di Chiara Santomiero
ROMA, martedì, 21 giugno 2011 (ZENIT.org).- “Nel Brasile sono sparse molte migliaia di coloni Lombardo-Veneti e Tirolesi e tra questi un buon numero sono Cremonesi. Quattro anni or sono quei poveri coloni mi scrivevano lettere che strappavano le lagrime: essi trovansi là senza prete che li assista né in vita né in morte: non avere chi battezzi i loro bambini, chi insegni il Catechismo ai figli”. E’ un brano di una lettera del 1887 nella quale mons. Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona dal 1871 al 1914, racconta della situazione delle migliaia di emigranti italiani presenti in Brasile alla fine del 1800.
Quasi in contemporanea con il vescovo di Piacenza di allora, mons. Giovanni Scalabrini, i due pastori lavorano, sia pure con sfumature diverse, alla formazione di sacerdoti che possano accompagnare sia nel viaggio che nei luoghi di destinazione il cammino di fede degli emigranti, impegnandosi tuttavia in un’assistenza non solo spirituale ma anche sociale. Dalla loro intuizione nasceranno nel tempo l’Opera S. Raffaele e l’Opera poi detta Bonomelli diffuse in tutta Europa e nel mondo.
Alla figura del vescovo Bonomelli è dedicato uno degli approfondimenti del Rapporto italiani nel mondo 2011 della Fondazione Migrantes presentato il 21 giugno a Roma. Mentre ricorda il magistero della Chiesa sull’emigrazione e la cura pastorale dei migranti iniziata quasi da subito, sottolinea soprattutto “come si emigrava anche dalle regioni italiane attualmente più ricche e così pure dall’isola di Lampedusa oggi teatro di sbarchi”.
Ad abitare all’estero, mantenendo o avendo acquisito la cittadinanza, sono oggi 4.115.235 italiani, con l’aumento di quasi 90 mila unità nel corso di un anno. Sono concentrati soprattutto in Europa (2 milioni e 263 mila) e in America (1 milione e 629 mila), ma hanno realizzato consistenti insediamenti anche in Sudafrica e in Australia, e, con numeri più contenuti, sono presenti praticamente in tutti i paesi del mondo.
A questi occorre aggiungere la realtà degli oriundi i quali, secondo alcune stime, sono 20 volte di più (quasi 80 milioni), molto al di sopra cioè dell’attuale popolazione italiana: proprio nel Brasile, di cui si occupò all’inizio Bonomelli, gli oriundi italiani raggiungono il picco di 25 milioni.
Una memoria a volte poco considerata dall’Italia che ha raggiunto il benessere economico tanto da diventare a sua volta terra di immigrazione.
“Conobbi dolori – scrive Bonomelli dei suoi viaggi nei paesi europei dove si erano recati a lavorare i conterranei – e miserie morali, religiose ed economiche, quali non avrei mai immaginato. Poveri emigrati! Quante volte questo doloroso lamento mi uscì spontaneo dalle labbra! Quante volte mi sentii stringere il cuore e non potei frenare le lagrime davanti a certe scene, che non dimenticherò mai! In molte stazioni d’Italia e fuori d’Italia vidi turbe di uomini, di donne, di bambini, malamente vestiti, colle tracce profonde del dolore e delle privazioni dipinte sul volto aspettare i treni, salire su quei vagoni, serrarvisi dentro come merci”.
E ancora, a proposito degli agenti, veri e propri schiavisti, di cui cadono vittime gli emigranti nei paesi d’arrivo: “non è questa una nuova foggia di tratta, non di negri, ma di bianchi, di schiavi, di fratelli nostri, che si fa sugli occhi nostri? Dopo aver bagnato dei loro sudori questa ricca terra, che non dava loro un pane sufficiente, si obbligano a bagnarne un’altra forse anche più dura ed avara! Condizione veramente miserrima di non pochi dei nostri contadini!”.
“Il passato ci appartiene – ha affermato nel suo intervento mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Caritas Migrantes -. Si tratta di un secolo e mezzo di emigrazione che ha accompagnato questi 150 anni di storia unitaria, assicurando non pochi benefici”. Infatti : “il coraggio di spostarsi, affrontando la grande avventura in paesi sconosciuti e spesso ostili, serviva per alleviare il peso della mancanza di lavoro, elevare il tenore di vita delle famiglie, creare – con le rimesse – grandi disponibilità finanziarie e incrementare i legami tra l’Italia e i Paesi di insediamento”.
Né l’emigrazione italiana, sia pure in forme diverse, può essere considerata un fenomeno solo del passato. I flussi di massa, informa il Rapporto, sono cessati verso la metà degli anni ’70: attualmente, tuttavia, si stimano 45.000 persone in uscita e 35.000 di ritorno.
Ventimila studenti, nell’ambito del Programma Erasmus, studiano per un semestre all’estero. Inoltre, secondo un’indagine della Banca d’Italia, sono 20 milioni (11 milioni in entrata e 9 milioni in uscita) coloro che ogni anno affrontano “i viaggi della memoria”, come li ha definiti la Fondazione Migrantes, per passare un certo periodo in una casa di proprietà o presso parenti e amici. La stessa indagine evidenzia che sono 14,6 milioni gli italiani che lasciano l’Italia effettuando dei brevi pernottamenti all’estero (specialmente in Europa) per motivi di lavoro o professionali.
“La comunità degli italiani all’estero – informa il Rapporto – si sta svecchiando e la presenza di nuove generazioni, soprattutto tra i 25 e i 34 anni, che cercano di sfuggire alla precarietà lavorativa nel nostro Paese, ne cambia il volto”.
“La Fondazione Migrantes – ha affermato Perego – invita ad occuparsi dei problemi attuali dell’Italia tra i quali l’immigrazione, senza trascurare gli italiani all’estero, sapendo che alcune battaglie legislative e sociali come il diritto di voto, i ricongiungimenti familiari, il bilinguismo, la cittadinanza, la tutela dei lavoratori, devono valere sia per i mondo degli emigranti che degli immigrati”.
“La religione cattolica – ha proseguito il direttore di Migrantes -, attraverso la vita delle parrocchie e la valorizzazione di una fede semplice e popolare, ma anche attraverso un grande impegno sociale e culturale, è stata di grande aiuto agli emigrati per non farli sentirsi soli, aiutandoli nel loro percorso e mantenendo un attaccamento all’Italia”. “La Chiesa italiana – ha concluso Perego -, con la pubblicazione del Rapporto Italiani nel Mondo, continua ad adoperarsi per favorire questi obiettivi, insistendo sulla conoscenza di questa realtà sparsa nel mondo e sulla sua valorizzazione per il progresso dell’Italia”.