Giocare con la vita

Quando i bambini vengono strumentalizzati

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di padre John Flynn, LC

ROMA, lunedì, 14 settembre 2009 (ZENIT.org).- La cronaca degli ultimi mesi ha riportato molte notizie sulle nuove tecniche di fecondazione assistita. Il forte desiderio delle coppie di avere figli, unito ai continui progressi della tecnica, costituiscono una combinazione dirompente.

Il 2 settembre scorso, tutti i principali media inglesi riportavano la notizia della nascita del primo bambino concepito grazie ad un nuovo metodo diagnostico che rileva i difetti genetici che possono essere di ostacolo al buon esito di una fecondazione in vitro FIV.

“Oliver” è nato da una donna di 41 anni, dopo diversi tentativi di fecondazione, secondo la BBC.

I servizi stampa su eventi di questo tipo sono spesso dominati dalla naturale gioia della coppia che gode del nuovo bambino. Tuttavia, dietro le quinte, l’industria in espansione della fecondazione in vitro si inscrive in una storia di innumerevoli vite sacrificate, di bambini nati che non conosceranno mai i loro genitori biologici, e di centinaia di migliaia di vite condannate ad un limbo di ghiaccio nei congelatori delle cliniche.

La Chiesa cattolica ha sottolineato da molti anni i problemi etici insiti nella fecondazione in vitro. La sua posizione è stata ripetuta e amplificata nel documento “Dignitatis Personae”, pubblicato alla fine dello scorso anno dalla Congregazione per la dottrina della fede.

“La Chiesa riconosce la legittimità del desiderio di un figlio, e comprende le sofferenze dei coniugi afflitti da problemi di infertilità”, ammette (par. 16).

“Tale desiderio non può però venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio”, aggiunge. “Il desiderio di un figlio non può giustificarne la ‘produzione’, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificarne l’abbandono o la distruzione”, spiega il Vaticano.

Pericolosi effetti collaterali

Esistono preoccupazioni persino per coloro che nascono con successo attraverso le tecniche di fecondazione assistita. Questi bambini hanno infatti una probabilità del 30% superiore, di essere affetti da problemi genetici o altri problemi di salute, secondo il quotidiano britannico Daily Mail del 20 marzo.

Il monito è stato lanciato dalla Human Fertilization and Embryology Authority del Regno Unito. In tale Paese, più di 10.000 bambini nascono ogni anno attraverso fecondazioni assistite, secondo l’articolo.

La ricerca che ha dato luogo a questo avvertimento è stata svolta dagli U.S. Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta. Sono state prese in esame più di 13.500 nascite, con altri 5.000 casi di controllo, utilizzando i dati del National Birth Defects Prevention Study.

Da questi dati risulta che i bambini nati da FIV possono soffrire di una serie di problemi, tra cui difetti alle valvole cardiache, palatoschisi e labbro leporino, e malformazioni all’apparato digerente.

Intanto, una ricerca australiana ha rivelato che i gemelli nati da FIV hanno maggiori probabilità di avere bisogno di terapie intensive dopo la nascita e di essere ospitalizzati nei primi tre anni di vita, rispetto ai gemelli concepiti in modo naturale.

Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano Australian del 21 maggio, i gemelli FIV rimangono in ospedale più a lungo dopo il parto e hanno una probabilità del 60% superiore di essere trasferiti alle unità di terapia intensiva neonatale. Inoltre essi hanno anche una maggiore incidenza di parti prematuri e di basso peso alla nascita.

A queste conclusioni è giunta un’èquipe della città di Perth, che ha preso in esame i ricoveri ospedalieri dei quasi 4.800 gemelli nati nell’Australia occidentale tra il 1994 e il 2000.

Grovigli familiari

Dissociare i figli dal rapporto sponsale porta anche al formarsi di strutture familiari sempre più complicate, nonché a frequenti liti giudiziarie. Nello Stato di New York è stato negato ai genitori di un ventitreenne, morto di tumore, di utilizzare lo sperma conservato del loro figlio morto per avere un nipote, secondo quanto riportato da Associated Press il 3 marzo.

Mark Speranza aveva depositato il proprio seme in un laboratorio nel 1997, ma aveva anche firmato una dichiarazione in cui ne disponeva l’eliminazione qualora fosse morto. Il seme era stato conservato per dargli la possibilità di diventare padre, qualora fosse sopravvissuto.

