L'incontro del sacerdote con Maria nella Celebrazione eucaristica

Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi

Share this Entry

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Continuando la serie di articoli che stiamo pubblicando in quest’Anno Sacerdotale, nei quali centriamo l’attenzione sul sacerdote nella Celebrazione eucaristica, proponiamo l’articolo di don Juan Silvestre, Professore di Liturgia presso la Pontificia Università della Santa Croce e Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, sul tema della presenza della Vergine Maria nella S. Messa. L’autore rivolge la sua analisi soprattutto alla forma ordinaria del Rito romano e arricchisce le sue riflessioni con numerosi testi, soprattutto del Magistero pontificio recente. Cogliamo l’occasione per augurare a tutti i sacerdoti un santo mese di maggio, in compagnia di Maria Santissima, Madre dei sacerdoti (don Mauro Gagliardi).

***

1. Eucaristia, Chiesa e Maria: in relazione al sacerdote

«Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa»[1]. Queste parole del venerabile Giovanni Paolo II costituiscono una traccia adeguata per introdurci nel tema che cerchiamo di sviluppare brevemente con questo articolo: L’incontro del sacerdote con Maria nella Celebrazione eucaristica.

Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del Signore, «si realizza l’opera della nostra redenzione»[2] e per questo si può affermare che «c’è un influsso causale dell’Eucaristia alle origini stesse della Chiesa»[3]. Nell’Eucaristia, Cristo si consegna a noi, edificandoci continuamente come suo Corpo. «Pertanto, nella suggestiva circolarità tra Eucaristia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa l’Eucaristia, la causalità primaria è quella espressa nella prima formula: la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell’Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della croce»[4]. L’Eucaristia precede cronologicamente ed ontologicamente la Chiesa e in questo modo si comprova di nuovo che il Signore ci ha «amato per primo».

Allo stesso tempo, Gesù ha reso perpetua la sua donazione personale mediante l’istituzione dell’Eucaristia durante l’Ultima Cena. In quell’«ora», Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione. Di qui che possiamo affermare che «in questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale»[5]. Tutto il Triduum paschale è come incluso, anticipato e «concentrato» per sempre nel Dono eucaristico. Per questo, ogni sacerdote che celebra la Santa Messa, assieme alla comunità che ad essa partecipa, ritorna all’«ora» della croce e della glorificazione, torna spiritualmente al luogo e alla hora sancta della redenzione[6]. Nell’Eucaristia, ci addentriamo nell’atto oblativo di Gesù e così, partecipando alla sua offerta, al suo Corpo e al suo Sangue, ci uniamo a Dio[7].

In questo «memoriale» del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua Passione e morte. «Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore»[8]. In ogni celebrazione della Santa Messa, noi riascoltiamo quell’«Ecco tuo figlio!» detto dal Figlio a sua Madre, mentre Egli stesso ripete a noi: «Ecco tua Madre!» (Gv 19,26-27).

«Prendere con sé Maria, significa introdurla nel dinamismo dell’intera propria esistenza – non è una cosa esteriore – e in tutto ciò che costituisce l’orizzonte del proprio apostolato»[9]. Per questo «Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. […] Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia»[10].

La raccomandazione della celebrazione quotidiana della Santa Messa, anche quando non vi fosse partecipazione di fedeli, deriva da una parte dal valore obiettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; «e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione»[11]. In questo percorso di conformazione e di trasformazione, l’incontro del sacerdote con Maria nella Santa Messa riveste un’importanza particolare. In realtà, «per la propria identificazione e conformazione sacramentale a Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, ogni sacerdote può e deve sentirsi veramente figlio prediletto di questa altissima ed umilissima Madre»[12].

2. Nella Messa di Paolo VI

Nel Messale Romano nella sua editio typica tertia, espressione ordinaria della Lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino, la presenza materna di Maria si sperimenta in due momenti significativi della Celebrazione eucaristica: il Confiteor dell’atto penitenziale e la Preghiera eucaristica.

