatalmente indifese, e la cui presa in carico potrebbe un domani – nel contesto di una società materialista e individualista − risultare scomoda sotto il profilo delle risorse richieste”.

“È noto – ha osservato – come il dolore soggettivo, con le possibilità offerte dalla medicina palliativa, debba al presente spaventare di meno. Piuttosto, sono i criteri di una sana precauzione a dover suggerire pensieri non ideologici ma informati a premura e tutela, e ispirati a vera ‘compassione’. Questa, infatti, non elimina la vita fragile e indifesa, ma la ‘com-patisce’, induce cioè a sopportarla insieme all’ammalato, si fa condivisione, sostegno, accompagnamento fino al traguardo terreno.

“In determinate condizioni, la paura più impertinente scaturisce dalla solitudine e dall’abbandono, mentre l’atteggiamento d’amore trova vie misteriose per farsi percepire e saper medicare – ha sottolineato ancora il porporato –. È qui, su questo versante massimamente precario e bisognoso, che una società misura se stessa”.

La società, infatti, ha ribadito il Cardinal Bagnasco, “mostra la sua umanità specialmente di fronte alla vita quando è troppo debole per affermare se stessa e potersi difendere; altresì quando concepisce la vita di ciascuno non solo come un bene dell’individuo, ma anche – in misura – come un bene che concorre al tesoro comune”.

Infine, il porporato è tornato a lanciare un appello in favore della famiglia auspicando “che, fatto salvo il rispetto per la libertà personale, nessuno nell’ambito pubblico provveda a decisioni che mettano in ombra l’istituto familiare, architrave portante di ogni realistico futuro”.

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ZENIT Staff

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