Brasile: la cruda lotta per la terra amazzonica

La Camera dei Deputati di Brasilia approva un allentamento del Codice Forestale

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di Paul De Maeyer

ROMA, martedì, 14 giugno 2011 (ZENIT.org).-La lotta per la terra nell’Amazzonia continua a mietere vittime in Brasile. Nel giro di pochi giorni questa guerra senza fine ha infatti provocato la morte di almeno quattro persone.

La nuova ondata di violenza è iniziata martedì 24 maggio, quando una coppia di attivisti impegnati da oltre vent’anni nella difesa della foresta pluviale del bacino del Rio delle Amazzoni ha perso la vita in un’imboscata. Si tratta diJosé Cláudio Ribeiro da Silva e di sua moglie Maria do Espírito Santo da Silva, uccisi da due “pistoleiros” nel comune di Nova Ipixuna, nel sudest dello Stato di Pará.

La coppia era uscita alle 8 della mattina dalla sua abitazione all’interno dell’insediamento Progetto Estrattivista di Praia Alta Piranheira per fare un giro in moto e visitare un gruppo di contadini “sem terra” (senza terra).

I sicari, che aspettavano presso il ponte di Nova Ipixuna, non hanno lasciato scampo ai due ambientalisti, uccidendoli con vari colpi da arma di fuoco. Per la polizia di Pará, che secondo la stampa locale non ha mai voluto offrire protezione ai coniugi Da Silva, l’agguato è stato probabilmente opera di killer professionisti. Come prova o macabro trofeo del delitto, hanno tagliato infatti un orecchio all’uomo.

Sul luogo dell’imboscata erano presenti anche due testimoni. Uno di loro, il venticinquenne contadino Erenilto Pereira dos Santos, è stato ucciso a sua volta quattro giorni dopo l’agguato teso alla coppia Da Silva. Il corpo senza vita dell’uomo è stato trovato sabato 28 maggio con due spari alla testa.

Il giorno primo, venerdì 27 maggio, era stato assassinato nella località di Vista Alegre do Abunã, nello Stato nordoccidentale di Rondônia, l’attivista rurale Adelino Ramos. “Dinho” – come veniva anche chiamata la vittima cinquantasettenne – è stato ucciso a colpi di pistola davanti ai propri familiari, mentre vendeva verdura in un mercato.

L’uomo, capo del Movimento dei Contadini di Corumbiara (MCC) – uno dei movimenti sociali più radicali del Brasile – e dell’Associazione dei Contadini dell’Amazzonia aveva ricevuto varie minacce di morte da parte dei cosiddetti “madeireiros” o tagliatori di legname coinvolti nelle segherie abusive nell’Amazzonia. Sopravvissuto al massacro di Corumbiara, in cui morirono nell’agosto del 1995 almeno una quindicina di “sem terra”, Ramos aveva preannunciato di recente la sua imminente morte.

L’assassinio invece il 1 giugno a Eldorado de Carajas, nello Stato di Pará, di un altro lavoratore rurale, il trentatreenne Marcos Gomes da Silva, non sarebbe collegato con l’attività ambientale o con un conflitto agrario. Secondo la polizia dello Stato, l’uomo è stato probabilmente vittima di una “resa di conti” (Último Segundo, 3 giugno).

Come “Dinho” Ramos, anche José Claudio Ribeiro da Silva sapeva di essere nel mirino dei sicari che lavorano per le mafie del disboscamento dell’Amazzonia. Come ha ricordato in una dichiarazione pubblicata in data 26 maggio la Commissione Pastorale per il Servizio della Carità, della Giustizia e della Pace della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), l’ambientalista aveva accennato nel novembre scorso, durante una conferenza a Manaus, ai pesanti rischi che correva ogni giorno. “Vivo – aveva dichiarato Da Silva – nella foresta, la proteggo comunque, così che vivo aspettando una pallottola in testa in qualsiasi momento, perché sono sempre in vista, davanti a tutti, e denuncio ciò che vedo” .

Nella sua dichiarazione, la CNBB ha chiesto anche alle autorità brasiliane “un’inchiesta immediata sui crimini e la conseguente punizione dei colpevoli, così come la protezione di tutti i capi contadini minacciati di morte, affinché fiorisca la giustizia nel nostro Paese”.

L’impunità e la mancanza di sicurezza sono state denunciate inoltre da José Batista, avvocato della Commissione Pastorale della Terra (CPT) di Pará. “In questo momento si vive una situazione di insicurezza assoluta che ha già costretto alcune famiglie ad abbandonare l’insediamento”, ha detto, “perché il clima di impunità è totale” (El País, 12 giugno).

A confermare la drammaticità del conflitto per la terra nella foresta amazzonica, che oppone le tribù degli indios, i piccoli contadini e i “seringueiros” (raccoglitori di caucciù) alle compagnie del legno e ai latifondisti, è l’ultimo rapporto annuale della stessa CPT (un organismo istituito nel 1975 dai vescovi brasiliani), pubblicato nell’aprile scorso ed intitolato “Conflitos no Campo Brasil 2010” [1].

Dai dati raccolti dalla Commissione emerge ad esempio che nel corso del 2010 125 persone hanno ricevuto minacce di morte e 34 sono state assassinate in conflitti legati al “campo”, cioè un aumento significativo rispetto al 2009 (26) ma un numero inferiore al 2003 (73). Lo Stato più pericoloso è proprio quello di Pará, dove l’anno scorso sono state uccise 18 persone per questioni legate alla terra e sono stati registrati anche 13 tentativi di assassinio.

Come rivelano le tabelle contenute nel rapporto della CPT, nel primo decennio del nuovo millennio, vale a dire dal 2001 al 2010, la lotta per la terra ha provocato 377 vittime in Brasile, con un picco nel triennio 2002-2004, con rispettivamente 43, 73 e 39 morti. La stragrande maggioranza di queste vittime, cioè 360, ha perso la vita in conflitti legati alla terra, il resto in questioni per l’acqua o in conflitti lavorativi agricoli.

La cruda e tragica ironia della sorte ha voluto poi che l’uccisione della coppia De Silva sia avvenuta il 24 maggio, cioè lo stesso giorno in cui la Camera Bassa del parlamento federale di Brasilia ha approvato con una maggioranza schiacciante (410 voti contro 63, una sola astensione) la molto controversa proposta di legge presentata dal deputato José Aldo Rebelo Figueiredo, membro del Partito Comunista del Brasile (PC do B), che mira ad allentare il Codice Forestale. La motivazione fornita dal deputato è semplice: la maggioranza dei “fazendeiros” (latifondisti) non rispetta la normativa attuale.

Mentre la norma è passata adesso alla Camera Alta o Senato, la modifica del “Código Florestal” del 1965 non solo mitiga le disposizioni introdotte per proteggere la foresta amazzonica e gli argini dei fiumi, ampliando le zone destinate al disboscamento, ma prevede anche un’amnistia degli abusi commessi fino al luglio del 2008.

In una lettera aperta ai più alti vertici dello Stato, vari ex ministri dell’Ambiente hanno chiesto di fermare il progetto di revisione del Codice Forestale. In caso di approvazione – hanno ribadito i firmatari -, il Paese andrà “contromano alla nostra storia e a detrimento del nostro capitale naturale” (Agência Brasil, 23 maggio). Dal canto suo, la presidente Dilma Rousseff ha minacciato di porre il suo veto alla legge, definendola “una vergogna” per il Paese (Agência Brasil, 24 maggio).

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1) Cfr. http://www.cptnacional.org.br/index.php?option=com_jdownloads&Itemid=23&view=finish&cid=192&catid=4

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ZENIT Staff

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