2.1. Il Confiteor. Nel cammino verso il Signore, ci rendiamo conto della nostra indegnità. L’uomo dinanzi a Dio si avverte peccatore e dalle sue labbra sorge spontanea la confessione della propria miseria. Si rende necessario chiedere all’interno della celebrazione che Dio stesso ci trasformi e che accetti di farci partecipare a quella actio Dei che costituisce la liturgia. Di fatto, lo spirito di continua conversione è una di quelle condizioni personali che rendono possibile la actuosa participatio dei fedeli e dello stesso sacerdote celebrante. «Non ci si può aspettare una partecipazione attiva alla Liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza prima interrogarsi sulla propria vita […]. Un cuore riconciliato con Dio abilita alla vera partecipazione»[13].

L’atto penitenziale, che «si compie attraverso la formula di confessione generale di tutta la comunità»[14], ci aiuta a conformarci ai sentimenti di Cristo e a porre i mezzi perché si realizzi lo «stare con Dio»; mentre ci «forza» ad uscire da noi stessi, ci spinge a pregare con e per gli altri: non siamo soli. Grazie alla comunione dei santi, aiutiamo e ci sentiamo aiutati e sostenuti gli uni dagli altri. È in questo contesto che incontriamo una delle modalità dell’orazione liturgica mariana, la quale si presenta come ricordo dell’intercessione di Maria nel Confiteor. Come ricordava Paolo VI, «il popolo di Dio la invoca come Consolatrice degli afflitti, Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, per ottenere consolazione nella tribolazione, sollievo nella malattia, forza liberatrice dal peccato; perché Lei, libera da ogni peccato, conduce i suoi figli a questo: a vincere con energica determinazione il peccato»[15].

Il Confiteor, genuina formula di confessione, si incontra in diverse redazioni, a partire dal sec. IX, in ambito monastico. Di lì passerà alle chiese del clero secolare e lo troviamo come elemento fisso nell’Ordo della Curia papale anteriore al 1227[16]:

«Ideo precor beatam Mariam semper Virginem…».

«Por questo prego la Beata Maria, sempre Vergine…».

Maria, in comunione con Cristo unico Mediatore, prega il Padre per tutti i fedeli, suoi figli. Come ricorda il concilio Vaticano II: «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita»[17].

Maria «si prende cura dei fratel
li del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata»[18]. Simile cura Ella la dimostra particolarmente per i sacerdoti. «Maria li predilige infatti per due ragioni: perché sono più simili a Gesù, amore supremo del suo cuore, e perché anch’essi, come Lei, sono impegnati nella missione di proclamare, testimoniare e dare Cristo al mondo»[19]. Così si spiega che il concilio Vaticano II affermi: «Essa è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli Apostoli, il sostegno del loro ministero: essi [i presbiteri] devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale»[20].

2.2. La Preghiera eucaristica. Per quanto riguarda la memoria di Maria nelle preghiere eucaristiche del Messale Romano, «questa memoria quotidiana, per la sua collocazione al centro del santo Sacrificio, deve essere ritenuta come una forma particolarmente espressiva del culto che la Chiesa rende alla Benedetta dall’Altissimo (cf. Lc 1,28)»[21].

Questo ricordo di Maria Santissima si manifesta in due modi: la sua presenza nell’incarnazione e la sua intercessione gloriosa. Circa il primo modo, possiamo ricordare che il «sì» di Maria è la porta per la quale Dio si incarna, entra nel mondo. In questo modo, Maria è realmente e profondamente coinvolta nel mistero dell’incarnazione e pertanto della nostra salvezza. «L’incarnazione, il farsi uomo del Figlio, era dall’inizio finalizzata al dono di sé; al donarsi con molto amore nella croce, per farsi pane per la vita del mondo. Così sacrificio, sacerdozio e incarnazione vanno insieme e Maria sta nel centro di questo mistero»[22].

Così si trova espresso, ad esempio, nel prefazio della Preghiera eucaristica II, che si rifà alla Traditio apostolica, nonché nel Post-sanctus della IV. Le due espressioni sono molto simili:

«…e lo hai mandato a noi Salvatore e Redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria»(PE II).

«Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria» (PE IV).

Nel contesto della Preghiera eucaristica, questa confessione di fede sottolinea la cooperazione di Maria Santissima al mistero dell’incarnazione e il suo legame con Cristo, come pure l’azione dello Spirito Santo. Con essa si intende presentare l’Eucaristia come presenza vera ed autentica del Verbo incarnato che ha sofferto ed è stato glorificato. L’Eucaristia, mentre rimanda alla Passione e risurrezione, sta allo stesso tempo in continuità con l’incarnazione.

