CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 15 settembre 2009 (ZENIT.org).- Tutta la Chiesa sta comprendendo che la famiglia cristiana non deve essere solo “oggetto”, ma anche “soggetto” dell’evangelizzazione, perché l’azione missionaria possa arrivare dove giungono solo le famiglie, ha constatato un seminario convocato dalla Santa Sede.
Sul tema “Famiglia, soggetto di evangelizzazione”, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha riunito a Roma il 10 e l’11 settembre decine di coppie di tutto il mondo e sacerdoti impegnati nella pastorale familiare.
Monsignor Carlos Simón Vázquez, sottosegretario del dicastero vaticano, ha spiegato a ZENIT che la riflessione si è concentrata in particolare sul magistero del Concilio Vaticano II, sulla Costituzione Gaudium et Spes e sull’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, firmata da Giovanni Paolo II dopo il Sinodo sulla Famiglia del 1980.
Questo documento, afferma il presule, “ci presenta una teologia, una pastorale della famiglia, che affonda le radici nel mistero di Dio ed è chiamata ad essere presenza di quel Dio amore, di quel Dio che vuole comunicare la sua buona novella a tutto il mondo”.
La famiglia, constata, “è chiamata a rendere presente questo Dio nella storia”, come spiega la Gaudium et Spes, presentandola come “soggetto che deve rendere realtà i presupposti che pone nella prima parte del documento: ad esempio, deve essere presente nel servizio internazionale, nel servizio alla società, alla cultura, negli altri servizi in cui la Chiesa ha qualcosa da dire”.
Monsignor Vázquez ha osservato che la famiglia è ridotta a un “oggetto” e non a un “soggetto” evangelizzatore “quando vediamo in essa un oggetto che fa cose, che risolve problemi…”.
“La famiglia fa tutto questo, ma in primo luogo è un essere amato da Dio. La sua azione è quindi il suo essere – ha aggiunto –. Non è una specie di soluzione dei problemi, ma compie questa missione perché ha vissuto una vocazione che Dio le ha dato nell’amore”.
La famiglia, indica il sacerdote, “è il luogo della gratuità, della generosità, dove tutti trovano un motivo per sperare e per essere sicuri, non per ciò che hanno ma per quello che sono, e questa è la traduzione della dinamica dell’amore”.
La visione della Caritas in Veritate
Padre Leopoldo Vives, ex segretario di Famiglia e Vita della Commissione dell’Apostolato Secolare della Conferenza Episcopale Spagnola, ha partecipato al simposio per mostrare il ruolo protagonista della famiglia alla luce della nuova Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate.
“Il progresso della società passa per il progresso della famiglia”, ha spiegato in un’intervista concessa a ZENIT. In questo senso, ha sottolineato due aspetti.
“Il primo è la relazione della verità con l’amore: il progresso umano dev’essere integrale e questo non può avvenire se non nella relazione interpersonale, quindi una relazione d’amore”.
“Se questa relazione d’amore non si vive in conformità alla persona vera, lo sviluppo è fittizio e può esserci un grande sviluppo economico ma non nella persona”, ha aggiunto.
Un altro punto, ha proseguito, “è l’apertura alla trascendenza dell’uomo che va al di là di un orizzonte terreno. Senza di questa siamo fuori dalla verità integrale dell’uomo, e quindi fuori dal suo vero bene, e ci troveremmo nuovamente in uno sviluppo fittizio”.
Padre Vives sottolinea in particolare il brano dell’Enciclica del Papa in cui mostra “la relazione tra la famiglia e la Trinità: come vive della sua comunione d’amore e della comunione del Dio trinitario. Sicuramente lì è la vera pienezza dell’uomo non solo sulla terra, ma nella piena comunione con Dio in cielo”.
Uno degli esempi che mostrano come la famiglia diventa oggetto e non soggetto di evangelizzazione è l’“ideologia di genere”.
“L’istituzione familiare si basa sulla natura stessa della persona – indica Vives –. Nel caso dell’ideologia di genere, abbiamo una negazione della verità dell’uomo, perché lo abbiamo frammentato, considerando il nostro corpo come qualcosa di materiale, indipendente dalla persona che io potrei con la mia libertà modellare a mio gusto e del tutto separato da quella che è la persona, che si esprime con la sua libertà, intesa anche male, cioè: ‘io sono persona perché sono libero e visto che sono libero posso scegliere’. Non è così”.
“La persona è una nella sua unità di corpo e anima, e quindi la mia identità non può essere vera se non tiene conto degli atti originali e fondamentali di chi sono io. In primo luogo sono uomo o donna”.
“La famiglia basata sul matrimonio, l’unione tra un uomo e una donna, è la verità dell’uomo. Senza di essa, stiamo distruggendo la relazione più fondamentale della persona, che è la relazione coniugale, e in questo modo si distrugge il rapporto genitori-figli”.
“Si ferisce così la propria identità, il sapere chi sono in una relazione personale: ‘Io sono io perché tu sei tu; tu sei tu e io sono diverso da te’. Ma se annulliamo questa differenza, che è ciò che vuole fare l’ideologia di genere, eliminiamo la base dell’identità personale. Se io cerco di costruire la mia identità personale al margine del mio essere maschile, sono in costante contraddizione con il mio essere”.
“Amore liquido”
Per padre Vives, una delle grandi sfide per le coppie giovani che vogliono sposarsi per la Chiesa è l’“amore liquido”, cioè “qualcosa di inconsistente, che non ha fondamento, una cosa su cui non si può costruire perché si riduce a diversi sentimenti”.
“Ovviamente ci sono sentimenti nell’amore, e questo è un aspetto importante e molto attraente per i giovani, ma non si può ridurre tutto a un sentimento”, sottolinea.
“L’amore è una comunione che sboccia dal dono di sé. E quel dono è una donazione totale. E’ questo che dà fondamento a una relazione. E’ ciò che non accade in una relazione di ‘amore liquido’, di soggetti che non hanno una capacità di sacrificio, donazione e fedeltà, che non sono capaci di promettere perché considerano il futuro come qualcosa di incerto”.
Per superare l’“amore liquido”, il sacerdote propone di comprendere cosa significa essere cristiano.
“Quando si capisce di avere una vocazione, che quella vocazione è un dono di Dio e che viene santificata da un sacramento, le persone sono in una disposizione molto più capace di sostenere la promessa di vivere l’amore, di costruire relazioni forti e stabili”.
“Per questo è assolutamente fondamentale il legame con la Chiesa. Sposarsi nel Signore è allo stesso tempo un’adesione alla Chiesa perché è corpo di Cristo. In Dio possiamo trovare l’amore che gli sposi sognano e che li rende capaci di restare uniti”.
“Non è possibile nemmeno vivere l’amore senza perdono, e tutto questo viene alimentato dalla cooperazione degli sposi con la grazia sacramentale”, ha concluso padre Vives.
[Informazioni raccolte da Carmen Elena Villa]