CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 22 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “La fiducia nella scienza non può far dimenticare il primato dell’etica quando in gioco vi è la vita umana”, ha affermato Benedetto XVI questo sabato ricevendo in udienza i partecipanti al Congresso Scientifico Internazionale “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita (PAV) in occasione della sua XV Assemblea Generale.
Dalla sua scoperta a metà dell’Ottocento ad opera dell’abate agostiniano Mendel, ha spiegato il Pontefice, la genetica “ha compiuto realmente passi da gigante nella comprensione di quel linguaggio che sta alla base dell’informazione biologica e che determina lo sviluppo di un essere vivente”.
“Queste conoscenze, frutto dell’ingegno e della fatica di innumerevoli studiosi, consentono di giungere più facilmente non solo a una più efficace e precoce diagnosi delle malattie genetiche, ma anche a produrre terapie destinate ad alleviare le sofferenze dei malati e, in alcuni casi, perfino a restituire loro la speranza di riacquistare la salute”, ha osservato.
Riconoscendo che l’ambito della ricerca rimane “molto aperto” e che ogni giorno vengono dischiusi “nuovi orizzonti ancora in larga parte inesplorati”, il Papa ha constatato che “la fatica del ricercatore in questi ambiti così enigmatici e preziosi richiede un particolare sostegno”, aggiungendo che per questo “la collaborazione tra le differenti scienze è un supporto che non può mai mancare per approdare a risultati che siano efficaci e nello stesso tempo produttori di autentico progresso per l’umanità intera”.
Questa complementarità, sostiene, “permette di evitare il rischio di un diffuso riduzionismo genetico, incline a identificare la persona esclusivamente con il riferimento all’informazione genetica e alle sue interazioni con l’ambiente”.
Secondo il Papa, è infatti necessario “ribadire che l’uomo sarà sempre più grande di tutto ciò che forma il suo corpo; egli, infatti, porta con sé la forza del pensiero, che è sempre tesa alla verità su di sé e sul mondo”.
Ogni essere umano, dunque, “è molto di più di una singolare combinazione di informazioni genetiche che gli vengono trasmesse dai genitori”, e la generazione di uomo “non potrà mai essere ridotta a una mera riproduzione di un nuovo individuo della specie umana, così come avviene con un qualunque animale”.
“Ogni apparire nel mondo di una persona è sempre una nuova creazione”, ha dichiarato.
Il Pontefice ha quindi ricordato il rischio rappresentato dall’eugenetica, “pratica non certamente nuova e che ha visto nel passato porre in essere forme inaudite di autentica discriminazione e violenza”.
Anche se la disapprovazione per l’eugenetica “utilizzata con la violenza da un regime di stato, oppure frutto dell’odio verso una stirpe o una popolazione, è talmente radicata nelle coscienze che ha trovato espressione formale nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, ha rilevato, “appaiono ancora ai giorni nostri manifestazioni preoccupanti di questa pratica odiosa, che si presenta con tratti diversi”.
Se non si ripropongono “ideologie eugenetiche e razziali che in passato hanno umiliato l’uomo e provocato sofferenze immani”, si insinua tuttavia “una nuova mentalità che tende a giustificare una diversa considerazione della vita e della dignità personale fondata sul proprio desiderio e sul diritto individuale”, tendendo a “privilegiare le capacità operative, l’efficienza, la perfezione e la bellezza fisica a detrimento di altre dimensioni dell’esistenza non ritenute degne”.
In questo modo, ha denunciato Benedetto XVI, si indebolisce il rispetto che è dovuto a ogni essere umano e si penalizzano fin dal concepimento “quei figli la cui vita è giudicata come non degna di essere vissuta”.
“Se l’uomo viene ridotto ad oggetto di manipolazione sperimentale fin dai primi stadi del suo sviluppo, ciò significa che le biotecnologie mediche si arrendono all’arbitrio del più forte”.
Contro questa visione, ha avvertito, bisogna ribadire “con forza” la convinzione per cui ogni essere umano ha una dignità uguale a quella degli altri “per il fatto stesso di essere venuto alla vita”, respingendo decisamente “ogni discriminazione esercitata da qualsiasi potere nei confronti di persone, popoli o etnie sulla base di differenze riconducibili a reali o presunti fattori genetici”, che il Papa definisce “un attentato contro l’intera umanità”.
Per questo, esorta a “consolidare la cultura dell’accoglienza e dell’amore che testimoniano concretamente la solidarietà verso chi soffre, abbattendo le barriere che spesso la società erige discriminando chi è disabile e affetto da patologie, o peggio giungendo alla selezione ed al rifiuto della vita in nome di un ideale astratto di salute e di perfezione fisica”.