di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 11 dicembre 2008 (ZENIT.org).- A un anno dalla sua scomparsa, il giornalista Valerio Lessi ha pubblicato la prima delle biografie di don Oreste Benzi, il fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, che il Pontefice Benedetto XVI ha definito “un infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi”.
Il libro titolato appunto “Don Oreste Benzi. Un infaticabile apostolo della carità” (Società San Paolo , 248 pagine, 17,00 Euro), ripercorre le tappe salienti della vita di quel prete dalla “tonaca lisa” che come un moderno profeta ha testimoniato la carità sempre e ovunque, scandalizzando la mentalità edonista e nichilista dominante.
Ogni giorno, nelle strutture di accoglienza create da don Benzi, si siedono a tavola 49.000 persone, tutte alimentate dalla Provvidenza. Ma il coraggioso prete non si è accontentato di praticare la carità e fare assistenza, si è battuto contro l’aborto, per la liberazione delle prostitute, per il recupero dei tossicodipendenti.
Dal libro emerge con chiarezza che tutto questo era frutto di una grande fede in Cristo e di un altrettanto forte amore alla Chiesa. Il libro contiene anche un inserto fotografico, con foto inedite che don Benzi consegnò a Valerio Lessi.
Nell’introduzione al libro Giovanni Paolo Ramonda, Presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, racconta che don Benzi ha sempre invitato ad essere “non facchini di Cristo, ma innamorati di Cristo”.
Secondo il Presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII “il Gesù di don Oreste era una persona viva. La sua passione era Cristo. La sua spiritualità era questa relazione viva con Gesù, povero servo sofferente, che prende su di sé i peccati del mondo, le sofferenze dei piccoli, dei poveri. Ed era la sua forza”; anche “chi non era d’accordo con don Benzi veniva conquistato dalla genuinità, da questa purezza di cuore”.
Don Benzi – ha testimoniato Ramonda – era come infuocato dall’amore alla Chiesa di Cristo, diceva: “La Chiesa cattolica è l’unica vera Chiesa di Cristo, ed è il popolo santo di Dio, che deve avere una sua identità e deve annunciare Cristo come popolo”.
Per don Benzi “l’unico male che c’è, è il peccato. Tutto il resto in questa vita terrena rappresenta gli atti d’infinita misericordia di Dio nei nostri confronti”. La sua era una voce in difesa della verità, riferita sì alla dottrina, ma anche alla vita sociale.
“Non si inchinava di fronte ai potenti, ma anche nella solitudine gridava come una voce nel deserto”, ha aggiunto.
Valerio Lessi, autore del libro, ha conosciuto don Benzi quando era ancora quattordicenne. Racconta che era il settembre del 1971, quando insieme ad altri ragazzi partecipò ai campeggi per i pre-ju, cioè per i preadolescenti. Con questi incontri don Oreste Benzi ha fatto conoscere le Dolomiti a generazioni di giovani riminesi.
“Ma non era un’agenzia viaggi, portava i ragazzi in montagna perché – racconta Lessi – le vette della Marmolada, del Piz Boè o del Catinaccio aiutassero ad un incontro simpatico con Cristo”.
“Tutti per la prima volta ascoltavamo parlare di Cristo e della fede come qualcosa di vivo, di interessante, che poteva riguardare anche la nostra crisi adolescenziale. Gesù non era più una storia per bambini. Ricordo che c’era la fila per andare a parlare da lui individualmente. Quelli che ci riuscivano tornavano come tante samaritane dopo aver attinto l’acqua dal pozzo”.
Quando fu più grande e già svolgeva il lavoro di giornalista, Lessi rincontrò don Benzi, e decise insieme a lui di scrivere il libro-intervista “Con questa tonaca lisa” di cui sono state fatte quattro edizioni.
Lessi ricorda che quel libro-intervista è nato in auto e di notte. Cioè quando era possibile strappare qualche ora di conversazione a don Oreste, sempre impegnato a rispondere alle domande dei poveri e a guidare la comunità di quanti hanno deciso di seguirlo nella sua avventura umana e cristiana.
“Ricordo – ha scritto Lessi – che nell’estate del 1991, durante quei viaggi in giro per l’Italia, a volte era preso da improvvisi colpi di sonno. Mi chiedeva di poter dormire cinque minuti, ed erano davvero solo cinque. Si risvegliava e riprendeva fresco come se avesse riposato dieci ore. Ancora mi chiedo come facesse. Con il tempo, e parlando coi suoi amici e collaboratori, ho poi scoperto che quello era il suo modo di riposare e di recuperare”.
La giornata di don Oreste è sempre stata intensa. Sveglia all’alba e poi senza interruzioni fino all’una o le due di notte. A volte non si metteva neppure a letto, dormiva un po’ su una poltrona. Recuperava il sonno in queste brevi pennichelle automobilistiche che provvidenzialmente poteva concedersi durante i viaggi in giro per l’Italia.
E a partire dagli anni Novanta viaggiava spesso, sia perché la Comunità Papa Giovanni XXIII si espandeva a macchia d’olio, sia perché lo reclamavano per conferenze, incontri ed anche per le prime trasmissioni televisive.
Nell’omelia della Santa Messa nel primo anniversario della morte di don Oreste Benzi, il Cardinale Carlo Caffarra ha detto: “Senza precedere l’eventuale giudizio della Chiesa, egli è stato il testimone della vittoria di cui parla la Scrittura: ogni deturpazione della dignità umana, segno della vecchia creazione, ha cercato di vincerla colla potenza dell’amore”.
“Colui che vince in questo modo riceverà in eredità lo stesso Dio: Dio sarà il suo Dio ed egli sarà il suo figlio”, ha poi aggiunto il porporato.