Giovanni Paolo II segnala che «Maria concepì nell’annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del Corpo e del Sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il Corpo e il Sangue del Signore»[23]. Maria appare così legata alla relazione «Incarnazione-Eucaristia».

D’altro canto, la presenza di Maria Santissima nella preghiera eucaristica ci presenta anche la sua intercessione gloriosa. Il ricordo di Lei nella comunione dei santi è elemento tipico del Canone Romano e si ritrova nelle altre preghiere eucaristiche del Messale Romano, in sintonia con le anafore orientali. «La tensione escatologica suscitata dall’Eucaristia esprime e rinsalda la comunione con la Chiesa celeste. Non è un caso che nelle anafore orientali e nelle preghiere eucaristiche latine si ricordi[…] con venerazione la sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo»[24].

La memoria di Maria nel Canone Romano si arricchì con titoli solenni che ricordano la proclamazione del dogma della maternità divina del concilio di Efeso (431) e con espressioni che probabilmente derivano della omelie dei sommi pontefici[25]. La menzione solenne del Canone Romano recita:

«… in primis gloriosae semper virginis Mariae Genetricis Dei,

et Domini nostri Iesu Christi».

«Veneriamo la memoria, anzitutto, della gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo» (Canone Romano).

Maria Santissima è esaltata con i titoli di gloriosa e semper Virgo, come la chiama sant’Epifanio[26]. D’altra parte, l’espressione Genetrix Dei è utilizzata con frequenza dai Padri latini, specialmente da sant’Ambrogio. Il suo inserimento nel Canone Romano è anteriore all’epoca del papa Leone Magno e molto probabilmente fu introdotta prima del concilio di Efeso[27]. Va inoltre evidenziato che Maria è ricordata prima di tutti i santi.

Il significato di questa menzione e di questo ricordo può essere triplice[28]: primo, la Chiesa facendo memoria di Maria entra in comunione con Lei; secondo, tale ricordo è logico, perché deriva dalla condizione di santità e gloria propria della Madre di Dio[29]; ultimo, a causa dell’intercessione che Ella esercita presso Dio[30]: «Per i loro meriti e le loro preghiere [di Maria e dei santi] donaci sempre [Signore] aiuto e protezione» (Canone Romano).

In un contesto simile a quello del Canone Romano, sebbene con piccole variazioni, si incontra la nostra richiesta a Maria e ai santi perché raggiungiamo la vita eterna:

«… donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la Beata Maria, Vergine e Madre di Dio…» (PE II).

«… perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la Beata Maria, Vergine e Madre di Dio…» (PE III)[31].

«… concedi a noi, tuoi figli, di ottenere con la Beata Maria Vergine e Madre di Dio […] l’eredità eterna del tuo regno…»(PE IV).

3. Nella Messa di san Pio V

Da ultimo, ricordiamo che nel Messale Romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962, espressione straordinaria della Lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino, incontriamo menzionata Maria Santissima in altri due momenti della Celebrazione eucaristica, oltre a quelli rimasti anche nella forma ordinaria. Innanzitutto, nella supplica alla Santissima Trinità che il sacerdote prega dopo il Lavabo e che pone fine ai riti offertoriali. Vi si legge:

«Suscipe sancta Trinitas, hanc oblationem quam tibi offerimus ob memoriam passionis […];

et in honorem beatae Mariae semper Virginis…»

Questa preghiera riassume le intenzioni e i frutti del sacrificio come epilogo dell’Offertorio. In effetti, dopo aver ricordato che l’offerta si compie in memoria della Passione, risurrezione e ascensione del Signore, si menzionano la Santissima Vergine e i santi Giovanni Battista, Pietro e Paolo. La menzione di Maria si colloca nel contesto di quella venerazione che la santa Chiesa con amore speciale le tributa a motivo del legame indissolubile che esiste tra Lei e l’opera salvifica del suo Figlio. Allo stesso tempo, in Lei ammira ed esalta il frutto più splendente della redenzione[32]. In questa preghiera si ricorda che «nell’Eucaristia la Chiesa si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo proprio lo spirito di Maria»[33].