Dopo la sua morte i suoi genitori hanno tentato di avere un nipote attraverso una madre surrogata in cui impiantare il suo seme. Ma gli anni di battaglie legali sono trascorsi tuttavia senza esito.

Nel Texas, invece, il giudice Guy Herman, di Travis County, ha dato l’assenso ad una madre di poter utilizzare lo sperma prelevato dal corpo morto del figlio, ha riferito Associated Press il 9 aprile.

Nikolas Colton Evans è morto all’età di 21 anni in seguito ad una rissa. La madre, Marissa, ha dichiarato che il figlio aveva sempre voluto dei figli.

Secondo l’articolo, il professor John Robertson, dell’Università del Texas, avrebbe detto che, mentre la legge statale riconosce ai genitori la potestà sul corpo del figlio in relazione alla donazione di organi e tessuti, per quanto riguarda lo sperma la situazione “è molto meno chiara”.

Due giorni dopo, un altro articolo sull’argomento di Associated Press si è incentrato sulle questioni di natura etica. “È un modo difficile per un bambino di venire al mondo. Quando emergeranno i dettagli e il bambino capirà di più delle sue origini, voglio vedere quale potrà essere l’impatto nel apprendere di essere un bambino di riserva”, ha affermato Tom Mayo, direttore del Maguire Center for Ethics and Public Responsibility della Southern Methodist University.

Mark Vopat, professore di filosofia e studi religiosi presso la Youngstown State University dell’Ohio, secondo l’articolo, avrebbe detto che, mentre il ragazzo può aver espresso il desiderio di avere un giorno dei figli, questo non significa che avrebbe voluto diventare padre anche postumo.

Poi, dall’Australia è arrivata la notizia di una donna dello Stato del Queensland che porta in grembo un bambino per conto del suo fratello omosessuale, concepito con il seme di un terzo, secondo quanto riferito dal quotidiano Courier Mail del 2 giugno. Le identità delle persone coinvolte non sono state rivelate.

Il bambino dovrebbe nascere all’inizio del prossimo anno e non avrà rapporti con il padre biologico, secondo l’articolo.

A commento di queste notizie, il vescovo anglicano Tom Frame, che a sua volta era stato adottato quando era piccolo e che non conosce il proprio padre, ha detto al Courier Mail che l’impatto di una simile situazione sarebbe travolgente per un bambino.

“Si tratta di un bambino che crescerà senza il suoi genitori biologici”, ha detto Frame. “Stiamo deliberatamente rompendo il legame tra il padre, la madre e il figlio”.

Anche se questi figli, quando crescono, vogliono trovare i propri genitori, spesso non riescono nel loro intento. Questo è il caso, per esempio, di Lauren Burns di Melbourne, Australia.

Nata grazie alle tecniche di fecondazione in vitro, sa che il nome del proprio padre biologico è nei registri, ma alle autorità dello Stato non è consentito di rivelarglielo, secondo quanto riferito dal quotidiano Age del 12 aprile.

Quattro bambini sono nati in quattro famiglie utilizzando lo sperma di un uomo a loro noto solo come C11.

“È interessante notare che, in generale, la società incoraggia fortemente i padri ad essere partecipi della vita dei propri figli e che quelli che non lo fanno… sono etichettati come dei padri degeneri”, ha detto al quotidiano. “Invece, in questo caso, si tratta dell’esatto opposto”, ha sottolineato.

Non solo cellule

“Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all’insie
me delle sue cellule”, secondo il documento del Vaticano “Dignitatis Personae” (par. 4).

La Congregazione per la dottrina della fede sottolinea inoltre che in nessun altro ambito della medicina, le autorità sanitarie darebbero l’assenso a procedure mediche con un tasso globale così alto di esiti negativi e fatali (par. 15).

“Le tecniche di fecondazione in vitro in realtà vengono accettate, perché si presuppone che l’embrione non meriti un pieno rispetto, per il fatto che entra in concorrenza con un desiderio da soddisfare”, osserva il documento. Il desiderio di avere figli è certamente forte, ma quando lo si vuole soddisfare al costo di violare il rispetto della vita, allora si sono persi di vista i principi etici fondamentali.

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ZENIT Staff

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