Discorso di Benedetto XVI agli studenti universitari degli Atenei romani

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CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 12 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato questo giovedì pomeriggio nella Basilica vaticana da Benedetto XVI al termine della tradizionale celebrazione eucaristica per gli studenti universitari degli Atenei romani in preparazione al Natale, presieduta dal Cardinale Vicario Agostino Vallini.

* * *

Signori Cardinali,

Signora Ministro e distinte Autorità,

venerati Fratelli,

illustri Rettori e Professori,

cari studenti!

L’avvicinarsi del Santo Natale mi offre l’occasione, sempre gradita, di incontrare il mondo universitario romano. Saluto cordialmente il Cardinale Agostino Vallini, mio Vicario per la Diocesi di Roma, e il Cardinale Georges Pell, Arcivescovo di Sydney, la cui presenza ci riporta con la mente e con il cuore all’indimenticabile esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù del luglio scorso. Il passaggio dell’icona di Maria Sedes Sapientiae dalla Delegazione rumena a quella australiana ci ricorda che questa grande “rete” dei giovani nel mondo intero è sempre attiva e in movimento. Ringrazio il Rettore della Sapienza Università di Roma e la studentessa, che mi hanno salutato a nome di tutti. Sono grato per la sua presenza anche al Ministro per l’Università e la Ricerca, augurando ogni bene per tale settore, così importante per la vita del Paese. Un saluto speciale rivolgo agli studenti israeliani e palestinesi che studiano a Roma grazie ai sussidi della Regione Lazio e delle Università romane, come pure ai tre Rettori che hanno partecipato ieri all’incontro sul tema: “Da Gerusalemme a Roma per costruire un nuovo umanesimo”.

Cari amici, quest’anno l’itinerario preparato per voi universitari dalla Diocesi di Roma si coniuga opportunamente con l’Anno Paolino. Il bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti sta aiutando tutta la Chiesa a riscoprire la propria fondamentale vocazione missionaria e, al tempo stesso, ad attingere a piene mani dall’inesauribile tesoro teologico e spirituale delle Lettere paoline. Io stesso, come sapete, sto sviluppando di settimana in settimana un ciclo di catechesi su questo tema. Sono convinto che anche per voi, sia sul piano personale, sia su quello dell’esperienza comunitaria e dell’apostolato in università, il confronto con la figura e il messaggio di san Paolo costituisca un’opportunità molto arricchente. Per questo motivo, vi consegnerò tra poco la Lettera ai Romani, massima espressione del pensiero paolino e segno della sua speciale considerazione per la Chiesa di Roma, o – per usare le parole del saluto iniziale dell’epistola – per “tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata” (Rm 1,7).

La Lettera ai Romani – lo sanno bene alcuni dei docenti qui presenti – è senza dubbio uno dei testi più importanti della cultura di tutti i tempi. Ma essa è e rimane principalmente un messaggio vivo per la Chiesa viva, e come tale io la pongo questa sera nelle vostre mani. Possa questo scritto, scaturito dal cuore dell’Apostolo, diventare nutrimento sostanzioso per la vostra fede, portandovi a credere di più e meglio, ed anche a riflettere su voi stessi, per arrivare ad una fede “pensata” e, al tempo stesso, per vivere questa fede, mettendola in pratica secondo la verità del comandamento di Cristo. Solo così la fede che uno professa diventa “credibile” anche per gli altri, i quali restano conquistati dalla testimonianza eloquente dei fatti. Lasciate che Paolo parli a voi, docenti e studenti cristiani della Roma di oggi, e vi renda partecipi dell’esperienza da lui fatta in prima persona: che cioè il Vangelo di Gesù Cristo “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16).

L’annuncio cristiano, che fu rivoluzionario nel contesto storico e culturale di Paolo, ebbe la forza di abbattere il “muro di separazione” che vi era tra Giudei e pagani (cfr Ef 2,14; Rm 10,12). Esso conserva una forza di novità sempre attuale, in grado di abbattere altri muri che tornano ad erigersi in ogni contesto e in ogni epoca. La sorgente di tale forza sta nello Spirito di Cristo, a cui Paolo consapevolmente si appella. Ai cristiani di Corinto egli dichiara di non contare, nella sua predicazione, “su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1 Cor 2,4). E qual era il nocciolo del suo annuncio? Era la novità della salvezza portata da Cristo all’umanità: nella sua morte e risurrezione la salvezza è offerta a tutti gli uomini senza distinzione.

Offerta, non imposta. La salvezza è un dono che chiede sempre di essere accolto personalmente. E’ questo, cari giovani, il contenuto essenziale del Battesimo che quest’anno vi viene proposto quale Sacramento da riscoprire e, per alcuni di voi, da ricevere o da confermare con una scelta libera e consapevole. Proprio nella Lettera ai Romani, al capitolo 6°, si trova una geniale formulazione del significato del Battesimo cristiano. “Non sapete – scrive Paolo – che quanti siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte?” (Rm 6,3). Come ben potete intuire, è questa un’idea profondissima, che contiene tutta la teologia del mistero pasquale: la morte di Cristo, per la potenza di Dio, è fonte di vita, sorgente inesauribile di rinnovamento nello Spirito Santo. Essere “battezzati in Cristo” significa essere immersi spiritualmente in quella morte che è l’atto d’amore infinito e universale di Dio, capace di riscattare ogni persona e ogni creatura dalla schiavitù del peccato e della morte. San Paolo infatti così prosegue: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4).

L’Apostolo, nella Lettera ai Romani, ci comunica tutta la sua gioia per questo mistero, quando scrive: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? … Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,35.38-39). E questo stesso amore è ciò in cui consiste la vita nuova del cristiano. Anche qui, san Paolo opera una sintesi impressionante, sempre frutto della sua esperienza personale: “Chi ama l’altro – egli scrive – ha adempiuto la Legge … pienezza della Legge infatti è la carità” (Rm 13,8.10).

Ecco, cari amici, ciò che vi consegno questa sera. E’ un messaggio di fede, certo, ma è al tempo stesso una verità che illumina la mente, dilatandola secondo gli orizzonti di Dio; è una verità che orienta la vita reale, perché il Vangelo è la via per giungere alla pienezza della vita. Questa via l’ha già percorsa Gesù, anzi, la Via è Lui stesso, che dal Padre è venuto fino a noi perché noi potessimo per mezzo suo giungere al Padre. Questo è il mistero dell’Avvento e del Natale. La Vergine Maria e san Paolo vi aiutino ad adorarlo e a farlo vostro con profonda fede ed intima gioia. Grazie a voi tutti per la vostra presenza. In vista delle ormai prossime Feste Natalizie, formulo a ciascuno auguri cordiali, che estendo volentieri alle vostre famiglie e ai vostri cari. Buon Natale!

[© Copyright 2008 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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