La menzione di Maria si incontra poi nell’embolismo Líbera nos che segue il Pater noster, in cui ci si esprime in questi termini:

«Libera nos, quaesumus Domine, ab omnibus malis, praeteritis, praesentibus et futuris:

et intercedente beata et gloriosa semper Virgine Dei Genitrice Maria […] da propitius pacem in diebus nostris…».

Anche questa orazione manifesta la perfetta unità esistente tra Lex orandi e Lex credendi, poiché «la sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale»[34]. Di fatto, questa orazione mostra che «a causa del suo carattere di intercessione, che si manifestò per la prima volta a Cana di Galilea, la mediazione di Maria continua nella storia della Chiesa e del mondo»[35].

4. Conclusione

Terminando questa breve panoramica sull’Ordo Missae, fatta di sig
nificativi incontri con Maria Santissima, possiamo affermare con uno dei grandi santi del nostro tempo: «Per me la prima devozione mariana – mi piace pensare così – è la Santa Messa […]. Questa è infatti un’azione della Trinità: per volontà del Padre, cooperando con lo Spirito Santo, il Figlio si offre in oblazione redentrice. In questo insondabile mistero, si avverte, come attraverso il velo, il volto purissimo di Maria: Figlia di Dio Padre, Madre di Dio Figlio, Sposa di Dio Spirito Santo. L’incontro con Gesù nel Sacrificio dell’altare comporta necessariamente l’incontro con Maria, sua Madre»[36].

[Traduzione dallo spagnolo di don Mauro Gagliardi]

[1] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 53.

[2] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 3.

[3] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 21.

[4] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 14.

[5] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 5.

[6] Cf. ibid., n. 4.

[7] Cf. Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 13.

[8] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 57.

[9] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[10] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 57.

[11] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 80.

[12] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[13] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 55.

[14] Institutio Generalis Missalis Romani, n. 55.

[15] Paolo VI, Marialis cultus, n. 57.

[16] V. Raffa, Liturgia eucaristica. Mistagogia della Messa: dalla storia e dalla teologia alla pastorale pratica, Roma 2003, pp. 272-274.

[17] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 60.

[18] Ibid., n. 62.

[19] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[20] Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, n. 18.

[21] Paolo VI, Marialis cultus, n. 10.

[22] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[23] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 55.

[24] Ibid., n. 19.

[25] Cf. S. Meo, «La formula mariana Gloriosa semper Virgo Maria Genitrix Dei et Domini nostri Iesu Christi nel Canone romano e presso due Pontefici del V secolo», in Pontificia Academia Mariana Internationalis, De primordiis cultus mariani. Acta Congressus Mariologici-mariani in Lusitania anno 1967 celebrati, Romae 1970, II, pp. 439-458.

[26] Cf. M. Righetti, Historia de la liturgia, Madrid 1956, I, p. 334.

[27] M. Augé, L’anno liturgico: è Cristo stesso presente nella sua Chiesa, Città del Vaticano 2009, p. 247.

[28] Cf. J. Castellano, «In comunione con la Beata Vergine Maria. Varietà di espressioni della preghiera liturgica mariana», Rivista liturgica 75 (1988), p. 59.

[29] «La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad elevare gli occhi a Maria, che brilla come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (Paolo VI, Marialis cultus, n. 57).

[30] «La pietà verso la Madre del Signore si converte per il fedele in occasione di crescita nella grazia divina, finalità utlima di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la Piena di grazia (Lc 1,28) senza onorare in se stessi lo stato ri grazia, vale a dire, l’amicizia con Dio, la comunione con Lui, l’inabitazione dello Spirito» (Paolo VI, Marialis cultus, n. 57).

[31] «La recente Preghiera eucaristica III esprime con intenso anelito il desiderio degli oranti di condividere con la Madre l’eredità dei figli» (Ibid., n. 10).

[32] Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, n. 102.

[33] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 58.

[34] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 34.

[35] Giovanni Paolo II, Redemptoris mater, n. 40.

[36] J. Escrivá, La Virgen del Pilar. Libro de Aragón, Madrid 1976, p. 99.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione