di Massimo Losito
ROMA, sabato, 5 giugno 2010 (ZENIT.org).- Esiste una associazione dove le persone non si abbattono e non abbandonano la vita neanche di fronte alla più infausta delle diagnosi prenatali.
Si chiama “Quercia Millenaria” (http://www.laquerciamillenaria.org/) ed è stata ideata e attivata proprio da genitori che hanno già vissuto questo dramma e che desiderano offrire la loro esperienza e il loro aiuto.
La Quercia Millenaria è il luogo in cui i genitori condividono il percorso di accoglienza di un figlio considerato “incompatibile con la vita”, o che vivrà con una malformazione, e si sostengono reciprocamente con amore fraterno, aiuto concreto e preghiera comunitaria.
Nel sito della Quercia Millenaria è scritto: “In caso di malformazione fetale, l’aborto non è la soluzione: noi possiamo aiutarti”.
Ed ancora: “Esiste un’alternativa all’aborto, e si chiama ‘accompagnamento’: amare fino alla fine. Sono due strade di sicuro dolore entrambe: solo una delle due, però, contiene Amore, e questo farà la differenza di un dono finale: pace, speranza, slancio a riaprirsi presto alla vita, unità della coppia. Rivolgetevi a noi con fiducia, da oggi non siete più soli. La Quercia Millenaria sarà accanto a voi”.
Per saperne di più, ZENIT ha intervistato la Presidente della Quercia Millenaria, Sabrina Pietrangeli.
Dove trovano la forza, le vostre famiglie, nell’accogliere un figlio destinato a morte certa?
Pietrangeli: Intanto debbo dire che “morte certa” e “feto terminale”, sebbene esprimano in modo chiaro la evidente problematica del bambino, sono terminologie che sappiamo non essere sempre delle sentenze di morte. Ne abbiamo collezionati di “fatti inspiegabili” che hanno cambiato la storia naturale di un bambino, per poter affermare questo! Proprio la nostra associazione nasce dalla storia di un bambino portatore di quello che sulla cartella clinica è stato descritto come “risoluzione naturale” ma che è una inspiegabile “risoluzione miracolosa”, pur se non senza conseguenze.
A parte questo, i piccoli che nel momento della diagnosi sembrano essere realmente destinati a non avere vita fuori dal grembo materno, sono per i genitori un dono stupendo comunque. Il loro modo di accompagnare questi bambini è intriso sì di sofferenza, ma mai di disperazione. Il rifiuto di questi figli avrebbe scatenato l’aborto sin dal momento della diagnosi: così non è stato, e quindi l’accompagnamento, anche fino alla morte stessa, risulta possibile perché condito di amore e accettazione, animato dalla convinzione che dietro quella vita apparentemente inutile e senza futuro, si nasconda un progetto di amore che verrà rivelato nel tempo. E normalmente, il tempo dà ragione a queste famiglie… altrimenti non avremmo totalizzato 32 testimonianze in due soli libri, e altre ne arrivano in continuazione, alcune delle quali pubblicate regolarmente sul nostro sito.
La Quercia Millenaria è promotrice di un convegno che ha per titolo “Il contenimento del dubbio diagnostico: il counselling per la vita prenatale”. Che importanza riveste per lei la possibilità di parlare al mondo medico?
Pietrangeli: Direi una importanza fondamentale. Non a caso, la difficoltà più grande che incontrano oggi le famiglie nel corso di una diagnosi prenatale è proprio il linguaggio errato degli operatori sanitari e la mancanza di delicatezza, unita molto spesso, purtroppo, ad una grande superficialità nell’esporre un problema legato al bambino atteso. La carenza di informazioni sulle reali possibilità di cura di un bambino con problemi, a volte per mancanza di conoscenza, altre volte per non “dirottare” i genitori in altri Centri… questo è contrario al primo dovere di un medico, che è prendersi cura del malato.
E come pensate di risolvere questo divario?
Pietrangeli: Certo non incentivando denunce o rappresaglie, come oggi si tende a fare. Negli ultimi anni si è creato un vero strappo nel rapporto tra ginecologi e famiglie, non si sente altro che diagnosi sbagliate, e cose del genere. La Quercia Millenaria si sta delicatamente inserendo come “ponte” tra medici e famiglie. Una sorta di mediazione che, se da una parte, vuole tranquillizzare i genitori con un counselling corretto e una iniezione di fiducia sul come portare avanti una gravidanza particolare, dall’altra fa conoscere agli operatori sanitari il mondo fragile e delicato dei sogni e delle proiezioni di una mamma in attesa, e delle ansie di una famiglia alle prese con un problema. E’ sicuramente un lavoro lungo, che richiederà anni, ma siamo qui per questo!
Quindi c’è un altro libro in programma, dopo “Il figlio terminale”?
Pietrangeli: Sì. Per correttezza debbo spiegare che il grande lancio che stiamo facendo de “Il figlio terminale”, è in corso perché questa riedizione si è arricchita di moltissimi inediti, che altro non sono che le prosecuzioni di quasi tutte le testimonianze contenute nel libro. Per il resto, non ci sono stati altri cambiamenti, a parte il nuovo editore. “Il figlio terminale” infatti, fu pubblicato nel gennaio del 2007 e subito nell’aprile dello stesso anno ci fu una ristampa da parte della Nova Millennium Romae, per un totale di 5000 volumi venduti in soli tre anni e per lo più distribuiti dall’associazione stessa. Il nuovo editore, IF–Press, ha messo in grande risalto quel piccolo volumetto volendo ampliarne la forma e il contenuto, e quello che è venuto fuori è un piccolo gioiello, piccolo solo apparentemente, ma noi sappiamo bene a quante persone ha cambiato la vita!
Il volume di prossima pubblicazione “La terapia dell’accoglienza”, oltre alla sua valenza testimoniale (ci sono altri 14 racconti di genitori all’interno, ndr), ha anche una inestimabile valenza scientifica ed etica. Al suo interno infatti, si alternano relazioni che parlano di counselling e tecniche di diagnosi prenatale, di come viene affrontato il lutto in termini psicologici da parte dei genitori, di come il bambino con handicap vive la sua condizione in seno alla famiglia e dinanzi alla società, di quale peso oggi parole come “handifobia” e “sindrome del feto perfetto” siano lo specchio di questa società edonista in cui viviamo, e soprattutto di come i mass-media tendano a mistificare la realtà di temi come l’aborto, l’eutanasia e l’handicap in generale. E’ insomma un trattato che desidera cambiare la cultura imperante, quella della perfezione a tutti i costi. All’interno del libro c’è anche una riflessione di Carlo Casini, presidente nazionale del Movimento per la Vita Italiano, da sempre silenzioso ma ammirato spettatore della nostra attività.
Cosa si auspica per il futuro della Quercia?
Pietrangeli: Il grande auspicio è quello di poter lasciare un solco su questa terra, un cambiamento di mentalità, soprattutto. Quello che in 30 anni di legge 194 è divenuto un genocidio di massa, un abominio terribile, può e deve essere totalmente ribaltato in un sano, concreto rispetto per la vita nascente. E’ un lavoro duro, ma noi vogliamo esserci.